Esteri
Zelensky, Biden, Putin imparino dal sindaco di Zara e dai dalmati
Terre rare. La Cina e la geopolitica dei minerali strategici
Un vecchio addormentato fino a quando non ha sentito odor di sangue e ora disposto a far saltare il pianeta pur d'imporre il predominio di una parte, tra due gruppi che parlano la stessa lingua e con storie intrecciate tra loro in modo inestricabile. Putin se la potrebbe cavare, sostenendo d'aver voluto anche lui, come la NATO, portare la pace in quelle terre martoriate, col metodo NATO: facendo la guerra!
In questo intreccio di torti, sopraffazioni, bombe, prima sugli ucraini filo russi, ora sugli ucraini filo yankee, con morti da entrambe le parti che chissà per quanti anni rincareranno l'odio verso chi ha ucciso un loro caro, ebbene, tutti dovrebbero studiare l'esempio di superamento di queste risse di origine nazionalistiche e meditare sulla storia tragica dei dalmati italiani e dalmati croati.
La famiglia del Dr Armando Sala, radiologo, nato a Zara il 23/8/40, da famiglia culturalmente e orgogliosamente italiana, subito dopo l'assegnazione della loro città alla Crozia, attraversò il mare, lasciando la grande villa di proprietà, subito occupata dai croati. Approdò a Pesaro, di fronte a Zara.
Ho trascorso così tanti anni ad ascoltare i racconti dei familiari e del ragazzetto "profughi istriano-dalmati" da finire col sentirmi sempre più un po' zaratino anch'io. Mi sono restate indelebilmente impressi gli accorati ricordi dei luoghi perduti, le lamentele dell'adolescente Armando, per il comportamento del governo italiano nei loro confronti (altro che "diritto e assegno di cittadinanza": ghettizzati, per le lamentele ed etichettati, per le lamentele come fascisti, dopo aver ripetuto "avete rotto il c...o!").
Sentir ripetere la storia delle foibe, la tecnica dell'infoibare file di prigionieri legati l'un l'altro, da catene con le mani dietro la schiena, sull'orlo della buca; ascoltare la descrizione della fucilazione solo di alcuni della catena (per risparmiare munizioni), con l'immediata caduta dei colpiti che, precipitando, trascinavano nella foiba i non colpiti, destinati a una morte peggior di quella dei colpiti. Vivere in una cittadina, Pesaro, da sempre comunista, dove davano del bugiardo rompicoglioni e fascista a chi viveva nell'angoscia di quella esperienza, mi ha portato a difendere sempre il profugo deriso e maltrattato, Armando Sala.
Attraverso la sua famiglia, il loro continuo tornare a rivedere la casa dove abitavano, ha spinto anche me a visitare quelle zone e a seguire l'evoluzione della situazione, che ora porto come esempio di civiltà e maturità della gente sia rimasta che espatriata in seguito alla guerra.
Ci sono tante analogie tra la situazione ucraina e la tragedia vissuta dai dalmati italiani e dalmati croati.
Senza andare troppo a ritroso nel tempo, durante il fascismo e soprattutto quando ai fascisti subetrarono i più duri tedeschi, i dalmati croati subirono persecuzioni e atti di violenza indicibili. Dopo il crollo anche dei tedeschi, s'invertirono le parti e soprattutto i partigiani croati si vendicarono adeguatamente. Le foibe ne sono l'emblema: terrificante eccidio e per giunta negato, durato per altri due anni dopo la fine dellaguerra, ingiuriando chi raccontava quanto aveva visto o sentito raccontare da persone affidabili.
Emilio Sereni, che ricopriva la determinante carica di ministro per l'Assistenza postbellica affermò, ufficialmente, che le notizie sulle foibe erano "propaganda reazionaria".
Com'è finita e cosa dovrebbero imparare Zelensky, Biden e Putin, oltre che i guerrafondai di casa nostra?
Come è stato possibile che la tragedia delle foibe sia stata confinata nel regno dell'oblio per quasi sessant'anni?
Enzo Bettiza, nato a Spalato nel 1927 con la sua serietà professionale e con suoi scritti, definendo Zara, "la Dresda dell'Adriatico", ha contribuito insieme a tantissimi scrittori meno noti, a dare credibilità alla storia raccontata verbalmnete dai testimoni.
I morti con tecnica "foiba" secondo le fonti, variano da 3.000 a 15.000. Diffile essere più precisi, perché le vendette contro dalmati e istriani italiani, continuarono ben oltre la fine della guerra e la soluzione foibe era ideale per rapidità di sepoltura e difficoltà di recupero e riconoscimento cadaveri. Di certo si sa che furono cacciati dalle loro case 350.000 dei perdenti. Dopo 60 anni, nel 2004, quando il Parlamento approvò la "legge Menia" (dal nome del deputato triestino Roberto Menia, che l'aveva proposta) sulla istituzione del "Giorno del Ricordo".
La risposta sul tentato "oblio", va ricercata in una sorta di tacita complicità, durata decenni, tra le forze politiche centriste e cattoliche da una parte, e quelle di estrema sinistra dall'altra. Fu soltanto dopo il 1989 (con il crollo del muro di Berlino e l'autoestinzione del comunismo sovietico) che nell'impenetrabile diga del silenzio incominciò ad aprirsi qualche crepa.
Il 3 novembre 1991 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga si recò alla foiba di Basovizza e, in ginocchio, chiese perdono per un silenzio durato cinquant'anni.
Ora in tutta l'Istria e la Dalmazia convivono tranquillamente dalmati italiani e dalmati croati.
Concludo riportando parte del discorso del nuovo sindaco di Zara, nato a Zara, Toni Concina, ex sindaco di Orvieto e ottimo pianista, tenuto il 14 gennaio scorso, all'inaugurazione del sito dalmatitaliani.org, dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio (fondata nel 1963).
“Sono emozionato, commosso e grato a tutti. Il sito è una forza e ci fa lavorare insieme. Dalmazia, Istria, Fiume, Pola, Spalato e la mia Zara dovranno conservare nei secoli il profumo delle loro pietre romane, veneziane e italiane, non per una malriposta sete di riconquista, improponibile, ma per allargare le menti delle genti di confine verso una convivenza sempre più profonda ed europea. Noi ci stiamo mettendo il cuore e il coraggio. È importante ritornare anche nelle scuole. Questo è per noi un piccolo passo, ma di un rilievo importantissimo. Abbiamo seminato bene”.
Toni Concina, un colto moderno, responsabile e proiettato verso un futuro migliore.
I belligeranti che ripercorrono strade vecchie senza accorgersi che ormai sono impercorribili, imparino dai dalmati italiani e dalmati croati
"Vogliamo solo una vita normale", credo sia l'aspirazione di tutti i giovani del mondo.