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Esteri
La guerra Cina-Usa si gioca in Europa

E’ di pochi giorni fa l’annuncio di un accordo fra USA e Cina. Dopo la guerra dei dazi promossa da Trump contro la “concorrenza sleale“ dei cinesi e al grido di “America first” il tycoon evidentemente è dovuto scendere a qualche compromessi con quello che ormai da tutti viene considerato come la vera locomotiva mondiale. “Due secoli or sono, Napoleone lanciò un monito: «Lasciate dormire la Cina, perché al suo risveglio il mondo tremerà». Oggi la Cina si è risvegliata e il mondo inizia a tremare.”

C'è un interessantissimo libro del professore Graham Allison, docente ad Harvard, ”Destinati alla guerra” in cui l'esimio professore e politigolo americano porta avanti una tesi suggestiva e inquietante allo stesso tempo. Secondo Allison, infatti, l'incredibile crescita della Cina potrebbe portare anche ad una guerra.

Per giustificare questa tesi, cita la “trappola di Tucidide”; secondo questa teoria, quando una potenza emergente minaccia di scalzarne un’altra al potere, ecco che scatterebbe l allarme. La Cina e gli Stati Uniti stanno procedendo in rotta di collisione verso la guerra. Forse la teoria del celebre politologo americano, che si rifà alla guerra fra Sparta ed Atene nell'antica Grecia, in cui una potenza affermata come Sparta - ai giorni d'oggi gli USA - si è sentita minacciata da un altra in crescita esponenziale come Atene - nel nostro caso la Cina - può forse apparire paradossale o troppo enfatica, considerando come la minaccia atomica abbia fino ad ora agito come deterrente verso qualsiasi tipo di conflitto. Ma certo è che l amministrazione americana si sente assai minacciata dalla potenza della Cina, che in venti anni ha realizzato quanto gli USA hanno fatto in oltre cento anni di storia.

Qualche piccolo dato può aiutare a contestualizzare il tutto. Dopo la seconda guerra mondiale, il pil degli Stati Uniti era il 50% di quello globale; oggi, raggiunge a malapena il 16%. La Cina, il cui pil nel 1980 era il 2% di quello totale, nel 2017 rappresenta il 19% e nel 2040 sarà il 33% di quello globale. ”Nel 2015, il punto di crescita più basso, la Cina ha creato una Grecia ogni 16 settimane e un Israele ogni 25”. E questo, considerando come la produttività dei cinesi sia ancora un quarto rispetto a quella dei laboratori statunitensi. Se riusciranno a colmare questo gap, e v'e da credere che lo faranno, fra una ventina di anni l'economia del dragone potrebbe essere doppia rispetto a quella degli Stati Uniti.

Tutto questo non può certo essere tollerato con sufficienza dal grande ego che da sempre contraddistingue gli USA, ancora di più adesso sotto la presidenza di Trump. D’altra parte Xi sta dimostrando che quello che vuole è proprio aumentare la potenza e l'importanza del suo paese nello scacchiere mondiale. La crisi nordcoreana ha proprio dimostrato questo.

Ecco allora che in questo contesto proprio la tanto vituperata Europa potrebbe giocoforza giocare un ruolo importante come ago della bilancia fra i due litiganti. Non è un caso che Trump stia cercando di dividere la stessa Europa, puntando proprio sul nostro paese, cosa che peraltro nel suo piccolo sta cercando di fare per altri motivi anche la Russia di Putin.

Pechino, invece, conta di spostare il baricentro dei suoi mercati, sia di approvvigionamento che di sbocco: i Paesi produttori di generi alimentari o di prodotti energetici, come Argentina ed Australia, vengono ampiamente favoriti rispetto agli Usa; i Paesi manifatturieri in cerca di sbocco per le proprie merci, come quelli europei, riempiono lo spazio lasciato vuoto in Cina dall’aumento dei dazi sull’import dagli Usa. È proprio questo vuole evitare Trump e proprio su questo sta giocando la sua guerra personale contro Germania e Francia.

Un Europa più debole, infatti, favorisce l‘egemonia statunitense ed impedisce alla Cina di avere un altro sbocco importante per le sue merci. Ecco perché il nostro paese rischia di avere un peso così importante nei nuovi equilibri mondiali. Forse questo è proprio il vero obiettivo di uno stratega e politico di razza come Salvini, che vede nel trionfo delle destre un pò in tutto il mondo, un viatico per un cambio di passo anche in Europa, e la possibilità di giocarsi le sua carte, magari come presidente della commissione, non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale. Non è un caso che anche all'interno della stessa maggioranza Di Maio (che è stato in Cina due volte in pochi mesi ) cerchi di differenziarsi col suo principale alleato anche in questo, cercando una sponda in Pechino.

Insomma, per una volta, forse il nostro paese può davvero giocare un ruolo di primo piano nelle relazioni internazionali. E tutto questo proprio grazie al nuovo atteggiamento del governo giallo verde. Piaccia o no.

vcaccioppoli@gmail.com

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