Esteri

Ucraina, non solo l'armata di Putin che avanza. Ora Zelensky deve vedersela anche con la crisi energetica

di Andrea Muratore

La ridotta capacità di generazione energetica è stata più che dimezzata dagli attacchi missilistici russi

Ucraina, ora Zelensky deve vedersela anche con la crisi energetica

L’inverno sta arrivando, e sarà il più duro dall’inizio della guerra per l’Ucraina costretta a affrontare la marea montante dell’avanzata russa, gli attacchi alle infrastrutture energetiche e l’incertezza sul futuro dell’appoggio occidentale.

Sarebbe riduttivo circoscrivere alla vittoria elettorale di Donald Trump, in particolare, quest’ultimo punto. Volodymyr Zelensky, che il giorno dopo l’incoronazione presidenziale di The Donald è a Budapest al vertice della Comunità Politica Europea per incontrare i leader del Vecchio Continente e spingere il suo “Piano per la Vittoria”, da tempo chiede via libera agli attacchi a lungo raggio sul suolo russo, spedizioni più consistenti di armi e sostegno economico. I governi occidentali, a partire dagli Stati Uniti e dal Regno Unito da tempo in prima linea per sostenere il Paese aggredito, nicchiano però sulla concessione di maggiori margini di manovra a Zelensky. E questo a prescindere da Trump.

La sensazione è che l’inverno 2024-2025 segnerà una volta per tutte la materializzazione, boots on the ground, di un principio: dopo che il 2023 aveva mostrato che non c’era spazio per la vittoria militare totale di una parte o dell’altra, questa fase porterà presto a prendere atto del fatto che non sarà Kiev a prevalere militarmente, anche in forma parziale. Tutti gli indicatori puntano contro Zelensky: la demografia negativa, le perdite crescenti, il logoramento delle migliori unitàm creano un contesto negativo su cui si innesta la graduale, inesorabile avanzata di Mosca.

Attualmente, le forze russe continuano a intensificare le offensive in diverse aree strategiche del Donbass, con una duplice finalità: assicurarsi il controllo totale degli oblast di Donetsk e Lugansk e stabilire una pressione diretta su punti strategici come Kharkiv. A questo scopo, le truppe di Mosca hanno lanciato attacchi mirati anche partendo dall’oblast russo di Belgorod, con l’obiettivo di spostare la linea del fronte verso l’Ucraina e ridurre il rischio di incursioni sul proprio territorio, come accaduto nello scorso agosto nella regione di Kursk, dove le forze ucraine hanno guadagnato terreno.

La sacca sta venendo, a tal proposito, gradualmente tagliata dalla fanteria russa che non sembra aver fretta di scacciare le truppe di Kiev dall’area occupata in patria, confidando piuttosto che prima o poi sia la pressione del fronte del Sud-Est a richiamare le forze ucraine verso il teatro primario. Nel Donbass, intanto, Mosca compie graduali avanzate. Nel settore di Donetsk, le manovre russe si concentrano sull'area di Pokrovsk, un punto chiave per la difesa ucraina. La caduta di questa città potrebbe costringere l'Ucraina a ripiegare su posizioni difensive meno vantaggiose, estendendo così il vantaggio russo fino ai centri nevralgici di Kramatorsk e Sloviansk.

Come ha ricordato l’analista militare Amedeo Maddaluno, “il cuore pulsante che la Russia mira a controllare, e caduto il quale potrebbe dichiarare vinta la battaglia del Donbass, è il triangolo Pokrovsk-Kramatorsk-Sloviansk. Le ultime due sono città importanti ed è ancora tutto da capire se Mosca riuscirà a conquistare i suoi obiettivi nella regione. Ma sicuramente registriamo in questa fase un vantaggio sul campo rilevabile”.

La speranza dell’Ucraina di evitare la caduta del Donbass sta proprio in un pronto arrivo della neve e del gelo invernali, con diverse nevicate già registrate sulla linea del fronte che imporranno una pausa. Agli strateghi di Kiev si porrà, nei rigidi mesi freddi, il tema della costituzione di una seconda linea alle spalle del fronte, tema spesso trascurato in passato al contrario di quanto fatto dai russi quando sono stati sottoposti all’inerzia di Kiev.

Nel frattempo, l’Ucraina vive un problema altrettanto grave sul fronte interno per la ridotta capacità di generazione energetica, più che dimezzata dagli attacchi missilistici russi contro le infrastrutture di produzione, dalle centrali elettriche alle reti di distribuzione, che rendono oggi la domanda superiore di 6 GW mensili alla quota di energia prodotta, 18 contro 12. La capacità di generazione di Kiev è un terzo del pre-conflitto, e di fronte al combinato disposto tra l’aggressività di Mosca e il gelo l’inverno 2024-2025 rischia di fiaccare notevolmente le prospettive di difesa del Paese aggredito.

Il 20 gennaio, quando Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca, lo “stato dell’arte” dell’Ucraina potrebbe essere notevolmente sconfortante. Zelensky ha parlato con il tycoon, dichiarandosi favorevole alla sua visione di “pace attraverso la forza”. Ma da qui ad allora sarà l’amministrazione americana uscente a dover capire se continuare o meno l’appoggio a Kiev. E il vento non sembra destinato a portare un escalation di aiuti…