Esteri

Anno nuovo, guerre vecchie

L'opinione di Massimo Falcioni

Le mire imperialiste di Putin: prima l’Ucraina poi l’Europa

Anno nuovo, guerre vecchie

Il 2023 si chiude come si era chiuso il 2022 e come, verosimilmente, si aprirà e proseguirà il 2024. Il riferimento non è al meteo ma alla guerra in Ucraina iniziata con l’invasione russa nel febbraio 2022. Superati i 675 giorni di combattimenti con conseguenze a dir poco devastanti su tutta l’Ucraina e con oltre 600 mila soldati russi e ucraini (sopra 350 mila le perdite russe) fra morti e feriti.

Pochi giorni fa Zelensky ha proposto di mobilitare altri 500.000 ucraini nelle Forze Armate ma per questo occorrono ulteriori 500 miliardi di grivnie (13,5 miliardi di dollari) tutt’altro che facili da trovare, tenendo anche conto che sono anche incerti gli aiuti Usa. Poco prima di Natale la Casa Bianca ha lanciato un segnale preoccupante: di fatto sono terminati gli aiuti statunitensi per sostenere l’Ucraina.

La richiesta dell’amministrazione Biden di altri 61 miliardi di dollari a sostegno dell’Ucraina è rimasta impantanata al Congresso, dove i repubblicani affermano che deve essere abbinata a controlli più severi sull’immigrazione lungo il confine tra Stati Uniti e Messico. Allo stato attuale non c’è nessuna possibilità di negoziati fra le parti. “Non vedo una richiesta da parte della Russia. Non la vedo nelle loro azioni. Vedo solo arroganza e omicidio nella loro retorica” continua, non senza ragione, a ripetere Zelensky che ha il problema della riduzione delle risorse economiche e militari.

Siamo nel classico cul de sac, con costi elevatissimi sul piano economico e umano e prospettive che possono mettere in discussione la pace nel mondo. Putin continua a minacciare ribadendo quel che lo scorso marzo aveva detto al presidente cinese Xi Jinping: “La guerra in Ucraina durerà 5 anni”.

L’obiettivo è quello di spaventare e dividere l’Occidente, occupare tutta l’Ucraina come tappa di una espansione della Russia a ovest. Anche a Occidente, per ingenuità politica o per interessi politici, c’è chi spinge, sic et simpliciter, per trattare con Putin. Ma per discutere bisogna essere almeno in due e per Putin questa guerra si può chiudere solo in un modo: con la fine di Zelensky e con l’Ucraina rientrata nella tenaglia russa.

A dire il vero, nel suo ultimo intervento di pochi giorni fa Putin ha usato la parola “trattativa” ma nell’esclusivo interesse della Russia, senza concessioni territoriali al nemico. Putin ha anche fatto una analisi storica di come si è costituita l’Ucraina, con una concessione di territori sia da parte russa, quando è stata creata l’Unione Sovietica, sia da parte di Polonia, Slovacchia e Romania.

Putin si è addirittura proposto come garante dell’Ucraina nel caso gli altri Paesi rivolessero indietro alcuni territori. Non è la prima volta, addirittura, che Putin richiama, in positivo, Stalin. Tutti ricordano l’Holodomor, lo sterminio stalinista del 1932-1933 per fame degli ucraini. Dunque, Putin si gonfia il petto e minaccia convinto che prima le elezioni europee e poi quelle in Usa possano favorirlo.

Ma l’ombra del 47enne dissidente russo Alexei Navalny (condannato a 19 anni di carcere per “estremismo”) individuato in una colonia penale russa ex gulag a 2000 chilometri a nord di Mosca la dice lunga su chi è Putin e qual è il mondo che lui ha in mente di realizzare.

Le parole di Putin pesano come pietre: “La nostra lotta nel Donbass e nella Malorossija (Ucraina) ha un carattere di liberazione nazionale e internazionale”. E c’è ancora chi in Occidente, specificatamente in Italia, non ha capito. O finge di non capire.