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Esteri
Israele, la censura oscura il genocidio a Gaza. Nuova guerra in Libano
Benjamin Netanyahu Primo ministro di Israele

Censure bulgare e venti di guerra spazzano il Mediterraneo. Analisi 

Le censure bulgare nel nostro paese hanno portato all’oscuramento delle notizie sul genocidio in corso a Gaza. Si parla di Israele, certo, ma per lo più delle “baruffe chiozzotte” con Biden e gli Stati Uniti, e del suo imminente attacco al Libano, per realizzare il quale ha già iniziato a pianificare il dispiegamento delle truppe che dalla Striscia dovrebbero spostarsi verso il nord. Un attacco a fronte del quale, stando a quel che ha dichiarato ieri Shaul Goldstein, AD dell’Israel Electric Company, “il Paese sarebbe del tutto impreparato”. Goldstein ha infatti spiegato che “la rete elettrica non è strutturata per reggere una guerra con Hezbollāh”, e ha aggiunto che “per come è strutturato il paese, dopo 72 ore senza elettricità Israele diventerebbe inabitabile". La società che gestisce e supervisiona i sistemi elettrici israeliani per conto del governo si è subito affrettata a prendere le distanze dai commenti del suo AD. Lui stesso, in serata, sotto chissà quali indicibili pressioni, si è premurato di smentire sé stesso dichiarandosi pentito e definendo le sue parole “irresponsabili”. Ma, come amava dire Simon Peres, “da 4 uova si fa una frittata ma da una frittata non si torna mai a nessun uovo”. Dunque, quel che ha detto resta, saranno i fatti a dimostrare quanto aveva ragione o torto.

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A riprova dei dubbi nutriti sulla preparazione di Israele alla guerra totale, c’è la preoccupazione espressa anche dagli Stati Uniti riguardo l’effettiva capacità dell’Iron-Dome di reggere alla pioggia torrenziale di razzi e missili che verrebbero lanciati dal Libano qualora Israele entrasse in guerra con il Paese dei Cedri. C’è poi da aggiungere che Hezbollāh è molto organizzato e, come spesso ricordano gli analisti più seri, questa volta è tutt’altro che impreparato a un conflitto col bellicoso vicino di casa. Malgrado in occidente venga spesso liquidato come gruppo terrorista, Hezbollāh è un movimento molto ben strutturato e assai impegnato anche a livello politico; suoi candidati partecipano alle elezioni legislative ed alcuni suoi rappresentanti siedono come ministri nella compagine governativa. L'ala politica è attiva in campo sociale, soprattutto nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria e in quella economica, e ha avuto un ruolo determinante nella ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture del Libano del Sud, a più riprese distrutte da Israele in questi ultimi trent’anni.

Sul fronte interno, a Gaza, nelle ultime 24 ore i carri armati israeliani si sono spinti sempre più in profondità nella parte occidentale di quel che rimane della città di Rafah. Nel mirino ci sono le tende degli sfollati, colpite senza sosta e senza pietà. Anche i bulldozer sono in azione: distruggono strade con speciali uncini che penetrano l’asfalto trasformandolo in zolle di bitume; abbattono abitazioni, devastano frutteti e campi coltivati insterilendoli, senza altro scopo se non quello di annientare qualunque forma di vita e abitabilità. Arwa Damon, ex corrispondente internazionale della CNN, fondatrice e presidente della ONG INARA, che ha fondato nel 2015, ha detto che ciò che separa Gaza da qualunque altra zona di guerra nel mondo, oggi come in passato, è l’assoluto e “totale annientamento psicologico”. Ieri ad Al Jazeera ha dichiarato che “I traumi, i fattori scatenanti sono implacabili. Non c’è via di fuga, nessuna tregua, nessuno spazio per respirare… nessun concetto di spazio sicuro”. Da Deir el-Balah, dove si trova in queste settimane, ha raccontato una storia che riassume molto bene il dramma di decine di migliaia di feriti. “C’è un ragazzino con una ferita da scheggia all'addome. Se non sarà in grado di lasciare Gaza per cure mediche, avrà una disabilità permanente o forse morirà”.

