Esteri
Ucraina, tra guerra e diplomazia. Biden apre ai missili Usa in Russia, Scholz sente Putin
La guerra, che domani raggiungerà il traguardo dei mille giorni di durata, si avvia nel suo terzo inverno con l’ombra delle mosse che potrà compiere
Ucraina, tra guerra e diplomazia
Joe Biden dopo una lunga riflessione ha deciso: l’Ucraina potrà usare i missili Usa Atacms, principale munizionamento delle artiglierie a lungo raggio fornite da Washington a Kiev, sul suolo russo. Ma lo potrà fare, essenzialmente, per uno scopo difensivo: rispondere agli attacchi delle truppe di Mosca e degli alleati nordcoreani contro il saliente di Kursk conquistato con un’incursione oltreconfine ad agosto e da allora gradualmente eroso dalle forze armate di Vladimir Putin.
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Alla vigilia del G20 di Rio de Janeiro, dopo mesi di richieste da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e dei leader di Regno Unito e Francia, Keir Starmer e Emmanuel Macron, il presidente uscente degli Usa ha aperto all’uso degli armamenti a lungo raggio. Una mossa che può aprire al via libera di Londra e Parigi a Kiev per colpire in territorio russo con i missili Scalp/Storm Shadow lanciabili per via aerea. Ad oggi la dottrina d’impiego trasmessa da Washington a Kiev è chiara: un impiego limitato per contrastare l’offensiva nemica a Kursk e provare a controbilanciare una superiorità militare sul campo che Mosca ha gradualmente costruito negli ultimi mesi.
Nel calcolo di Biden c’entra sicuramente il pensiero che il suo successore, Donald Trump, possa interrompere la fornitura d’armi a Kiev, ma la priorità di sbloccare gli attacchi a lungo raggio è emersa mano a mano che per le truppe di Zelensky e il Paese invaso la situazione si faceva più critica. Mosca sta alimentando con le sue basi nelle retrovie la logistica e i rifornimenti alle truppe che assediano la sacca di Kursk, stimabili in 50mila unità, e la parallela avanzata nel Donbass. Inoltre, lo schieramento dei nordcoreani appare come una minaccia ulteriore per l’Ucraina, che nel frattempo sta subendo un’escalation di attacchi con missili e droni contro le sue infrastrutture energetiche.
Puntellare l’Ucraina in attesa dell’inverno (e di Trump)
Trump o non Trump, si poneva la necessità di puntellare la resistenza ucraina prima che il procedere dell’inverno imponga un rallentamento dei combattimenti sul campo. "Anche se limitati alla regione di Kursk, i missili Atacms mettono a rischio sistemi russi di alto valore, aree di assemblaggio, logistica, comando e controllo", ha affermato parlando con il Financial Times Michael Kofman, ricercatore senior presso il Carnegie Endowment for International Peace, un think tank statunitense. L’obiettivo strategico è qui duplice: alzare il costo per Pyongyang per il suo sostegno a Mosca e, soprattutto, favorire un prolungamento della resistenza ucraina a Kursk che consenta a Kiev di mantenere il controllo di un’area decisiva ai fini di possibili negoziati sulla fine del conflitto.
Funzionari dell’amministrazione uscente citati dal New York Times hanno confermato questa chiave di lettura, sottolineando di “non aspettarsi che questo cambiamento modifichi radicalmente il corso della guerra”, ma anche che resistere a Kursk consentirà a Kiev “di poter scambiare il territorio russo occupato con parte di quello ucraino conquistato dalla Russia in eventuali negoziati futuri”. Negoziati di cui non si discute più solo nelle segrete stanze del potere ma iniziano a essere un’ipotesi tutt’altro che remota, perlomeno nelle prospettive occidentali. La recente telefonata tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e Putin, la prima da oltre due anni e mezzo, testimonia una volontà chiara di sondare il terreno. E anche Macron, parlando nella giornata di domenica, ha affondato contro Putin dicendo che al momento il leader russo “non vuole la pace con Kiev e non è pronto a negoziarla” ma non escludendo di confrontarsi in futuro con lui quando “il contesto sarà più adatto”.
Mille giorni di guerra
L’idea che la guerra ucraina debba finire con una soluzione negoziata è chiara a tutti i leader che sostengono Kiev. Ma questo non semplifica la questione, dato che un negoziato può emergere solo a partire da una situazione di definito equilibrio sul campo. Mosca da mesi dimostra di volersi rafforzare gradualmente con avanzate lente ma inesorabili, Kiev a corto di uomini, munizionamento e morale spera nel sostegno occidentale per non essere sormontata.
La guerra, che domani raggiungerà il traguardo dei mille giorni di durata, si avvia nel suo terzo inverno con l’ombra delle mosse che potrà compiere, dopo il suo insediamento, Donald Trump in una fase in cui i maggiori dubbi sono quelli dell’Ucraina e dei suoi alleati che rincorrono gli eventi e sperano di poter, con le armi fornite, stabilizzare il fronte. Ormai la prospettiva di battere definitivamente la Russia sul campo appare sempre più remota e, nonostante i nuovi via libera, l’idea che prima o poi con Putin bisognerà negoziare è assimilata da molti decisori. L’arrivo di Trump darà a questo processo solo il definitivo completamento.