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Marketing
Andrea Pezzi e la Rivoluzione Digitale: "Bisogna cambiare il DNA del business"

Molti si ricordano di lui soprattutto per le esperienze televisive, ma oggi Andrea Pezzi è un affermato imprenditore, che ha dimostrato di avere una notevole capacità di innovazione.

Non a caso, Teamsystem ha scelto proprio lui come principale relatore della convention “Surf the change”, dedicata alle potenzialità derivanti dalla rivoluzione digitale che sta cambiando non solo il modo di fare business, ma la vita di tutti i giorni.

“Dopo aver fatto tv ho deciso di cambiare settore – spiega Pezzi – e sono entrato nel settore digitale, perché il mondo stava cambiando. Prima ho fatto il consulente di varie aziende, poi ho cominciato ad aprire le mie. Gagoo, di cui sono fondatore e CEO, si occupa di dare alle aziende nate nel mondo analogico gli strumenti necessari per entrare in quello digitale”. 

Detto così sembra semplice, ma in molti casi questo passaggio risulta proibitivo per imprenditori che si trovano spiazzati dai tempi che cambiano. Pezzi offre una ricetta interessante per non essere travolti dall'onda, ma per cavalcarla, come suggerisce il titolo della convention: “Bisogna partire dal core business. In genere si pensa alla rivoluzione digitale in termini di 'digital extension': se sono una banca, faccio banca online, se sono un personaggio pubblico, faccio il sito per comunicare coi fan. Questo è sbagliato... o, almeno, è solo l'inizio di un processo che deve essere di tipo diverso”.

Quello che Pezzi suggerisce è un vero e proprio cambio di paradigma: Bisogna cambiare il DNA dell'azienda e inserirvi la digital intelligence. Quello che va modificato è il cuore del business, non la sua estensione. Cosa significa in pratica? Prendiamo un esempio famoso: Apple. Nel 2001, alla presentazione dell'iPod, Steve Jobs disse una frase destinata a fare storia: 'Noi non produciamo device digitali, noi creiamo contatti tra esseri umani'. Il device è una scusa! Ecco cosa intendo con cambiamento del core-business”.

Per meglio comprendere la complessità della rivoluzione digitale, Pezzi suggerisce di scomporla in quattro momenti fondamentali:

“1) La prima è la Liquid Economy (o OnDemand Economy): è la conseguenza dell'assenza di spazio fisico, dovuta all'avvento del digitale. Così come Napster ha distrutto la vecchia industria discografica, così Google ha distrutto la vecchia industria editoriale: entrambe sono state travolte dal cambiamento. Pensate al dramma degli editori dei giornali, che hanno pensato di dover replicare in rete quello che facevano prima su carta. Una volta vendevano la pubblicità nelle manchette, quei pochi centimetri intorno alla testata o in altri punti del giornale. Ora credono di dover vendere i banner sui propri siti: hanno semplicemente trasformato i centimetri in pixel, ma è assurdo, perché così si ignora la vera potenzialità del web. Internet non è fatto di spazio, ma di connessioni.

2) La Sharing Economy: il nuovo asset è la piattaforma. Uber non possiede macchine, Airbnb non possiede case, Facebook non ha giornalisti a contratto, Instagram non possiede diritti fotografici, e Spotify non possiede diritti musicali. Eppure, sono leader assoluti nei rispettivi campi. E non ci si può ribellare. Se il singolo cantante dice di no a queste piattaforme, ci rimette solo lui. Non importa quanto sia grande: nemmeno gli U2 possono ribellarsi, perché l'asset non è più la musica, è la piattaforma!

3) Data Economy. Qui conta il concetto di 'the power of insight'. I dati si producono ogni volta che i device si connettono e questi dati producono insight. Il dato non è un business per chi lo genera, ma per chi lo mette in ordine. 

4) La Artificial Intelligence Economy: il data insight (ovvero la conoscenza profonda del dato) viene elaborato attraverso algoritmi e il sistema automaticamente sa cosa deve fare. Per avere degli esempi lampanti, basta guardare quello che sta facendo Boston Dynamics, VIV, Amazon Robotics, o le macchine che ormai si guidano da sole... La tecnologia ormai è così potente che i lavoratori umani potrebbero anche sparire, ma questo è una straordinaria opportunità, se ci rendiamo conto che l'uomo non è un robot. Dobbiamo recuperare i valori della cultura umanistica ed è proprio a questi che si ispira Gagoo”.

 

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