La guerra a Gaza è sì uscita dai radar dell'informazione, ma non da quelli dell’intelligenza artificiale al servizio dell’esercito israeliano il quale, con il suo ausilio, prosegue indisturbato l’oscena e abietta mattanza. I numeri della strage quotidiana di palestinesi si aggira intorno a una media di 30/40 persone. Più della metà sono ragazzini, bambini, infanti, neonati. L'altra metà sono per lo più donne, mamme, giovani ragazze, spesso incinte. E tutto questo accade con una brutalità che non arriva qui in Occidente, e tanto meno sulle televisioni e sulla stampa ebraica, ancora più censurata della nostra. Le informazioni che passano sono fuorvianti; un minestrone di menzogne confuse che dipingono una realtà distorta, lontana dai fatti e dalla verità. E non facciamoci illusioni circa l’opinione pubblica israeliana: a parte una esigua minoranza, la maggior parte anche se deplora Netanyahu è favorevole alla sua “guerra santa” e alla visione messianica e razzista del suo governo. Il “popolo eletto” che vive in Israele, nelle lande rubate ai nativi palestinesi con la stessa ferocia con la quale i coloni americani strapparono la terra agli indiani, si sente superiore rispetto a tutti gli altri. Che ci piaccia o no le cose stanno così. E non è difficile capirlo, soprattutto adesso, alla luce di questi ultimi nove mesi di orrore senza limiti, permesso, concesso, giustificato e tollerato dai “democraticissimi e bianchissimi” alleati occidentali. Stando alle stime ufficiali rilasciate dal Ministero della Sanità di Gaza, oggi sono più di 37.500 i civili palestinesi rimasti uccisi e oltre 85.600 i feriti. Decine di migliaia sono tuttavia i dispersi, inclusi quelli che non è possibile riconoscere, al punto che alcune ong stimano che i morti siano circa duecentomila.

Né bisogna dimenticare la Cisgiordania dove, a causa dell’attenzione concentrata su Gaza, dove gli ebrei ultraortodossi organizzano feroci scorribande e partite di caccia all’uomo in pieno stile “far west”. Qui da nove mesi, senza più freni, perseguitano, derubano, attaccano, sparano e uccidono a sangue freddo i palestinesi, con il plauso dei loro protettori seduti sugli scranni di uno stato canaglia il cui vero volto ormai è sotto la luce del sole anche se i servili alleati e altrettanto servili canali d'informazione hanno recepito, senza fiatare, l'ordine di servizio di non parlare più di quello che sta accadendo nella Striscia e nei Territori Occupati. Questa mattina Borrell, sul suo profilo X, ha condiviso col mondo la sua “profonda preoccupazione che il pieno accesso umanitario sia ancora negato, che gli ostaggi non siano ancora liberati, che i combattimenti siano ancora in corso, nonostante gli ordini vincolanti della Corte internazionale di giustizia, e che il piano Biden non sia ancora attuato".

Ebbene, visto che è ormai chiaro non vi sia nulla in grado di fermarli, certo non i “deeply concerned” pronunciati da questo o quel leader occidentale, e nemmeno i riconoscimenti dello Stato Palestinese da parte degli Stati stranieri, ai quali oggi si aggiunge anche quello dell’Armenia; visto che ormai è chiaro anche l’obiettivo, l'annientamento e la cancellazione del popolo palestinese, più che dolersi, come fa Borrell e tanti altri, giunti a questo punto bisogna pretendere azioni concrete, chiare ed efficaci. Esigere l’immediata sospensione di ogni rifornimento bellico; l’imposizione di una pioggia di sanzioni economiche e finanziarie, fra le poche cose che possano avere un solido appeal presso Israele; e chiesta la messa in stato d’accusa di tutti quelli coinvolti nello sterminio palestinese, dalla prima carica dello Stato all'ultimo dei soldati, passando anche per i complici, di ogni ordine e grado, a cominciare dalle alte cariche degli Stati Uniti e dell’Europa. E a proposito di esercito: quello israeliano è a tal punto "il più morale del mondo" che l’8 giugno scorso è stato inserito nella lista nera dell'ONU, in compagnia di quello russo, dell’Isis, al-Qaeda, Boko Haram, Afghanistan, Iraq, Myanmar, Somalia, Yemen e Siria, solo per citarne alcuni. Un dis-onorevole primato conquistato grazie alla quantità enciclopedica di crimini di guerra e atti di barbarie collezionati in 9 mesi di ininterrotta carneficina a Gaza.

Cupissimi venti di guerra, ai più di noi sconosciuti, si addensano anche sui cieli dell'Europa. Purtroppo, come spesso accade nella Storia, anche da questa parte del Mediterraneo siamo governati da un plotone di inetti criminali corrotti, per sommo di sventura tutti egualmente idioti e affamati solo di potere e denaro. E se il massacro in corso dei palestinesi è il nuovo ago che misura la moralità del mondo, gli osceni e abbietti crimini commessi da Israele rappresentano la nuova gogna, la più clamorosa sconfitta dell'umanità nell’Età Contemporanea. E i nostri governanti, qui in Occidente, dimenticandosi che sono a nostro servizio e non il contrario; dimenticando che siamo noi a pagare i loro giocattoli, le loro cene, compresi i loro inutili summit organizzati in “non luoghi” costruiti su misura per “gente senza identità”, ci stanno preparando il peggiore dei futuri possibili. Un futuro che noi stessi gli abbiamo permesso di disegnare e che è lo specchio del nostro fallimento, come cittadini e come esseri umani. Dovesse mai avere ragione il presidente serbo Vucic, la Terza Guerra Mondiale è alle porte, “dovrebbe arrivare entro tre, quattro mesi”. Così fosse, sarà una bella, calda, ultima estate. “Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza”.






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