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La spinta, thriller sulla maternità infelice e i sentimenti oscuri delle donne

di Chiara Giacobelli

Essere madre non è sempre nelle attitudini di una donna: un tema scottante ancora oggi tabù nel thriller Rizzoli “La spinta”

Un bellissimo libro. Profondo, dal ritmo giusto, non banale e scontato. È questo ciò che ho pensato durante la lettura de La spinta, il nuovo thriller campione d’incassi di Ashley Audrain pubblicato in Italia da Rizzoli.

Il tema è dei più spinosi, ancora oggi tabù: si può diventare madri e scoprire di non essere portate per questo ruolo? Si può essere un genitore infelice, nonostante tutta la buona volontà impiegata per cambiare le cose? E può accadere che un figlio risulti per noi una creatura estremamente lontana, estranea al nostro mondo?

Secondo la scrittrice canadese autrice di The Push – in italiano, appunto, La spinta – la risposta è sì. Il perché non è certo definibile in poche parole e probabilmente neppure un intero libro, che è stato da lei stesso descritto come “un dramma psicologico raccontato attraverso la lente della maternità”, è in grado di dare tutte le risposte. Nonostante ciò, compie già un passo avanti fondamentale nell’alzare un velo su una realtà che esiste, ma di cui nessuno vuole parlare.

Travestito da thriller per il pathos continuo, nonché per la presenza di inquietanti morti di bambini che solo alla fine troveranno una loro spiegazione, La spinta è in realtà molto di più: un viaggio all’interno delle paure, dei sentimenti oscuri e dei dubbi di una donna, per scoprire che essere madre non è sempre e solo la favola che si racconta.

Blythe è la protagonista di questo romanzo dalle tinte fosche e inquietanti, a sua volta figlia e nipote di personaggi femminili negativi, che non hanno saputo essere madri, né hanno trovato un senso alla propria vita: morta suicida ancora giovane la nonna e sparita nel nulla la madre. È normale che, con questi presupposti, Blythe abbia il timore di non riuscire ad essere una buona mamma, eppure al tempo stesso ha il desiderio di dimostrare a sé stessa e al mondo intero che lei non è come la famiglia da cui discende.