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Ucraina, investitori globali e giganti della finanza dettano le regole per la ricostruzione. Ecco chi ci guadagna

La finanza globale pregusta di mettere le mani sull’Ucraina? L'analisi dettagliata

di Chiara Morelli

Gli interessi economici dietro la ricostruzione dell’Ucraina: investitori globali e giganti della finanza dettano le regole

La finanza globale pregusta di mettere le mani sull’Ucraina? Nel giugno del 2023 si è tenuta a Londra la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, devastata dalla guerra in corso da quasi tre anni. Una conferenza che non solo ha delineato un piano per il futuro, ma che ha creato anche le condizioni per un massiccio intervento dei grandi capitali internazionali. Difatti, come evidenziato da Giuseppe Gagliano su InsideOver, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha richiesto 50 miliardi di euro a sostegno di Kiev, portando il totale complessivo da parte dell'Unione Europea a 100 miliardi. Tuttavia, la cifra necessaria per la ricostruzione si aggira in realtà tra i 400 e i 500 miliardi, di cui un terzo sarà erogato in forma di donazioni, e la parte restante, in prestiti. Per questo motivo, la ricostruzione dell’Ucraina, ha delineato anche una nuova prospettiva: quella di trasformare il Paese in una “piattaforma” per i grandi investitori globali.

A causa dell’enorme debito, dovuto ai prestiti, l’Ucraina, potrebbe infatti finire in mano al cartello dei finanziatori internazionali, riuniti nell’Ukraine Business Compact. Non è infatti un caso che la Conferenza per la ricostruzione si sia tenuta proprio a Londra, cuore della finanza mondiale assieme agli Stati Uniti, dove fondi d’investimento come Vanguard, BlackRock e State Street, sono diventati i principali sostenitori del piano di ricostruzione, attraverso gli “Ukraine bond”, che – quando sarà il momento - saranno veicolati attraverso le principali banche.

Il conflitto però non è ancora terminato - almeno per ora - e un altro settore che sta “beneficiando” della situazione, è quello delle aziende di armamenti: colossi come Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon, Boeing e Leonardo negli ultimi anni hanno visto aumentare il valore delle loro azioni, con i principali azionisti che coincidono ancora una volta con i grandi fondi d'investimento. Vanguard, BlackRock e State Street possiedono infatti significative quote di queste aziende, dove, sfruttando la loro posizione, ottengono enormi guadagni attraverso la speculazione sui conflitti in corso, tra cui proprio la guerra in Ucraina.

Infine, c’è anche il settore strategico del rame, una risorsa sempre più fondamentale per la transizione energetica, un altro ambito su cui i grandi fondi stanno puntando. Anche in questo caso, Vanguard, BlackRock e State Street detengono partecipazioni in colossi come Bhp Group, Freeport-McMoRan e Rio Tinto. Per cui, se riusciranno a monopolizzare (anche) questo mercato, potrebbero determinare un’impennata dei prezzi, con effetti inflazionistici sull’economia globale. In conclusione, dietro a quello che viene pubblicamente presentato come semplice “piano di ricostruzione” di un Paese, l’Ucraina, devastata dalla guerra, si nasconde in realtà un “gioco” di interessi finanziari che riguardo un numero ristretto di attori, che però, potrebbero riscrivere le regole in un’ottica globale, con effetti macroscopici.

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