Libri & Editori

Mariano Sabatini, il noir italiano conquista i francesi

Di Oriana Maerini

Intervista a Mariano Sabatini autore de “L’Inganno dell’Ippocastano” edito ora in Francia

I libri italiani si traducono poco all’estero bisogna, quindi, gioire dell’apprezzamento della nostra narrativa oltrealpe, come nel caso dell’Inganno dell’Ippocastano, il romanzo di Mariano Sabatini pubblicato in Italia da Salani (vincitore del premio Flaiano) e ora alla conquista dei lettori francesi per le edizioni Actes sud, con il titolo L’imposture du marronnier. Se ne parla come di una “splendida sorpresa” e di “un’inchiesta architettata alla prefezione”. Ciò vuol dire che l’inchiesta giornalistica del giornalista investigatore Leo Malinverno, sulle tracce dell’assassino del palazzinaro Ascanio Restelli candidato sindaco di Roma, sarà letta in paesi come il Belgio, il Canada, oltre che in terra di Francia. Per scoprire il successo di questo libro made in Italy  Affari ha intervistato l’autore.

Ha avuto dei riscontri dai lettori d’oltralpe?

Si, mi sono già arrivate e-mail entusiastiche dei lettori e segnali persino dall’Australia, una lettrice di nome Celine che mi ha contattato su Instagram. E mi hanno invitato anche in Svizzera, a Losanna, per un festival letterario francofono.

Che esperienza è per uno scrittore?

Entusiasmante, devo dire. È come stare in un appartamento da tanti anni e rendersi conto che abbattendo una parete, creando una finestra, ci si garantisce una più ampia visione del panorama. Entra nuova luce, godi dell’alba oltre che del lungo tramonto. Spero, in questo senso, che le mie storie possano avere sempre nuovi lettori in altre lingue. In questo caso devo ringraziare la traduttrice Marguerite Pozzoli che mi ha scelto e con la quale ho lavorato magnificamente, una persona molto sensibile, raffinata, di grande cultura e gusto.

Pensa che il suo Leo Malinverno potrà piacere ai francesi?

Me lo auguro. Cinque anni fa ho cercato di creare un personaggio che non ricalcasse gli esempi sovrabbondanti dei vari investigatori, commissari, marescialli e simili. Un giornalista che agisse collateralmente alle figure professionali citate. Sono partito dal cognome, Malinverno. Anche di quello sono molto orgoglioso. A tal proposito posso dire con una battuta di diffidare dalle imitazioni. Il mio Malinverno è uscito nel lontano 2016, lo ribadisco. Faccio molta attenzione, personalmente, a questo aspetto, non darei mai a un mio personaggio il citoria, in ognome di un altro personaggio letterario affermato. Mai, se non come omaggio dichiarato, potrei chiamare in scena un Carlo Montalbano, ad esempio. E Montalbano come Malinverno sono cognomi molto caratteristici, non parliamo di Rossi o Bianchi. Basta farsi un giro sul web per non incorrere in scopiazzature.  

A cosa sta lavorando ora?

A tante cose, come sempre. Sto terminando la nuova storia di Leo Malinverno e sono proprio in dirittura d’arrivo, dopo una inchiesta complessa. Spero non ci siano altri intoppi. Ogni storia ha i suoi tempi di lievitazione e bisogna assecondarli. Io so lavorare così. Uscirà a settembre un piccolo romanzo per ragazzi, con un editore attento, rispettoso del lavoro degli autori, che ha apprezzato questa mia nuova escursione narrativa e l’ha valorizzata. Conto di portarlo nelle scuole elementari. Di averlo scritto ringrazio l’amica Raffaella Spaziani, per avermi motivato, delle rassicurazioni sulla bontà del testo ringrazio un’altra amica, Claudia Rossetti. Lei è insegnante elementare e mi ha consentito, diciamo così, di testarlo sui suoi fantastici alunni. Le illustrazioni sono di Mastrobaldo, un vero artista. Ho partecipato inoltre a una bellissima antologia di racconti sull’indicibilità del sacro a cura di Caterina Falconi e Francesca Bonafini per Avagliano. Ci sono tanti scrittori di valore e sono sicuro che farà parlare.

Farà anche un libro per la rinata Vallecchi?

Sì, è in uscita a giugno, si tratta di una ricognizione del mondo narrativo e dei suoi protagonisti, dei loro riti, delle ossessioni e delle tecniche. Si intitolerà Scrivere è l’infinito, inteso come tempo verbale ma anche e soprattutto come infinitezza dell’atto creativo. Scrivendo si tende all’infinito. Sono molto felice di legare il mio nome a questo marchio prestigioso che, in un momento così difficile, di attrizione profonda, scommette sul futuro con Alessandro Bacci alla guida. Uno che di editoria, a partire dalla collaborazione con il mitico Valentino Bompiani, ne ha macinata davvero tanta. Un libro del genere potrà essere utile ai tanti che vogliono scrivere.  

Tanti o troppi?

Troppi incapaci. Se fossero tanti e tutti capaci sarebbe bellissimo. Ci sono tanti improvvisati, sia tra gli scrittori, anche affermati, purtroppo, sia tra gli editori che spesso sono poco più che stampatori. Mi chiedo se almeno, come me, si sentano sempre insufficienti.

Lei a chi sente di dovere la sua presenza nel panorama editoriale?

A due persone che non ci sono più, per la motivazione che mi hanno trasferito. Stare loro accanto mi ha dato la forza e la legittimazione. Il primo è Luciano Rispoli, con il quale dopo averlo ammirato in Tv ho lavorato quasi vent’anni, l’altra è Elda Lanza, dieci anni di amicizia intensiva, affetto, fascinazione. Solo dandosi riferimenti alti si può sperare di trattenere qualche brandello di esperienza significativa. Oggi imparo molto dall’amico Divier Nelli, che io chiamo il mio guru editoriale. Ho letto in anteprima il suo nuovo romanzo, Posso cambiarti la vita, e l’ho trovato scioccante per quanto è bello e originale.

Come mai  a un certo punto ha lasciato la Tv per l’editoria?

La televisione, dopo che Luciano Rispoli aveva lasciato, non mi divertiva più. Aver avuto come maestro il professionista per il quale si è parlato per la prima volta del talk show in Italia nel 1975 mi ha viziato. Eppure non ho mai smesso di frequentare gli studi televisivi e se mi chiamano a commentare qualcosa vado volentieri, ma sono sempre stato attratto da più media, anche in contemporanea. Mentre facevo la tv, collaboravo con la radio e scrivevo per i giornali. Comunque neppure i libri sono una novità, pubblico da vent’anni, ho solo intensificato. Tutto è talmente divertente e appassionante… perché non variare? Non voglio negarmi niente.