Esteri

Biden e l'ombra degli affari in Ucraina. Che cosa si nasconde dietro la discussa grazia al figlio Hunter

Un'attività privata tutto fuorché priva di conflitti di interessi

di Enrico Verga

Joe Biden & Figli

L’uscente presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha deciso di graziare il figlio Hunter. Storicamente parlando, Biden è uno dei presidenti americani che ha concesso il minor numero di grazie, durante la sua presidenza. Tuttavia, non è per il numero di grazie concesse che Biden resterà nella storia. La persona che è stata graziata è suo figlio Hunter, e la grazia copre un periodo di tempo piuttosto curioso: dal 2014 sino ad oggi. Un periodo in cui il figlio è stato molto occupato, specialmente in Ucraina. Facciamo il punto.

2014: un anno cruciale per la famiglia Biden

Nel febbraio del 2014, un colpo di stato, preceduto da numerosi eventi civili, ha avuto luogo in Ucraina. All’epoca, Joe Biden era vicepresidente sotto Obama. La politica estera di Obama, per quanto spesso gli venga riconosciuto di essere stato un presidente ecologista e pacifista, è connotata da differenti eventi che contraddicono la visione “positiva” che lo storytelling dei media occidentali ha riportato in questi anni.

Giusto per fare l’esempio, da “ecologista”, Obama è stato il maggior promotore dell’estrazione di gas e petrolio con il metodo del fracking, un sistema altamente inquinante. Tuttavia, i media non sembrano averne preso coscienza. Per far comprendere come lo storytelling sia curioso, basta osservare lo stesso tema energetico in chiave “Trump”. Il neo presidente eletto ha annunciato che investirà nel fracking per rendere sempre più indipendente gli Stati Uniti: tutti i media occidentali si sono lanciati nel discutere e criticare questa strategia come inquinante.

La vicepresidenza e la presidenza Biden devono molto allo storytelling che i media occidentali hanno creato nel corso degli anni, dipingendo un'immagine dell’uscente presidente quanto meno distante dai fatti. Per meglio far distinzione tra storytelling e fatti oggettivi, analizziamo gli eventi ucraini che hanno visto coinvolto il padre e/o il figlio Biden.

Dopo soli tre mesi dal colpo di stato che ha deposto il governo filo-russo, permettendo l’insediamento di un governo filo-americano, per la famiglia Biden giunse un’“insperata” opportunità di lavoro. Hunter Biden, e un amico dell’allora segretario di stato John Kerry, vennero assunti nel consiglio di amministrazione della compagnia energetica ucraina Burisma. Una grande opportunità per Hunter Biden, considerando che egli non aveva nessuna competenza o esperienza nell’industria del gas o nel mercato ucraino. Lo stipendio mensile era di 50.000 $, una cifra rilevante sia in rapporto al costo della vita (e gli stipendi) ucraini, sia in virtù della totale incompetenza lavorativa del figlio di Biden.

Tre anni dopo, nel 2017, il Think Tank americano Atlantic Council e Burisma firmarono un accordo per cooperare sui temi della sicurezza energetica. L’Atlantic Council già da tempo aveva rapporti e relazioni con personalità rilevanti della politica ucraina. In precedenza, l’Atlantic Council aveva lanciato “UkraineAlert”: una newsletter che pubblicava notizie quotidiane sull’Ucraina. In uno degli articoli (“Survey: Western public backs stronger support for Ukraine against Russia”), le domande furono commissionate dalla Victor Pinchuk Foundation and Yalta European Strategy. Fondata da Pinchuk, il secondo uomo più ricco dell’Ucraina. Si ricordi che Pinchuk ha donato tra i 250.000 e i 499.000 dollari all’Atlantic Council, dove sedeva nell’International Advisory Board. L’attività di Pinchuk con l’Atlantic Council era iniziata sotto il governo Obama, dove Biden era vicepresidente.

