Esteri
Le volgarità di Trump non mi sconvolgono. Chi non sa ridere è un imbecille
L'analisi di Gianni Pardo sul risultato delle elezioni Usa
A parere di tutti, i motivi per i quali tanti americani hanno votato per Trump sono – per definirli con un aggettivo che piaceva a Hillary Clinton – deplorevoli. Poiché però anch’io avrei votato per lui, posso offrire il punto di vista del reprobo. Naturalmente non è detto che gli altri abbiano votato in questo modo per gli stessi motivi, ma anche l’opinione di un singolo disinteressato può essere utile.
La mia idea di partenza è che non siamo tutti uguali. C’è chi è bravo negli affari e chi fallirebbe anche gestendo una bancarella al mercato ortofrutticolo; c’è chi è capace di superare brillantemente tutti i concorsi, e chi a stento completa un corso di studi; c’è chi si ammazza di lavoro e chi fa l’assoluto minimo per sostentarsi. Ebbene, l’uguaglianza fra tutti costoro sarebbe un’ingiustizia elevata a regola sociale. È semplicemente giusto che il commerciante volgare ma geniale guadagni più del professore del liceo classico. Lui non sarebbe capace di insegnare cose tanto nobili, ma neanche il professore sarebbe capace di arricchirsi, col commercio. E comunque, chi sceglie di insegnare filosofia ha anche scelto in partenza di non essere ricco. Come può trovare ingiusto che quel cafone sia più benestante di lui? Socrate l’avrebbe mai fatto? Qui piazzo la mia prima autogiustificazione: personalmente nella vita non ho realizzato niente di serio, né come denaro né come carriera, sicché il mio rispetto nei confronti di chi ha avuto successo non è determinato dal fatto di appartenere alla loro classe.
Per buon peso (e per fare un dispetto ai professori) aggiungo che nulla è più stupido della condanna dell’ambizione. Senza ambizione non si va da nessuna parte. Ambizione e successo vanno insieme come vanno insieme ignavia e insuccesso.
Passiamo alla mentalità di sinistra. La pietà per i più sfortunati è una grande qualità ed un preciso dovere ma proprio per questo, trattandosi di qualcosa di morale, dovrebbe essere un dovere soltanto morale, non una giustificazione per tassarci a morte. Invece oggi si considera giusto (e Trump a ragione lo ritiene sbagliato) dare una gran parte della ricchezza che alcuni hanno prodotto ai molti che non l’hanno prodotta. I molti possono anche essere dei fannulloni, come me. Ecco perché non ho mai capito il concetto di “ridistribuzione della ricchezza”. A parte il fatto che quel “ri” è assurdo: non essendoci mai stata una prima distribuzione, che senso ha togliere il suo a chi ha per darlo a chi non ha? Questo spostamento di beni non ha nessuna giustificazione, se non quella del voto che sperano di ottenere quei politici che quella beneficenza ordinano. Fra l’altro attualmente le tasse sui produttori di ricchezza sono tanto alte che ne è grandemente frenata l’economia, con danno anche dei poveri.
Ecco perché, da americano, sarei contro la famosa Obamacare. Quando i cittadini dicono che hanno dovuto versare molto più di prima, per pagare le cure dei meno abbienti, io li capisco. Gli americani medi osservano che quelli che prima non si assicuravano, lo facevano spesso per spensieratezza o per incoscienza, non sempre per povertà.
A tutto questo si può aggiungere l’insofferenza per la political correctness. Se chiamo negro un nero non è vero che è crollato il mondo. Fra l’altro si tratta di sinonimi. Se racconto una barzelletta sugli omosessuali, chiamandoli froci, non muore nessuno. Si raccontano barzellette sui meridionali, sui vecchi, sui brutti, sui pigri ecc., ed io, che appartengo a tutte queste categorie, rido insieme con gli altri. I carabinieri hanno raccolto le barzellette su di loro ed hanno dimostrato più buon senso e più buon gusto dei tanti coloured o delle tante donne che si straccerebbero le vesti per le barzellette razziste o misogine. Chi non sa ridere è un imbecille. Ecco perché non mi sconvolgono le volgarità di Donald Trump, e lo dico io che non proferisco mai parolacce. E infatti ho trovato di una imbecillità oceanica la riprovazione nazionale per la barzelletta del “bunga bunga” di Berlusconi, che gli si è fatta pagare così cara, e che pure non era tanto male. Chissà che barzellette racconta Trump. Sicuramente non sono tutte riferibili. Proprio come quelle che racconto io.
Gli esempi sono infiniti, e certo questo voto americano dimostra che c’è un’enorme nostalgia della franchezza, del buon senso, della mancanza di retorica. Vorremmo tanto essere sicuri che chi fa del bene lo fa a spese proprie. Vorremmo che chi predica la morale non sia poi immorale lui stesso, ed anzi, per sicurezza, vorremmo che nessuno la predicasse. Mentre tutti si stracciano le vesti dicendo: “Mai farei una cosa del genere!”, io mi chiedo come mi sarei comportato al loro posto, tanto che alla fine ho fatto l’ipotesi che io sia un farabutto ottativo, come quelli che di mestiere fanno gli impiegati dell’anagrafe ma in cuor loro si sentono dei poeti.
Forse avrei votato Trump perché sono un farabutto ottativo. Vorrei chiudere la porta agli immigrati inassimilabili. Vorrei che le condizioni del lavoro fossero contrattate liberamente. Vorrei che gli uomini avessero la possibilità di competere, in modo da far prevalere, e star meglio, i migliori. Anche sapendo che non ne farei parte.
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