Esteri

Russiagate, Google avvia indagine interna per fare chiarezza

Usa, Twitter sospende 200 account sospettati per Russiagate

Trump: tutti gli uomini silurati dal presidente

Il ministro della Sanita', Tom Price, e' solo l'ultima 'vittima' dell'amministrazione di Donald Trump, che in 9 mesi e' passata da un rimpasto all'altro. Price e' stato costretto a dimettersi per aver utilizzato in modo estensivo, spendendo oltre un milione di dollari di soldi pubblici, jet privati e voli militari. L'ultimo addio forzato erano stato, lo scorso 25 agosto, quello di Sebastian Gorka, vice assistente del presidente vicino all'ex capo stratega ultraconservatore Steve Bannon, che era stato costretto a lasciare una settimana prima, il 18 agosto

Il record di breve durata alla Casa Bianca con Trump, fino a questo momento, spetta ad Anthony Scaramucci, assunto come capo della comunicazione il 21 luglio e licenziato esattamente 10 giorni dopo. Il capo di gabinetto Reince Priebus e' stato invece tra i silurati che hanno resistito di piu'. E' stato assoldato il 13 novembre del 2016, all'indomani della vittoria elettorale di Trump. Ufficialmente e' entrato in carica il giorno dell'inaugurazione, lo scorso 20 gennaio, ed e' stato licenziato il 28 luglio. Una settimana prima, il 21 luglio, aveva annunciato il suo addio, decisamente non voluto, il portavoce Sean Spicer.

L'ex direttore della comunicazione, Mike Dubke, poi sostituito da Scaramucci, era stato assunto il 6 marzo del 2017 e il 18 maggio era gia' fuori. Il licenziamento piu' clamoroso, e decisamente piu' a sorpresa anche per il diretto interessato, e' stato quello del capo dell'Fbi James Comey, lo scorso 9 maggio. Un'eredita' di Barack Obama che stava indagando sul Russiagate, ovvero sulle interferenze russe nel processo elettorale Usa e al quale sembra che Trump abbia chiesto, senza successo, di chiudere un occhio. Comey era alla guida del bureau dal 21 giugno del 2013. A meno di un mese dal suo insediamento alla Casa Bianca, lo scorso 13 febbraio, e' stato il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, a dimettersi, per il suoi colloqui illeciti, inizialmente negati, con funzionari di Mosca sulle sanzioni contro la Russia, a partire dall'ambasciatore del Cremlino a Washington, Serghei Kislyak. Tra gli altri silurati, Sally Yates, altra eredita' di Obama che aveva assunto le redini ad interim del dipartimento di Giustizia in attesa della nomina del nuovo ministro. Si era permessa di contestare il "Muslim Ban", il bando agli ingressi in Usa da Paesi in prevalenza musulmani varato, nella prima versione poi bloccata dai giudici, il 27 gennaio. La Yates aveva ordinato al suo dipartimento di non applicarlo e il 30 gennaio e' stata cacciata. Tra le altre partenze, Walter Schub, responsabile dell'Ufficio per l'Etica e Katie Walsh, vice capo di Gabinetto vicina a Priebus.

Russiagate, Google avvia indagine interna per fare chiarezza

Google ha avviato un'indagine interna per verificare se entita' legate alla Russia hanno usato i suoi spazi pubblicitari o i suoi servizi per cercare di manipolare gli elettori durante la campagna del 2016. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, sottolineando che Google e' anche in contatto con le commissioni del Congresso che indagano sul Russiagate.

RUSSIA: TWITTER BLOCCA 200 ACCOUNT LEGATI A 'RUSSIAGATE'

Twitter ha annunciato di aver bloccato 201 account legati ad entità russe perchè ritenuti coinvolti nella diffusione di informazioni false durante le elezioni presidenziali americane. Lo ha reso noto lo stesso social media sul suo blog ufficiale, dopo un briefing con le commissioni intelligence della Camera e del Senato che stanno indagando sul RUSSIAGATE. Il gigante dei social ha inoltre scoperto che l'emittente Russia Today, "che ha forti legami con il Cremlino" avrebbe speso 274.000 dollari nel 2016 in spese di promozione che miravano in modo certo o probabile al mercato americano. All'inizio di questo mese, Facebook aveva riferito di aver venduto circa 100.000 dollari in annunci politici acquistati dalla Russia finalizzati a influenzare la politica degli Stati Uniti.