Suspiria, piovono applausi per il remake a Venezia. Ma Argento lo "sconfessa"
Il film di Luca Guadagnino non terrorizza ma "strega" rappresentando le sfaccettate ambiguità della donna: dal materno all'infernale
Suspiria e le sue "madri infernali" partorite dalle oniriche fantasticherie di Thomas de Quincey approdano al lido di Venezia per la Mostra del Cinema, e vengono accolte con sette minuti di applausi ma anche con qualche fischio. Ed è normale per un film che fa dell'ambiguità la sua cifra stilistica.
Il regista Luca Guadagnino, cimentatosi nel difficile compito di rivisitare il capolavoro horror di Dario Argento, uscito ben 41 anni fa e divenuto un cult internazionale tra i fan del genere, abbandona lo splatter che abbondava nell'originale e si focalizza su atmosfere più rarefatte inserendo nella trama anche l'elemento politico.
Le ballerine che nel film di Dario Argento si muovevano nelle scenografie fuori dal tempo (create dal geniale Giuseppe Bassan e immortalate dalla suggestiva fotografia di Luciano Tovoli) di un'accademia di danza sita a Friburgo, con quegli angoscianti e violentissimi rossi e blu carichi (poi ripresi dallo stesso David Lynch), nel remake di Guadagnino saltellano invece sulle punte negli ambienti tetri di una grigia Berlino Ovest piagata dagli attacchi della cellula terroristica Baader-Meinhof.
Laddove, nell'originale, la direttrice dell'accademia Madame Blanc era interpretata dalla pupilla di Fritz Lang, ovvero la "carnale" star hollywoodiana Joan Bennett, ecco che nella versione odierna rivive nei panni glaciali e teutonici di Tilda Swinton che ricorda tanto Pina Bausch. La protagonista del film di Argento, la meravigliosamente "stralunata" Jessica Harper torna in un ruolo nella versione di Guadagnino ma lascia le vesti della giovane Susie Bannon alla diva in carriera Dakota Johnson.
Come nella pellicola originale, l'accademia di danza nella quale approda l'aspirante ballerina Susie nasconde una congrega di streghe raccolta attorno alla Madre Infernale dei Sospiri, ovvero Mater Suspiriorum, ma se per Dario Argento il tutto era espediente per rappresentare efferati omicidi con la maestria registica e visionaria di cui era maestro all'epoca, Luca Guadagnino sceglie invece di evitare accuratamente la "macelleria" e preferisce giocare sulle varie sfumature del Male e sui legami con l'attualità, strizzando l'occhio anche al movimento #MeToo. Il suo Suspiria diventa dunque una sorta di "romanzo di formazione" non tanto della protagonista quanto della donna in generale, del femminino rappresentatato in tutte le sue sfaccettature, dal diabolico al salvifico, dal distruttivo al materno, dal celestiale all'infernale.
Un film ambizioso che scontenta senz'altro i cultori dell'horror puro ma che finisce per stuzzicare non poco i palati più sopraffini. Una pellicola che non terrorizza, ma che piuttosto inquieta. Che non raggela ma intriga. Che, se ci si lascia trasportare, in un certo senso "strega", per restare sul tema dell'opera.
Opera che tuttavia viene "sconfessata" dal suo ispiratore, ovvero lo stesso Dario Argento, che ha dichiarato non troppo diplomaticamente: "Io ho fatto un film feroce raccontando le cose terribili che avevo dentro. Guadagnino ha fatto un film più delicato, meno horror. Non rispecchia il film originale" chiosa il regista di Profondo Rosso, "ha diritto di raccontare una storia che riflette i suoi pensieri ma che è diversa dalla mia versione dei fatti".
Un raffinatamente sulfureo remake senz'altro da vedere e una pellicola originale da recuperare, anche per rendersi conto che, a distanza di più di 40 anni, non ha perso il suo satanico e brutale fascino e, anche grazie alla nuova versione che lo stravolge completamente, continua diabolicamente a sussurrare.
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