Esteri
"UNRWA complice di Hamas". E Israele dichiara fuori legge l'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, diritti umani calpestati
Non potendo eliminare l’UNRWA con l’accusa di terrorismo, Israele la dichiara fuori legge per decreto ma le ingiustizie e gli abusi non possono essere per sempre
"UNRWA complice di Hamas". E Israele dichiara fuori legge l'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite
Negli ultimi mesi, Israele ha lanciato molte accuse contro l’UNRWA, sostenendo che l'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite era complice dell'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che ha causato la morte di 1.139 cittadini israeliani e il rapimento di 251. Questa accusa ha portato al blocco quasi totale dei finanziamenti da parte di molti stati europei e degli Stati Uniti.
Col trascorrere del tempo è stato sempre più evidente quanto le accuse fossero arbitrarie quando non infondate: su decine di migliaia di impiegati che lavoravano a Gaza, solo 19 sono stati sospesi e tutt’ora risultano sotto indagine. Così, i finanziamenti sono ripresi, la macchina degli aiuti, con fatica e in mezzo a mille limitazioni, si è rimessa in moto,
A quel punto, il governo di Netanyahu ha alzato il tiro, trovando una via senza uscita per annientare l’agenzia: dichiararla legalmente fuorilegge.
Dopo mesi di preparativi, il Parlamento israeliano ha approvato, con il 90% dei voti favorevoli, due proposte di legge che vietano all'UNRWA di operare in Israele. Queste leggi mettono al bando l'agenzia a Gaza, nei Territori Occupati e a Gerusalemme Est, nonostante l'assenza di un organismo alternativo in grado di sostituirla. L'UNRWA fornisce aiuti umanitari vitali ai rifugiati palestinesi, come istruzione, assistenza sanitaria e distribuzione di carburante; la sua messa al bando avrà conseguenze devastanti sulla già critica situazione umanitaria di Gaza.
Il primo progetto di legge stabilisce che l'UNRWA non può "gestire alcuna istituzione, fornire alcun servizio o condurre alcuna attività, direttamente o indirettamente" in Israele. Il secondo annulla l'accordo tra Tel Aviv e l'UNRWA, firmato dopo la guerra del 1967, revocando immunità e diritti speciali al personale dell'agenzia. Queste misure entreranno in vigore entro tre mesi.
In una dichiarazione congiunta, i Ministri degli Esteri di Canada, Australia, Francia, Germania, Giappone, Repubblica di Corea e Regno Unito hanno espresso profonda preoccupazione per questa legislazione, ricordando che l'UNRWA ha la missione di "soccorso e occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente". Hanno esortato il governo israeliano a "rispettare i suoi obblighi internazionali" e a garantire un'assistenza umanitaria completa e senza ostacoli.
Contemporaneamente, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha invocato "un cessate il fuoco immediato" in risposta agli alti livelli di morte e distruzione a Gaza, dove civili sono intrappolati sotto le macerie e privi di cure mediche salvavita. Guterres ha sottolineato che i ripetuti tentativi di consegna di rifornimenti umanitari continuano a essere negati dalle autorità israeliane, mettendo in pericolo innumerevoli vite.
Guterres ha avvertito che le operazioni militari israeliane nel nord di Gaza rendono insostenibili le condizioni di vita per la popolazione palestinese e ha ribadito l'importanza di rispettare il diritto umanitario internazionale.
Tuttavia, le sue parole sembrano vane di fronte a questo nuovo atto di forza da parte di Israele. È necessario che la comunità internazionale non si limiti a protestare, ma intraprenda azioni concrete per garantire il rispetto dei diritti umani. L'attuale andamento della situazione suggerisce che Israele stia perseguendo una "soluzione finale", un progetto in atto da decenni.
Il supporto della stampa mainstream, che continua a edulcorare e ignorare la realtà del conflitto, contribuisce a questo scenario, la quale tace anche sulla strage senza fine di cronisti. Secondo i conteggi di Al Jazeera e di Reporters Sans Frontières, sono 180 i giornalisti e operatori televisivi assassinati dall'esercito israeliano a Gaza, un dato che include i tre reporter uccisi lo scorso 27 ottobre.
Le parole hanno un peso. Costruiscono immagini. Plasmano opinioni. Quando giornalisti e commentatori si riferiscono all'evento del 7 ottobre come a una "mattanza", commettono un errore semantico. È più appropriato parlare di "tragico", "mortale" e "efferato" attacco di Hamas. La parola "mattanza" dovrebbe, invece, essere riservata per descrivere la sistematica violenza israeliana usata contro il popolo palestinese. Dall'inizio della controffensiva contro Gaza, Israele ha massacrato oltre 43.000 palestinesi, di cui 17.500 erano bambini. Sono oltre 101.500 i feriti, molti dei quali moriranno a causa della totale distruzione di ospedali e strutture sanitarie.
Mentre la Knesset approvava leggi per facilitare l’eliminazione dei palestinesi, a Gaza si consumavano nuovi massacri. Secondo il Ministero della Salute di Gaza le forze israeliane ritiratesi dall'ospedale assediato di Kamal Adwan lo hanno devastato e ridotto in macerie. Era l’ultimo in tutta Gaza nord. "L'odore di morte circonda tutto l'ospedale", aveva detto domenica ad Al Jazeera Marwan al-Hams, direttore degli ospedali da campo del Ministero della Salute di Gaza.
All’emittente qatarina aveva inoltre dichiarato che durante l'irruzione le forze israeliane avevano “distrutto tutte le forniture mediche per impedire ai medici di salvare i feriti”. E sempre ieri, secondo quanto riferito da Al Jazeera, hanno arrestato tutti i medici lasciandone solo uno. Questi attacchi ai servizi sanitari costituiscono crimini di guerra, mirati a colpire direttamente una popolazione già vulnerabile. Prima del 7 ottobre, 350.000 persone a Gaza soffrivano di malattie croniche, mentre il sistema sanitario è collassato, e sono sempre più gravi le condizioni di vita per la popolazione.
Sotto il peso degli oltre 88 tonnellate di esplosivo sganciate su Gaza, anche i diritti internazionali e umanitari conquistati negli ultimi ottant'anni sono ridotti in polvere. La situazione attuale, caratterizzata da oppressione e violenza, non può durare a lungo. La Storia ci insegna che le ingiustizie non possono resistere indefinitamente. Un esempio emblematico è il Sudafrica, dove un regime di segregazione razziale e di brutale apartheid è stato abbattuto grazie alla pressione internazionale e il crescente movimento di resistenza. E questo nonostante il forte supporto offerto al regime sudafricano da diverse potenze occidentali.
Un simile cambiamento è inevitabile anche per Israele, che oggi scava la fossa della propria sconfitta. La sua corsa verso l’abisso della propria coscienza è alimentata da una convinzione errata di onnipotenza. Tuttavia, la Storia ci ricorda che i tiranni non fondano dinastie; generano solo i sicari che un giorno li annienteranno.
Per seguire i miei aggiornamenti e leggere tutti gli articoli iscriviti al mio canale Telegram: https://t.me/boost/mafodyssey