"Abbracci d’autunno. Cercando nuove primavere". Il nuovo libro di Giuseppe Selvaggi
In periodo di pandemia potrebbe risultare fuori luogo parlare di abbracci, ma la metafora di Giuseppe Selvaggi, suggeritagli da una riflessione paterna, e che dà il titolo al suo nuovo libro, rende bene – con l’efficacia dell’immagine - l’idea alla base delle sue considerazioni.
Se l’autunno è la stagione dei crepuscoli e delle nostalgie, la primavera è l’esplosione della vita. Se in autunno ci si prepara a vivere l’intimità della casa, in primavera si ci accinge a vivere nella natura rigogliosa. Se in autunno si cerca il calore da cui ripartire, anche quello dell’abbraccio degli affetti, in primavera si mette in pratica quella socialità ritornando in pienezza nel mondo circostante per sperimentare che la primavera non è una sola ma sono tante, sempre nuove, sempre diverse, pure nell’unicità del ciclo stagionale.
E’ questo l’invito che papà Francesco rivolge al figlio: “Abbraccia l’autunno. E’ solo un passaggio in cui il sole diventa solo un poco più avaro e non ti stancare di cercare nuove primavere”.
E Giuseppe Selvaggi, prima un po’ scettico, sperimenta poi la bontà delle parole del saggio padre. Le sue riflessioni contengono in filigrana la ricerca delle nuove primavere. Sugli sfondi dei cangianti paesaggi naturali si intrecciano vivide considerazioni nate dall’arguzia dell’autore, dalla sua esperienza di vita e dal suo costante interrogarsi sul grande mistero della vita. Così si esprime: “Nelle mie lunghe passeggiate provo a pregare ma non ricordo più le parole. La storia dell’umanità è piena di ‘eroi’ di secondo piano la cui grandezza risiede in un animo non contorto e per questo puro. Voglia la mia sorte essere benevola e la follia accompagnarmi sino all’ultimo istante senza rinsavimenti”.
Giuseppe Selvaggi
Ecco allora il fluire dei ricordi che si dipanano attraverso le stagioni e le loro immagini tipiche che Selvaggi descrive nei contesti rurali e marinari della sua Puglia e in quelli più cittadini, talvolta asettici della Milano che lo ospita da tanti anni.
Alle immagini delle feste patronali, con luminarie e fuochi d’artificio, del mare in burrasca, della terra rossa, delle memorie dei genitori, della loro sapienza antica, fanno da ponte le immagini di treni che partono, di valigie, di nuvole in fuga che conducono ad uno scenario cittadino di luci, vetrine e … clochard, segno di una dolente umanità.
Tempo e spazio si fondono nelle immagini di tramonti infuocati, notturni pieni di musica, albe di speranza, papaveri che annunciano estati dal sole accecante. Il tutto con le immagini guizzanti del cogitare di Selvaggi, come il cane che ti porta a spasso e l’astronave parcheggiata non si sa dove. Ci sembra di vederlo: “In un atto di eroica ribellione mi sollevo dal divano, apro la porta di casa, scendo le scale, esco. Il portone si chiude alle mie spalle, sono senza ombrello, ho dimenticato le chiavi e l’inseparabile telefonino e, come se non bastasse, mi ricordo che da ieri non funziona il citofono. E’ vero che siamo liberi di scegliere le nostre azioni, un poco meno di governarne le conseguenze, mi predispongo a risolvere il tutto con una scrollata di spalle”.
Quella scrollata di spalle che non è indifferenza o incoscienza ma l’atto di ripartenza verso nuove … avventurose riflessioni.
Abbracci d’autunno
Cercando nuove primavere
SECOP edizioni (luglio 2020)
Pag. 110 prezzo Euro 14,00
Autore Giuseppe Selvaggi
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