Esteri

Interpol, chi dopo l'arrestato Meng? Il favorito è accusato di tortura

Al-Raisi (Emirati Arabi Uniti) è da tempo nel mirino di organizzazioni umanitarie ma può diventare il nuovo presidente dell'organizzazione internazionale

Interpol, chi dopo il cinese Meng Honwei arrestato e condannato per corruzione

Il suo predecessore è sparito dal proprio letto e non ha dato tracce di sé per diverso tempo, prima che si scoprisse che era stato arrestato per corruzione. Ma il prossimo presidente potrebbe avere un profilo ancora meno gradito a molti, a partire dai paesi occidentali. Stiamo parlando dell'Interpol, l'organizzazione internazionale della polizia criminale. Il precedente di Meng Honwei sembrava essere il punto più basso per questa associazione transnazionale dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto del crimine internazionale. E invece nell'incontro annuale in corso a Istanbul potrebbe essere scelto Ahmed Naser Al-Raisi, un generale degli Emirati Arabi Uniti con accuse di tortura. Non si tratta di una nomina di poco conto, se si considera che l'Interpol rappresenta la polizia di 194 paesi e svolge un ruolo importante nelle operazioni internazionali, con risvolti da non trascurare anche su estradizioni e collaborazioni tra governi.

Chi è Ahmed Naser Al-Raisi, il possibile nuovo presidente dell'Interpol

Il nome di Al-Raisi è finito spesso finito nel mirino di organizzazioni umanitarie e organizzazioni internazionali per l'accusa di torture e maltrattamenti a prigionieri politici e dissidenti, tra cui Ahmed Mansoor, ma anche dell'accademico britannico Marc Hedges, accusato di spionaggio nel 2018 e condannato all'ergastolo. Hedges è stato graziato su pressione di Londra, Mansoor è ancora in carcere. La candidatura di Al-Raisi ha scatenato un polverone di protesta in tutta Europa, soprattutto in Francia e Germania dove i parlamentari hanno scritto ai rispettivi governi chiedendo di intervenire. Le organizzazioni per i diritti umani hanno messo in guardia contro l'"inevitabile perdita di credibilità".

Al-Raisi non è l'unico candidato ma sembrerebbe essere il favorito. Con lui c'è il cinese Hu Binchen. Anche sul suo conto si allungano presunte ombre di torture e mancato rispetto dei diritti umani. La nomina di un altro cinese sarebbe poi un fattore inedito, visto che il precedente presidente era proprio cinese, vale a dire quel Meng Honwei che nel 2017 è stato arrestato mentre era tornato in Cina per visitare dei parenti. Per poi essere condannato a 13 anni con accuse di corruzione.  Al suo posto l'incarico è stato assunto dal coreano Kim Yong Yan, che ha portato a termine il mandato, esteso di un anno causa Covid, e ora Pechino rivendica la presidenza non conclusa da Meng.

L'Europa punta su Sarka Havrankova

L'Unione europea punta invece su Sarka Havrankova, attuale vice presidente, capo della polizia della Repubblica Ceca e una carriera iniziata sulle tracce del celebre pedofilo belga Marc Dutroux. La scelta dirà molto degli equilibri interni a un'organizzazione spesso accusata di essere diventata una spalla di dittature e paesi non democratici per perseguitare dissidenti e colpire avversari politici. Secondo un rapporto dell'organizzazione Freedom House la Russia richiede il 40% totale dei nomi inseriti nelle 'liste rosse' Interpol ogni anno. Un provvedimento che permette arresti di persone ovunque nel mondo, uno dei mezzi più efficaci per tracciare i movimenti dei dissidenti. Un provvedimento per emettere il quale i rappresentanti di tutti i paesi votano, a prescindere dal fatto che si tratti di sistemi democratici o meno.

Il peso di Emirati e Cina nelle organizzazioni internazionali

Anche per questo paesi come Emirati e Cina sono interessati a una poltrona che può facilitare la caccia e la cattura non solo di criminali ma anche soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale. Secondo qualcuno in gioco nel voto c'è la credibilità della stessa Interpol, colpita da altri scandali anche in passato. Per esempio nel 2008, quando Jackie Selebi, capo sudafricano dell'organizzazione, fu costretto alle dimissioni per aver preso una tangente di 170 mila dollari da un trafficante di droga. Al processo fu poi condannato a 15 anni di carcere.

Il mondo osserva ed è pronto a recepire segnali sull'influenza di Pechino e Abu Dhabi sulle organizzazioni internazionali