Esteri
Attentato di Auckland e minaccia terroristica: "Al-Qaeda e Isis in crescita"
Francesco Marone del centro Ispi delinea il quadro della lotta jihadista: "Dopo l'Afghanistan, il pericolo è in aumento"
“Al Qaeda è destinata a crescere, la minaccia terroristica aumenterà”, spiega Francesco Marone di Ispi
Francesco Marone, Associate Research Fellow del centro Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) fa il punto sulla radicalizzazione e il terrorismo internazionale: '”Al-Qaeda ha l'opportunità di rafforzarsi, la sua potenza è destinata a crescere'' e ''nel medio e lungo periodo la minaccia terroristica internazionale potrebbe aumentare''. Quindi, ''seppur con vincoli posti dai Talebani in cerca di un riconoscimento internazionale'', potrebbe ''riprendere terreno ai danni dei suoi rivali in campo jihadista, l'Isis prima di tutti''.
''Siamo in un momento di transizione nel mondo jihadista''. Dove ''la sconfitta umiliante degli Stati Uniti'' che è anche ''il Paese più potente al mondo e acerrimo nemico'', ha portato a un ''rafforzamento del morale dei jihadisti''. In un'intervista ad Adnkronos Marone spiega che ''l'Isis era riuscito a eclissare al-Qaeda'', che ora ha invece ''l'opportunità di tornare protagonista della sfera jihadista'' anche perché ''i Talebani suoi alleati sono in un momento di brillante ascesa''.
Talebani che ''appaiono ai nostri occhi come la forza per così dire moderata. Meno estremisti ideologicamente rispetto all'Isis. E poi hanno sempre avuto interessi solo per l'Afghanistan''. Questo non significa però che non ci saranno ripercussioni sul terrorismo internazionale. ''Nel medio e lungo periodo la minaccia potrebbe aumentare'', afferma Marone, precisando però che ''al-Qaeda non riuscirà a rimettere in piedi i campo di addestramento militare come in passato perché i Talebani non hanno interesse a esporsi. Però è molto improbabile che i Talebani taglino i rapporti con Al Qaeda, sono rapporti storici, convergenze familiari...''.
La preoccupazione “è che l'Afghanistan possa tornare a essere un territorio dove arrivano i foreign fighters da tutto il mondo e che qui abbiano una libertà di manovra che in Occidente non possono avere''. Certo, spiega Marone, ''l'Afghanistan non è la Siria dove sono arrivati 40mila combattenti. E' un Paese più complesso da raggiungere dall'Occidente e dai Paesi arabi''. Quello che è ''sicuro è che viene meno quella speranza che abbiamo avuto negli ultimi due anni, da quando è caduto il Califfato in Siria e in Iraq, che il jihadismo fosse tornato sotto controllo''. ''Non mi aspetto grandissimi peggioramenti nel terrorismo internazionale nel breve periodo - conclude - ma dal punto di vista simbolico è una grande vittoria. Torna l'idea della sconfitta totale dell'impero grazie al jihad''.
Sull'attentato condotto ad Auckland, in Nuova Zelanda, da un cingalese ''ispirato dall'Isis'', Marone dice: ''Non si può escludere un rafforzamento morale dei jihadisti dal punto di vista simbolico. La notorietà di quanto accaduto in Afghanistan potrebbe aver stimolato anche l'azione in Nuova Zelanda, nonostante le misure restrittive introdotte per il Covid-19''. Vero che l'autore dell'attentato di Auckland era un simpatizzante dell'Isis, ''ma può anche essere possibile un processo di competizione e quindi una escalation. Le due organizzazioni rivali tra loro potrebbero giocare a mostrare il loro presunto potere e notorietà mostrando il loro impegno terroristico''.
Marone spiega inoltre che ''la distinzione e contrapposizione tra al-Qaeda e l'Isis è molto importante e radicata, ma quando si scende sul piano degli attentatori, a volte persone con bassissimo livello culturale e problemi psichiatrici, la distinzione non è proprio molto chiara''. Insomma, ''nel mare magnum della causa del jihadismo internazionale ci sono anche questioni personali'' e potrebbe bastare ''questa sconfitta americana in Afghanistan per creare entusiasmo''.