Esteri

Biden falco pentito: ora parla coi "cattivi" Putin e Xi per recuperare terreno

di Lorenzo Lamperti

Neanche un mese dopo il ritiro da Kabul il presidente Usa chiede a Mosca di usare le basi russe per raid in Afghanistan. E riannoda il legame con Pechino

"Vladimir Putin è un assassino". "La Cina pensa che la democrazia non possa stare al passo con la sua autocrazia. Le dimostrerò che sbaglia". Joe Biden ha iniziato il suo mandato presidenziale in modo molto deciso e retoricamente aggressivo nei confronti di Russia e Cina, i due rivali geopolitici principali di Washington. Ha dimostrato che gli obiettivi di politica estera di Donald Trump, soprattutto quelli riferiti al contenimento di Pechino, non saranno disattesi. Anzi, verranno semmai perseguiti con ancora maggiore insistenza e convinzione, anche con l'aiuto dei partner e degli alleati.

BIDEN CHIEDE LE BASI A PUTIN PER RAID IN AFGHANISTAN

Ora, però, a distanza di oltre otto mesi, la musica sembra iniziare a cambiare e il "falco" Biden vola in modo più simile a una "colomba". Partiamo dalla Russia. Non è passato nemmeno un mese dal ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan. Un ritiro che ha provocato le critiche dei paesi europei e lo spaesamento dei partner asiatici, che temono di ritrovarsi abbandonati in futuro da Washington come accaduto al governo afgano sostenuto dagli stessi Usa. Anche i generali americani hanno ufficialmente preso le distanze da Biden, dichiarando in audizione al Senato Usa che la sua decisione non ha tenuto conto delle opinioni dei militari.

Ebbene, ora Biden cerca di recuperare in qualche modo terreno su una questione che rischia in qualche modo di segnarne il mandato. In che modo? Chiedendo a Putin di poter utilizzare delle basi russe per lanciare dei raid militari in Afghanistan. Proprio così, nemmeno un mese dopo il ritiro Biden cerca di rimettere in qualche modo un piede a Kabul. Ufficialmente per colpire gruppi e azioni terroristiche, concretamente per presentare qualche risultato a un elettorato spazientito e deluso dai balbettamenti di Biden in politica estera. E soprattutto per parare le dichiarazioni del Pentagono secondo le quali Al-Qaeda e altri gruppi terroristici sono ancora attivi nel paese, nonostante le parole all'opposto di Biden di qualche tempo fa pronunciate per giustificare il ritiro.

Il capo di stato maggiore americano Mark Milley e il suo omologo russo, il generale Valery Gerasimov, avrebbero già discusso la possibilità di usare le basi militari russe in Asia centrale per lanciare operazioni antiterrorismo. L'idea di Biden sarebbe dunque quella di utilizzare droni armati per condurre blitz e raid mirati. Strumento già utilizzato, e per certi versi abusato, dall'amministrazione Obama. Operazioni lanciate però appunto dal territorio afgano. Ora si cerca un'alternativa avendo lasciato quel paese, e si pensa proprio alla Russia. Curioso, quantomeno, dopo il modo in cui Biden aveva apostrofato Biden qualche mese fa. "Assassino". Ora però, evidetemente, il presidente russo non è più cattivo se serve il suo aiuto per rimediare a una figuraccia e a un errore strategico.

IL RILASCIO DI LADY HUAWEI SIMBOLO DELLA DISTENSIONE USA-CINA

Segnali di distensione anche sul fronte cinese. Nei giorni scorsi, il rilascio di Meng Wanzhou, la cosiddetta "lady Huawei", è stata un chiaro segnale del tentativo di abbassare le tensioni da parte di Washington. Seppure la Casa Bianca abbia più volte ribadito di non aver mai giocato un ruolo nel procedimento giudiziario inerente la figlia del patron del colosso digitale finito nel mirino di Trump (e rimasto nel mirino con Biden), si è ammesso che l'argomento è stato discusso nella recente e prima telefonata tra Biden e Xi. Difficile pensare che questo non abbia accelerato la soluzione di una crisi che è molto più di una vicenda personale. L'arresto di Meng aveva convinto Pechino che gli Usa non volevano solo un ribilanciamento della bilancia commerciale in ambito trade war, ma che il loro obiettivo era quello di bloccarne l'ascesa. Il suo ritorno a casa lancia un segnale di distensione forte, forse anche oltre le intenzioni di Biden.

Ma altri segnali vanno presi in considerazione per pensare che magari la distensione è davvero un'intenzione della Casa Bianca. nelle scorse ore è stato reso noto che Cina e Stati Uniti hanno avuto colloqui "schietti, approfonditi e aperti" (secondo la descrizione del Pentagono) sulle questioni riguardanti la Difesa. I colloqui seguono di poco più di un mese un altro ciclo di colloqui avvenuto ad agosto, le prime a livello militare tra le due grandi potenze dall'insediamento di Biden alla Casa Bianca, e giungono a pochi giorni dalle mosse degli Stati Uniti nella regione dell'Indo-Pacifico con le piattaforme Quad e Aukus che hanno destato in Pechino sospetti di una nuova Guerra Fredda.

Sospetti che evidentemente la Casa Bianca vuole dissipare o almeno diradare. Nei giorni scorsi il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che non vede la Cina come un avversario, durante un incontro virtuale con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Non solo. L'inviato speciale di Biden per il clima, John Kerry, ha annunciato che tornerà in Cina nelle prossime settimane per riprendere il negoziato sul clima con l'omologo Xie Zhenhua.  Kerry ha elogiato l'annuncio a sorpresa del presidente Xi Jinping la settimana scorsa che la Cina smetterà di finanziare la costruzione delle centrali elettriche alimentate a carbone fuori dei relativi bordi come prova che il governo cinese sta "realmente cercando di essere serio sulla volontà di posizionarsi come player positivo negli sforzi internazionali per evitare la catastrofe climatica". 

LA VISITA SEGRETA DEL GURU DI WALL STREET IN CINA E IL POSSIBILE INCONTRO BIDEN-XI

Ancora più significativa, forse, la visita segreta in Cina di John Thornton, ex presidente di Goldman Sachs e guru di Wall Street. Thornton sarebbe rimasto in Cina per sei settimane, come rivelato dal South China Morning Post e avrebbe incontrato il vice premier Han Zheng. Si tratterebbe di un canale non ufficiale per scambi tra Usa e Cina. Un viaggio che a molti ha ricordato la missione storica di Henry Kissinger negli anni Settanta, che avviò il processo diplomatico che portò al riconoscimento della Repubblica Popolare e all'avvio delle relazioni bilaterali durante la presidenza Carter. 

Nei colloqui di Thornton ci sarebbero stati tentativi di riavviare la cooperazione commerciale e diplomatica. La prima non si è mai realmente interrotta, nonostante le tensioni politiche e strategiche. La relazione economica tra i due colossi resta di vitale importanza. Biden lo sa e cerca da tempo di fissare un appuntamento per un incontro fisico con Xi. La sensazione è che potrebbero arrivare presto novità.