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POS obbligatorio 2023: cosa cambia per i commercianti Una delle grandi temati
Una delle grandi tematiche che il Governo Meloni ha dovuto affrontare nei suoi primi mesi di attività è stata quella relativa all'utilizzo del POS. Se in un primo momento sembrava infatti certa la modifica delle regole e delle leggi inerenti all'obbligatorietà dei pagamenti elettronici, il progetto iniziale è naufragato a causa dello stop imposto dall'Europa alle variazioni ipotizzate.
Se ti stai chiedendo quindi se il POS sia ancora obbligatorio nel 2023, la risposta è 'sì'. Le regole per il pagamento con POS rimangono invariate nel 2023 e non ci sono nuovi obblighi o sanzioni. Esercenti e professionisti sono tenuti a rispettare le misure antievasione, come l'accettazione di pagamenti con carte (di debito, prepagate o di credito) per acquisti superiori a 60 euro. Nonostante questo, il governo sta comunque studiando delle alternative, come ad esempio il ritorno al credito d'imposta per le transazioni commerciali, ed è al lavoro per cercare di mitigare i costi delle commissioni delle elaborazioni dei pagamenti per le transazioni più piccole, per venire incontro alle esigenze dei commercianti.
La prima grande battaglia dell'esecutivo guidato da Fratelli d'Italia è dunque stata fermata dall'intervento di Bruxelles. Inizialmente nella Manovra era stato introdotta una modifica che avrebbe portato la soglia limite per il rifiuto dei pagamenti elettronici a 60 euro, senza rischi di sanzioni per i commercianti. Una soluzione che aveva diviso l'opinione pubblica, e che è stata prontamente fermata dall'intervento dell'Unione Europea. È stata invece confermata la nuova soglia per l'utilizzo dei contanti, adesso fissata a 5mila euro.
Restano dunque valide tutte le regole che ci hanno accompagnato negli ultimi anni inerenti a pagamenti elettronici all'interno degli esercizi commerciali. Scopriamo insieme tutto quello che c'è da sapere, dalla lista dei negozi e dei professionisti tenuti a dover mettere a disposizione il POS, alle possibili sanzioni previste dalle leggi.
Indice degli argomenti:
Cos'è il POS: la definizione e le tipologie
Prima di entrare nel merito della questione, vale la pena approfondire più in generale cosa sia il POS. Acronimo che sta per Point of Sale (in inglese “punto di vendita”), fa riferimento ai sistemi e ai metodi utilizzati per il check-out dei clienti. Questi sistemi consentono ai rivenditori di elaborare le transazioni in modo rapido ed efficiente, semplificando l'intero processo di pagamento. Nella sua forma più elementare, un sistema POS è una combinazione di hardware fisico come scanner, registratori di cassa e altri terminali (come tablet o dispositivi mobili), integrati con il sistema software dei computer. Tale software viene utilizzato per registrare i dati dei clienti (ad esempio le informazioni sui pagamenti) e le informazioni sui prodotti (come gli sconti sulla quantità o altri tipi di offerte). Inoltre, un sistema POS può anche includere funzionalità di monitoraggio dell'inventario o essere focalizzato su attività di marketing come carte fedeltà o coupon.
Di fatto, l'utilizzatore del POS, il creditore, è un'organizzazione economica-professionale che può essere pubblica o privata e che si rivolge al consumatore. Detto in altri termini, può essere un commerciante, un coltivatore, un allevatore o anche un professionista. Il terminale a sua disposizione è collegato con il centro di elaborazione della banca o delle banche che offrono il servizio da lui richiesto e che permette di effettuare una transazione di denaro, in tempo reale o differita, relativa al pagamento, dal conto del cliente a quello dell'esercente.
I dispositivi oggi disponibili sono a tutti gli effetti dispositivi informatici, e funzionano solo se connessi ad una rete. Esistono però diversi tipi di POS, e ognuno ha le sue caratteristiche:
il POS fisso, tradizionalmente conosciuto come quello “da banco”, è un apparecchio connesso tramite la linea telefonica ai servizi della banca;
il POS cordless, detto anche PocketPOS, simile a un portatile, è un apparecchio che può essere staccato da un'unità di base e funzionare ancora entro una decina di metri, grazie all'utilizzo di una tecnologia di tipo bluetooth;
il POS GSM/GPRS/UMTS, che consente di poter effettuare transazioni anche in assenza di linea telefonica fissa ed è utilizzato soprattutto da esercenti in mobilità come tassisti, ambulanti, idraulici e così via;
il POS Mobile, o mPOS, versione aggiornata di quello che abbiamo appena visto, un apparecchio che si connette, solitamente via bluetooth, a uno smartphone o a un tablet su cui è installata un'app per i pagamenti;
il POS digitale, una soluzione che permette di gestire i pagamenti e gli incassi tramite una pagina web dedicata.
