Esteri
Elezioni Tokyo, lavoro in Vietnam, anti terrorismo Duterte: pillole asiatiche
Yuriko Koike favorita per la conferma alla guida della capitale giapponese. Gli effetti della pandemia sull'occupazione vietnamita. Nuova legge nelle Filippine
ELEZIONI TOKYO - Domenica 5 luglio si vota per il governo metropolitano di Tokyo. Saranno eletti governatore e consiglio di un'amministrazione locale che ha guida un'area popolata da 14 milioni di persone. Non bazzecole, insomma. Strafavorita Yuriko Koike, la governatrice uscente che secondo i sondaggi non dovrebbe avere particolari difficoltà a conquistare la riconferma. Nel 2007, Koike è stata ministro della Difesa nel primo governo Abe, ma si dimise dopo meno di due mesi. Dopo aver fallito la scalata interna al partito liberal democratico, lo stesso del primo ministro, nel 2016 è riuscita (prima donna a farlo) a vincere la corsa al ruolo di governatrice della capitale del Giappone, nonostante il partito di maggioranza si fosse esposto per Hiroya Masuda. Nei suoi quattro anni alla guida di Tokyo, Koike si è costruita una figura sempre più indipendente e ha costruito la sua campagna elettorale, in fase pandemica, in opposizione allo stesso Abe. Da anni si parla di lei come una possibile premier. Nel frattempo, dovrà battere la concorrenza al voto locale. In lizza ci sono altri 21 candidati, tra cui l'ex presidente dell'albo nazionale degli avvocati giapponesi Kenji Utsunomiya, l'ex attore anti sistema Taro Yamamoto, l'ex vice governatore della prefettura di Kumamoto Taisuke Ono. Il prossimo governatore sarà chiamato a gestire l'auspicato avvicinamento alle Olimpiadi, che dovevano tenersi questa estate ma sono state rinviate al prossimo anno. E con Abe sul viale del tramonto, quella di Tokyo sarà una poltrona ancora più in vista.
LAVORO IN VIETNAM - Da anni il Vietnam ha intrapreso la strada dello sviluppo economico. La trade war tra Stati Uniti e Cina ha tra l'altro indirettamente e parziamente favorito il paese del sud est asiatico, divenuto meta preferita delle imprese che hanno iniziato a delocalizzare le proprie linee di produzione dal territorio del Dragone. Il successo nella gestione e nella prevenzione della pandemia da coronavirus ha consentito ad Hanoi di incassare un buon successo di immagine e assumere ancora più coraggio nella sua linea diplomatica, negli ultimi tempi particolarmente assertiva. La presidenza di turno all'Asean ha consentito al Vietnam di raggiungere una dichiarazione comune dei paesi che fanno parte dell'associazione sullo spinoso tema del Mar Cinese Meridionale. Non è tutto perfetto, però. Vu Trong Binh, capo del dipartimento dell'impiego del ministero del lavoro e degli affari sociali, ha diffuso alcuni dati preoccupanti sul lato occupazionale: 7,8 milioni di cittadini hanno perso il lavoro e 17,6 milioni di dipendenti hanno subito un taglio allo stipendio da inizio 2020. Non solo. Le richieste di assunzione sono scese del 28% mentre oltre 29 mila aziende hanno interrotto le attività. La partecipazione alla forza lavoro nelle aree urbane è la peggiore degli ultimi dieci anni.
FILIPPINE, NUOVA LEGGE ANTI TERRORISMO - Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha firmato la nuova legge sull'anti terrorismo dopo l'approvazione in Senato dello scorso febbraio. Lo stesso Duterte aveva definito "urgente" l'approvazione e l'entrata in vigore di una legge che dà maggiori poteri alle forze di sicurezza. Non una novità, in un paese che da tempo sta vivendo quella che in molti osservatori definiscono una "svolta autoritaria". La nuova legge ha scatenato proteste sia nelle strade che sulle bacheche online. I critici sottolineano come la definizione di terrorismo contenuta nella nuova misura sia "vaga", lasciando ampia discrezionalità alle forze di sicurezza, che saranno in grado di arrestare i sospessi senza necessità di attendere il mandato dalla procura. Non solo. I sospetti potranno essere mantenuti in stato di fermo senza bisogno di subire alcuna incriminazione ufficiale. Il timore di chi protesta è che possa essere colpita la libertà di parola. Duterte, celebre per la sua guerra al narcotraffico, si giusitifica con la minaccia dell'islamismo e delle mai sopite turbolenze della regione del Mindanao. Sulla legge si erano esposti in maniera critica anche uomini d'affari. Non è escluso che si possa arrivare a una sfida giudiziaria presso la corte suprema.