Biden e la giustizia Ucraina

Per quanto importante, nell’ecosistema finanziario ed energetico ucraino, Burisma era una compagnia con qualche problema di legalità, e il procuratore generale ucraino, Viktor Shokin, aprì un’indagine per corruzione contro Burisma. Un’indagine che, se avesse avuto il suo naturale epilogo in un processo, avrebbe danneggiato l’immagine dell’allora vicepresidente Biden, il cui figlio era nel Cda della Burisma.

Il vicepresidente Biden, in accordo con Obama, intervenne: ottenne di far licenziare il procuratore generale Viktor Shokin. Come “arma di persuasione”, utilizzò il ricatto: in quel periodo, l’Ucraina era in predicato di ricevere un prestito di un miliardo di dollari dagli Stati Uniti. L’allora vicepresidente Biden fece comprendere che, in mancanza del licenziamento di Shokin, il prestito non sarebbe mai stato erogato.

Shokin da tempo lamentava la crescente presenza di attività e interessi americani in Ucraina. A suo avviso, dal 2014 (data del colpo di stato a favore di un governo filo-americano), tutte le cariche di governo ucraine erano state decise in accordo con il governo USA. Secondo Shokin, l’Ucraina era poco più che un feudo americano. L’allontanamento di Shokin dall’indagine e dalla sua carica non fecero altro che confermare i suoi timori.

Biden padre, Biden figlio e Devon Archer

Per anni, il vicepresidente Biden ha dichiarato che né lui né il figlio erano in alcun modo coinvolti nell’indagine su Burisma. Come riporta il NYPost (testata censurata da Facebook e Twitter durante le ultime elezioni Biden-Trump), Biden dichiarò che “non ho mai parlato con mio figlio (Hunter) dei suoi affari oltre oceano”. Tuttavia, Devon Archer, il socio in affari di Hunter Biden, con lui in Burisma, ha testimoniato presso un’inchiesta del parlamento americano che l’allora vicepresidente Joe Biden era profondamente coinvolto nel business del figlio. Proprio per questa ragione, nel 2020, durante la campagna elettorale che vedeva scontrarsi Biden e Trump, l’intera comunità dei servizi segreti intervenne in modo plateale in difesa di Biden.

Servizi segreti, censure e manipolazione delle elezioni

Quando venne ritrovato il computer di Hunter Biden, sul quale si trovavano numerose prove dell’attività illegale del figlio di Biden, oltre 50 membri dell’intelligence americana firmarono una lettera aperta, pubblicata sul giornale Politico. Nella lettera scrivevano che la storia del “supposto laptop di proprietà di Hunter Biden” era semplicemente una campagna di disinformazione, creata dal governo russo per screditare Joe Biden durante le elezioni, a favore di Trump.

Twitter (allora ancora in mano al fondatore) e Facebook furono avvicinati dai servizi segreti e “invitati” a censurare qualunque informazione in merito al computer di Hunter Biden. Le stesse testate americane che affrontarono il tema scottante, tra cui il NYPost, videro i loro account sui rispettivi social network bloccati, rallentati nella diffusione di informazioni e censurati nel caso degli articoli più critici per Biden padre.

Nel settembre del 2021, un anno dopo, la stessa testata Politico, confermò che i documenti trovati sul laptop di Hunter Biden erano autentici e la Russia non era in alcun modo coinvolta. Nello stesso periodo, lo stesso Mark Zuckerberg, CEO di Facebook (oggi Meta), confermò di aver ricevuto pressioni per censurare le notizie in merito alla “storia” del laptop di Hunter Biden, in modo da favorire le elezioni (e la successiva vittoria) di Joe Biden.

Per quanto Joe Biden sia un politico Dem che in Italia è stato osannato, come naturale continuazione della politica estera di Obama, c’è da considerare che l’attività privata dei Biden è stata tutt’altro che priva di conflitti di interessi. Con questa amnistia, Joe Biden non solo mette al sicuro il figlio, ma blinda l’ultima decade di attività che hanno visto coinvolto lo stesso vicepresidente degli Stati Uniti divenuto poi presidente. Una sorta di immunità da future indagini che Joe Biden, pur se anziano e non più candidabile, vuole evitarsi.