A prescindere dalla tipologia di POS a disposizione, in Italia sono accettati i seguenti circuiti: per le carte di credito PagoBancomat (circuito italiano), Maestro, Debit MasterCard, V-Pay, Visa Debit. Per le carte di credito: Visa/Visa Electron, Diners, American Express, JCB, Cup.
Ricordiamo che i circuiti non sono tutti uguali tra loro, e che alcuni “impongono” delle regole da seguire. Ad esempio, i due circuiti di pagamento più diffusi in assoluto, Visa e MasterCard, prevedono l'assenza di limiti per quanto riguarda l'importo minimo da dover pagare nelle transazioni dovute dal cliente al commerciante.
Come funziona il POS
Chiunque abbia pagato con la propria carta sa bene come funziona il POS. Si tratta di un metodo di pagamento che può essere effettuato in presenza di un dispositivo fisico che deve fungere, come abbiamo visto, da lettore di carte, sia fisiche che digitali. Il meccanismo è semplice: il commerciante o il professionista è tenuto a digitare l'importo da addebitare al cliente per preparare la transazione.
L'operazione può essere completata dopo che il cliente procede alla lettura della propria carta (inserendo il bancomat o la prepagata nel dispositivo, strisciando la carta nell'apposita fessura, sfiorando il POS con la carta o lo smartphone se il pagamento può avvenire contactless).
Nei primi due casi per poter concludere il pagamento è necessario che il cliente digiti il PIN. Nelle transazioni contactless tale obbligo non sussiste, a meno che il pagamento non sia relativo a somme superiori ai 50 euro.
L'obiettivo del pagamento tramite POS, al di là dunque degli aspetti fiscali relativi alla lotta all'evasione da parte dello Stato, è anche rendere le transazioni tra cliente ed esercente il più possibile rapide e trasparenti.
Perché i commercianti non vogliono il POS?
Fermo restando che la generalizzazione è un errore, e che esista un numero non indifferente di commercianti che hanno accettato senza proferire parola l'entrata in vigore dell'obbligatorietà del POS, da mesi, se non da anni, in Italia è presente una larga fetta di esercenti che rifiuta di far pagare i propri clienti attraverso la moneta elettronica, se non per somme superiori a una certa soglia.
Una battaglia ideologica? In parte sì, se è vero che molti commercianti hanno dichiarato di essere stufi di lavorare “per ingrassare le banche”. Ma di fondo c'è un discorso che va molto più nel concreto.
A rendere invisa l'obbligatorietà è infatti il costo che il pagamento tramite POS comporta agli imprenditori. Quello che doveva essere un servizio per il cliente si è trasformato in un obbligo, ma senza che cambiassero le condizioni. Ciò vuol dire che un commerciante è costretto comunque a pagare dei costi di gestione, in alcuni casi molto importanti, sia per pagamenti da 1 euro, per fare un esempio, sia su quelli da 100 euro. Il che spesso porta a un margine di guadagno risibile, se non addirittura a una perdita. Da qui la battaglia per cambiare le norme. Perché, secondo molti commercianti, l'obbligatorietà dei pagamenti elettronici avrebbe dovuto essere accompagnata a un abbassamento se non a un annullamento dei costi di gestione e delle transazioni.
Da quando è obbligatorio il POS
Ti stai chiedendo da quando entra in vigore il POS obbligatorio? La risposta è semplice: è già in vigore, e anche da parecchio tempo. Sebbene la discussione sia nata, o meglio si sia amplificata solamente negli ultimi mesi, in seguito all'introduzione delle sanzioni per i commercianti che non rispettano le regole, la norma che ha introdotto l'obbligo risale al 2012, essendo presente nel Decreto Crescita 2.0 del Governo Monti, anche se la sua effettiva entrata in vigore, complice uno slittamento dell'attuazione, risale al 30 giugno 2014.
Da questa data tutti i commercianti e i professionisti in Italia, escluse determinate categorie, hanno avuto l'obbligo di mettere a disposizione del consumatore l'opportunità del pagamento tramite POS. In altri termini, è diventato obbligatorio per gli esercenti accettare pagamenti tramite carte di credito, di debito, o prepagate.
