Esteri
Afghanistan, donne nemiche delle donne. Ecco dove porta la follia dei talebani
E, infine, quale piccola quotidiana libertà, di guidare una macchina, di uscire da sole o in compagnia di amici e, anche, di andare a ballare, di mantenersi con i propri mezzi, di viaggiare, di fare sport, giornalismo, arte, spettacolo, politica; di diventare ministre, poliziotte, imprenditrici, commercianti, avvocatesse, amministratrici, economiste, giudici e medici al femminile. Come dire che ci perdonano di essere evoluti, civili, con la libera scelta di poter essere cristiani, ortodossi, buddhisti, induisti, islamici moderati, agnostici, atei, vegani e salutisti. Come dire che perdonano ai nemici - mentre i nemici sono loro! - di essere democratici, difensori, ad oltranza, anche dei diritti dei bambini e delle bambine, sanciti il 20 Novembre 1989, dalla Convenzione Onu firmata da (quasi) tutti i paesi del mondo.
Ad esclusione, non a caso, degli Stati Uniti d’America, pessimi ed irresponsabili gestori di questo ulteriore mondiale disastro, di questa umana catastrofe, di ventennale consistenza (Bush, Obama, Trump e Biden docent!). Peraltro, della “Convenzione di Istanbul” - firmata, non a caso, in Turchia!, laddove Erdogan l’ha, però, revocata! - ma, anzitutto e soprattutto, dei diritti dei bambini e delle bambine, proprio in questi tragici giorni, bisogna, senza alcuna limitazione ed ampiamente, parlare.
Nel senso di metterli “assolutamente” al primo posto. Perché? Perché alla radice della evidente insania (malattia) mentale che alimenta i talebani - così come alimenta, nel mondo e da sempre, ogni terrorismo, orrore, violenza, abuso, guerra, sfruttamento di uomini, donne, bambini e della Natura - c’è l’assoluta negazione dei diritti delle donne e la volontà di totale controllo sul loro “grembo-laboratorio neurobiochimico” che dà vita alle forme della vita di ogni essere umano.
Maschio o femmina che sia! E dove ogni feto alberga, durante la gestazione, prima della nascita di un bambino o di una bambina. E nei nove/otto/sette mesi nei quali ciascun essere umano è immerso nel liquido amniotico, nella fase della “Simbiosi” - così definita dal grande neuropsichiatra infantile, Giovanni Bollea, per indicare la condizione dell’essere “ due in una” - e in considerazione dell’epigenetica, disciplina scientifica certamente sconosciuta ai telebani - e non soltanto! - si sono mai chiesti costoro e tanti altri, quali e quanti messaggi neurobiochimici passano tra madre e il futuro bambino/a?
E, allora, quali possano essere i messaggi neurobiochimici che, ai loro figli e figlie, prima che vengano al mondo, invieranno le donne spaventate, violentate, oppresse, private del piacere d’essere donne sessualmente attive? Donne che - al contrario di quelle che, invece, si amano e che si sentono amate, riconosciute, autonome, istruite, libere - sono, invece, schiave delle loro famiglie, totalmente dipendenti, con il corpo imbustato in un burka o in altri analoghi abbigliamenti, capaci di “ingabbiare” la loro voglia di vivere e di godere, per occultarle agli occhi di maschi predatori? E non comprendono questi talebani - e non soltanto loro! - che tutte quelle donne che hanno la sfortuna di nascere femmine, in luoghi del nostro Pianeta, dove la loro condizione è questa, altra ribellione non possono fare e altra rivalsa non possono prendersi nei confronti di chi le ha ridotte così, se non trasformando i loro figli nel “braccio armato della loro vendetta”.
E, al contempo, distruttivamente manifestare l’invidia, conscia o inconscia, che provano nei confronti delle donne evolute, libere, istruite, autonome, forti, lavoratrici, in grado di fare politica, economia e di governare proprio e, perfino, meglio degli uomini. Quelle donne - e non soltanto in Afganistan! - diventano “donne nemiche delle donne” che, se i loro mariti e figli, già castrati e già resi suicidari, nella mente e nel cuore, muoiono in guerra o si sacrificano, gridando “Allah Akbar”, quali fanatici “martiri-terroristi” e uccidono persone innocenti, solo perché si concedono il lusso di essere “diverse” da loro nel modo di vivere e di pensare, si sentono complici appagate e vittime rigenerate dall’odio inconscio che provano proprio nei confronti degli uomini. Ovvero di quei figli, mariti, fratelli che sono stati generati maschi proprio da loro e dalle donne come loro.
Come dire, metaforicamente: “Se a noi donne è toccata questa infelice sorte, dovuta a voi, al vostro bieco, invidioso, rapace, ipercontrollante maschilismo e alla vostra fottuta “invidia del grembo”. Allora, anche a voi toccherà la sorte che meritate, per averci costrette a mettervi al mondo nella condizione di donne asservite, umiliate, senza diritti, libertà, amore!”.
E, infine, non sarà, poi, il caso di ricordare, seppure, inutilmente, ai talebani - e, non soltanto! - i quali, in questi giorni, con strategica e falsa generosità, promettono di perdonare ai nemici - di prendere in considerazione e di rispettare anche i diritti degli omosessuali e delle lesbiche - che, peraltro, nei secoli, sono già state vittime, tra emarginazioni, prigionia, processi, condanne e roghi, di tante altre - se non tutte! - le secolari forme di religione?
Diritti che, alla luce dei tempi, potrebbero illuminarli e illuminarci sul fatto che, come dimostra la ricerca di Andrea Ganna, condotta nel 2019 presso il Massachusetts General Hospital di Boston, testando 476.000 persone di ambo i sessi, oggi, si può parlare soltanto di “non eterosessualità”. Essendo “l’identità di genere sessuale il risultato di un mix di elementi che spaziano dal DNA alle influenze esterne.
L’Omosessualità deriva, quindi, da un mix di fattori genetici ed ambientali”. Con buona pace dei “maschi alfa”! Quelli, per intenderci, che fanno la guerra, discriminano e perseguitano i fragili, i diversi, gli ebrei; quelli che stuprano le donne, picchiano i bambini e li violentano e non si fanno scrupoli di massacrare altri esseri umani per sentirsi “invincibili”. E, addirittura, dichiarando di compiere questi atti in nome e per conto di un Dio feroce, vendicativo e perverso. che esiste soltanto nella loro mente di “cattivi”. Laddove “cattivi” - come recita la radice latina “captivus-i” di questa parola - vuol dire “prigionieri”.
(Segue...)