Esteri

La retorica, ormai inefficace, della “Pace e Sicurezza” per il mondo. La verità contemporanea è la guerra tra sete di potere e fanatismo religioso. Editoriale

Mentre Papa Francesco ripete accoratamente il diritto di ogni nazione di vivere in “pace e sicurezza”, il mondo continua, nella realtà feroce, ad andare in tutt’altra direzione

Di Menotti Lerro

La retorica, ormai inefficace, della “Pace e Sicurezza” per il mondo. La verità contemporanea è la guerra tra sete di potere e fanatismo religioso

Mentre Papa Francesco ripete accoratamente il diritto di ogni nazione di vivere in “pace e sicurezza”, il mondo continua, nella realtà feroce, ad andare in tutt’altra direzione, rinnegando anche quegli stessi principi (di sicurezza e pace, appunto) espressi dal 28° presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, nella “Società delle Nazioni” in seguito all’orrore della Prima Guerra Mondiale. Tuttavia, si registrano, ad oggi, più di 50 conflitti armati sul nostro pianeta e vari di essi presentano un bollettino di guerra allarmante considerando il mero numero delle vittime registrate. Le piazze e le strade sono, dunque, “nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse” (per citare Quasimodo).

Alcune ostilità rispolverano la retorica delle ideologie, come il pericolo comunista o nazi-fascista, per semplificare il concetto; altre si basano su divergenze religiose o di possesso territoriale. L’impressione è che tutte le ragioni siano sempre e solo delle “scuse” accampate da coloro che hanno poteri decisionali per giustificare la follia degli istinti diseducati, bramosi di conquiste o di eliminare coloro che, in qualche modo, creano loro disagio, fosse anche per pura antipatia o sentimenti di invidia verso chi sta facendo meglio (penso all’Ucraina prima di essere invasa dalla Russia) il proprio percorso di civilizzazione… Ovviamente ci sono anche persone pronte a lottare, a qualsiasi costo, per difendere degli ideali, ma non è la regola, anche perché a decidere le guerre non sono mai veramente coloro che poi rischieranno, nella realtà delle cose, la propria incolumità fisica. Ritornando alle parole del Pontefice, ricordo che le stesse fanno eco ad un versetto biblico (Tessalonicesi 5:3–4) in cui si afferma: “Quando diranno ‘Pace e Sicurezza’, allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno”.

Presagi apocalittico-ammonitivi tipici della Chiesa che lasciano, almeno per i credenti, riflettere e che, chiaramente, non tranquillizzano in termini di aspettative future per quanto riguarda questo sistema di cose in cui “tutto può succedere” come scriveva il Premio Nobel per la Letteratura, Seamus Heaney, riferendosi all’attacco alle Torri Gemelle. Il sistema, di fatti, in questa mai veramente superata “età dell’ansia”, al di là delle convinzioni della religione cristiana, sembra essere sull’orlo di un’implosione terrificante. Gli equilibri tra gli uomini, di cui ci siamo particolarmente illusi noi europei dopo la Seconda Guerra Mondiale, sembrano vacillare ineluttabilmente e difficili da mantenere. Ci sono divergenze di vedute troppo profonde per essere appianate nel breve periodo e la scienza sembra concentrata a sostituire gli uomini con ologrammi e robot in cui magari impiantare l’essenza di un vero cervello umano per poterlo rendere immortale (si veda il programma “2045 initiative” da cui parte anche il mio romanzo distopico “2084” pubblicato nel 2014).

Ricordiamo, ad esempio, che l’ideologia di base della religione dei musulmani parte essenzialmente da una necessità di convincere, con le buone o, in alternativa, con le cattive, “gli infedeli” a convertirsi all’Islam. La loro visione del mondo non prevede compromessi finali con coloro che la pensano diversamente. Nel loro mondo ideale, da guadagnarsi e difendere, nel breve, nel medio o nel lungo periodo, tutti (chiamasi Califfato Universale) dovranno accettare l’unico Dio del Corano: Allah, che poi è sostanzialmente lo stesso Dio dei cattolici: Jahvè, il quale – in seguito a convinzioni sull’impronunciabilità del nome per un essere onnipotente, così maestoso da renderne indegna finanche la pronuncia da parte degli umani, e dunque l’omissione dello stesso sostantivo di riferimento nella trascrizione dei testi biblici a partire dalla traduzione greca dell’Antico Testamento – ha finito per non avere, per i credenti, nessun nome proprio ed essere, nella contemporaneità, semplicemente identificato attraverso il generico appellativo di “Dio”. Tornando ai propositi musulmani, non aspettiamoci, pertanto, rese per quanto riguarda il desiderio di convertirci tutti e guardiamo a quanto successo negli anni passati, penso agli attacchi terroristici e anche agli omicidi famigliari registrati ultimamente (ma da sempre) – allorquando un membro della stessa famiglia di matrice islamica abbia pensato di “disobbedire”, magari provando a sposare un cattolico – come al simbolo più chiaro di quanto siano essi disposti a fare pur di mantenere le proprie convinzioni e tradizioni sostanzialmente reazionarie (segnalo a questo proposito un libro molto ben scritto che lessi in anni non sospetti e che già mi aveva fatto capire in che direzione stavamo andando. L’autore è il docente accademico Franco Cardini e il titolo è “Noi e l’Islam. Un incontro possibile?” (Laterza: 1994).

Quest’ultimo esempio, riguardante l’esasperazione religiosa (che, nonostante tutto, non mi sento di giudicare poiché credo fermamente che nessuna cultura è superiore ad un’altra), è portato per dire che difficile sarà per il mondo trovare quella serenità tra i popoli a cui abbiamo fatto riferimento partendo dalle parole bibliche del capo della Chiesa.

Dunque, mi sia consentito dire che anziché giocare follemente e incessantemente sui social network (un giorno le generazioni future ci ridicolizzeranno per questo…), devastando quei valori primari, ereditati dai nostri padri, attraverso l’idealizzazione dell’estetica, della provocazione e dell’insipienza, distanziandoci sempre più dal mondo “reale”, forse sarebbe ora il caso di irrobustire gli argini socio-culturali perché, prima o poi, ricordiamocelo, il fiume dell’odio – e di quella da loro considerata come “vendetta” verso delle culture percepite opprimenti e saccheggiatrici – sarà in piena, fino a straripare; e allora guai a chi non sarà stato in grado di prepararsi un solido rifugio, magari, per dirla con i versi di Enrico Testa “là sotto, nel profondo buio” dove “un pezzetto di radice […] rigermoglia tra pietra creta limo e carestia”.