In un primo momento, comunque, la norma era differente rispetto a quella attualmente in vigore. L'obbligo infatti era tale solo per i pagamenti sopra i 30 euro. Al contrario era imposta la disponibilità all'accettazione di un pagamento elettronico solo su richiesta esplicita del debitore, e non erano previste sanzioni per chi non ottemperava a tale disposto normativo.
Una prima modifica importante è arrivata nel 2016, con l'entrata in vigore della Legge di Stabilità di quell'anno, che ha ridotto il limite dai 30 euro ai 5 euro. Ha inoltre introdotto una modifica per contenere i costi del POS, che non dovevano essere superiori a quelli che il beneficiario avrebbe sostenuto accettando invece un pagamento in contanti.
A scatenare l'ira dei commercianti è stata però una novità arrivata il 30 giugno 2022, data dell'entrata in vigore di sanzioni aspre per coloro che non si adeguano all'obbligatorietà del POS.
Per chi è obbligatorio il POS
Come abbiamo avuto modo di accennare qualche riga fa, il POS è obbligatorio, ma non per tutti. L'obbligo, e le relative sanzioni, è scattato per i soggetti che effettuano attività di vendita e prestazione di servizi professionali. Entrando nel dettaglio della definizione, sono quindi tenuti ad accettare i pagamenti elettronici:
commercianti;
artigiani;
titolari di attività ricettive, di ristorazione, agriturismi, bar, pizzerie e simili;
PMI che abbiano un rapporto diretto con il cliente per la vendita o la prestazione di servizi;
liberi professionisti di vario genere, dagli avvocati ai medici, che esercitano in proprio e hanno un rapporto diretto con il cliente per vendita e prestazione di servizi;
venditori ambulanti;
tabaccai (con alcune eccezioni);
tassisti.
Per chi non è obbligatorio
Sono poche le categorie esentate dall'obbligo di accettare pagamenti con il POS. In particolare si limitano ai professionisti per quanto riguarda le transazioni verso altri professionisti e ai tabaccai, ma solo per alcuni servizi.
Come specificato dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, questi ultimi sono esentati dall'obbligo solo per la vendita di tabacchi e valori bollati, a causa della bassa marginalità di questi prodotti e servizi, che non si concilia con i costi attualmente collegati alla transizione della moneta elettronica.
Qual è la cifra minima da accettare con il POS
Attualmente, nonostante le iniziali volontà del Governo Meloni, non esiste una cifra minima da accettare con il POS. La soglia era stata in un primo momento stabilita a 30 euro, per poi essere ridotta dal 2020 a 5 euro. Nel 2022 anche quest'ultimo step è stato superato, rendendo obbligatorio per i commercianti accettare pagamenti elettronici a prescindere dall'importo. Con la Manovra 2023 l'attuale esecutivo aveva pensato di riportare il precedente limite, innalzandolo però fino a 60 euro, ma tale decisione ha subito lo stop da parte dell'Unione Europea.
POS obbligatorio: le sanzioni previste dalla legge
Ma cosa succede se il commerciante non ha il POS o se rifiuta di far pagare un proprio cliente attraverso la moneta elettronica? Dal 2022 sono in vigore delle sanzioni.
In particolare, la multa è pari a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione. Se un commerciante dovesse quindi non accettare un pagamento elettronico, ad esempio, di 100 euro, andrebbe incontro a una sanzione di 34 euro.
Sono previste comunque delle eccezioni. Ad esempio, la multa non viene applicata, stando al comma 4 dell'articolo 15 del DL n. 179/2012, in casi di oggettiva impossibilità tecnica. Se quindi il POS è guasto il commerciante può rifiutare un pagamento elettronico. Un'altra novità importante riguarda il circuito accettabile. Il concessionario non è obbligato, infatti, ad aderire a più di un circuito di incasso. Inoltre, dal giugno 2022 l'intero flusso giornaliero relativo agli incassi elettronici viene trasmesso automaticamente dagli intermediari all'Agenzia delle Entrate. Questo per evitare uno scostamento e dunque mettere un ulteriore freno al fenomeno dell'evasione.
Rifiuto pagamento POS: cosa può fare il cliente
Cosa fare se il commerciante non accetta la carta? Nonostante l'obbligo attualmente in vigore può capitare di ritrovarsi nella situazione di non avere contanti con sé ma di avere a che fare con un commerciante che non accetta pagamenti tramite POS.
In questo caso, se l'esercente si rifiuta, nonostante la richiesta esplicita del cliente, può essere segnalato alla Guardia di Finanza attraverso una denuncia telefonica al numero 117. In alternativa, il cliente stesso può scrivere all'Agenzia delle Entrate, inviando una segnalazione completa di nome, luogo dell'esercizio, data e ora dell'accaduto, per chiedere all'Autorità competente di intervenire per indagare sull'esercizio commerciale incriminato. I moduli per poter chiedere l'intervento sia dei finanzieri che dell'Agenzia delle Entrate sono disponibili sui rispettivi siti internet ufficiali.
Ad ogni modo, non sempre il cliente può chiedere l'intervento delle autorità. Se infatti si è impegnato a pagare attraverso un metodo alternativo, ad esempio attraverso un bonifico o con contanti, non può esigere un pagamento tramite carta e segnalare l'esercente. Inoltre, l'obbligo di accettazione dei pagamenti elettronici non è esteso ai bonifici o ai pagamenti con app su smartphone. Se dunque un commerciante dovesse rifiutarsi di farti pagare, ad esempio, con Apple Pay o Google Pay non potresti in alcun modo segnalarlo.
La riduzione delle commissioni
Se l'obiettivo di reintrodurre il limite minimo per l'utilizzo del POS è stato bocciato dall'Unione Europea, il governo in carica si è comunque impegnato per cercare di ridurre i costi delle commissioni sui pagamenti con POS. In particolare la Legge di Bilancio 2023 prevede:
l'obbligo di garanzia dell'imposizione degli oneri proporzionali al valore delle singole transazioni;
l'istituzione di un tavolo permanente tra tutte le categorie interessate alla questione, per mitigare l'incidenza dei costi delle transazioni elettroniche fino a 30 euro a carico degli esercenti che presentano ricavi fino a 400mila euro;
in caso di insuccesso di tale tavolo, dopo 90 giorni di lavoro, un contributo straordinario pari al 50% degli utili derivanti dalle commissioni e da altri proventi, per le transazioni inferiori a 30 euro.
Un impegno per cercare di venire incontro agli esercenti sul piede di guerra e per spegnere le polemiche su una tematica che resta comunque particolarmente delicata nel nostro paese.
Bonus per gli esercenti
Oltre alle sanzioni, sono stati previsti dal 2022 anche dei bonus o degli incentivi per cercare di aiutare i commercianti a reggere all'urto economico dell'obbligatorietà dei pagamenti elettronici. Ad esempio, il decreto legge 124/2019 prevede un rimborso del 30% sul totale delle commissioni addebitate in relazione ai pagamenti con POS per gli esercenti.
In passato sono stati poi previsti dei rimborsi per tutti i commercianti che si sono provvisti di POS, sia acquistato che noleggiato.
Con il DL Aiuti quater è stato poi confermato un credito d'imposta fino a 50 euro per l'adeguamento di registratori telematici. Le modalità attuative di tale credito sono state specificate in un provvedimento apposito dell'Agenzia delle Entrate.
Alternative al POS
Al di là del POS, esistono altri metodi di pagamento elettronico, alcuni dei quali diventati molto comuni negli ultimi anni, che possono diventare spesso una soluzione anche per quegli esercizi commerciali, soprattutto di piccola entità, che non riescono a mantenere un margine adeguato attraverso il pagamento tramite POS a causa dei costi di gestione e del prezzo delle transazioni. Si tratta in particolare di quei servizi di pagamento che fanno riferimento a soluzioni digitali che possono essere gestite tramite app, sia utilizzando le carte di debito o di credito sia con pagamenti diretti con i propri dispositivi mobile attraverso la tecnologia NFC. Gli esempi più famosi sono proprio quelli che abbiamo appena menzionato, Google Pay e Apple Pay, servizi di pagamento di due colossi dell'informatica già da anni molto utilizzati negli Stati Uniti, ma ormai ampiamente diffusi anche in Italia.
In alternativa il POS tradizionale è da diverso tempo entrato in concorrenza con soluzioni digitali più smart e solitamente più economiche, basate soprattutto sull'assenza di canone o su costi fissi decisamente più bassi. Rientrano in questo ambito i servizi offerti da società come SumUp o Nexi. Ancora diverso è invece Satispay, un servizio digitale che si basa sempre su un'app ma che non richiede alcuna tessera per il pagamento. Insomma, per gli esercenti e i professionisti, ma anche per i clienti, esistono ormai moltissime soluzioni da poter vagliare per rendere i pagamenti rapidi, sicuri e privi di costi e di commissioni eccessive, senza dover per questo essere obbligati a rimettere in circolazione monete e banconote in eccesso.