MediaTech
Media africani, informazione sempre più digitale ed equilibri in divenire
In Zambia 9 persone su 10 consultano le testate dal proprio cellulare
La rete di blogger Africtivistes, attiva dal 2015 dal summit a Dakar, in prossimità delle nuove elezioni del Ghana del 7 dicembre scorso, ha pubblicato la lettera aperta di 32 organizzazioni della società civile al governo ghanese, per avere “internet, compresi i social media e le altre piattaforme di comunicazione digitale, accessibile, sicuro e gratuito” durante le elezioni. E inoltre per chiedere che gli utenti venissero informati in caso di interruzioni, nonché che si lavorasse 24 ore su 24 per correggere tali interruzioni al fine di garantire la qualità del servizio. L'accesso a internet per i ghanesi è diventato fondamentale per assicurare la democrazia in quello che è “uno dei paesi più politicamente stabili dell’Africa” e tra gli stati del continente meglio collocati per quanto riguarda la certezza della legge e la libertà di stampa.
Ma, se da una parte, l’Africa è stata caratterizzata da un incremento degli utenti sui social media pari al 13,92% nell’ultimo decennio, dall’altra il continente è pervaso dai tentativi dei governi, sempre più frequenti, per limitare e tacitare il dissenso degli africani attraverso un controllo rigoroso dello spazio forse più democratico di cui essi dispongono per far sentire le loro voci, il web.
Sono diversi i provvedimenti che negli ultimi anni hanno introdotto leggi dure sull’abuso dei social media, dalla Tanzania all’Uganda, così in Burkina Faso e Zambia. Il Lesotho è stato l’ultimo paese africano a emanare regolamenti su questi temi, costringendo gli utenti dei social media locali con più di 100 followers a registrarsi presso la Lesotho Communications Authority. E proprio il governo del Lesotho a ottobre di quest’anno ha reso noto di voler disciplinare il comportamento online degli utenti con una legge che obbliga a ottenere una speciale licenza, una cosiddetta indennità per la trasmissione internet.
In Uganda una tassa sull’utilizzo di internet era stata introdotta nel 2018, giornaliera e pari a 200 scellini (6.000 scellini mensili), corrispondente a circa il 3% dei salari medi e all’8% dei salari più modesti. Da ottobre 2020, inoltre, i creatori e distributori di contenuti online, i produttori di contenuti video on demand su YouTube e i blogger devono ricevere l’autorizzazione dalla Uganda Communications Commission.
La Tanzania, in vista delle recenti elezioni che hanno dato vincitore il presidente rieletto Magufuli, ha approvato un regolamento sui contenuti online, in base al quale è reato per gli utenti di Facebook, Twitter e WhatsApp pubblicare messaggi che "ridicolizzano, abusano o danneggiano la reputazione, il prestigio o lo status della Repubblica Unita di Tanzania". Il Burkina Faso già nel 2019 aveva approvato dei regolamenti per criminalizzare la diffusione di informazioni demoralizzanti per il settore della sicurezza.
Lo Zimbabwe ha dichiarato l’intenzione di rafforzare ulteriormente i controlli sui social media, inasprendo però il malcontento dei guardiani della libertà di stampa. In particolare dopo l’arresto del 3 novembre 2020, il secondo in un anno, del giornalista Hopewell Chin'ono con l’accusa di "abuso dei social media per ostacolare la giustizia”, il governo dello Zimbabwe è stato accusato di “soffocare le voci critiche”.
In Zambia “Facebook comanda la massima portata ed è la prima scelta per notizie e informazioni”, in base ai dati raccolti dal ricercatore Mbozi dell'Institute of Economic and Social Research dell'Università dello Zambia. Come riportato dal Lusaka Times, i giornali online e i social media nel 2020 costituiscono una delle principali fonti di informazione del paese. Mbozi ha evidenziato che su dieci persone con accesso a Internet nella provincia di Lusaka, sei leggono giornali online e la maggior parte (9 su 10) consulta i giornali online preferiti su Facebook dal proprio smartphone.
La situazione dei media in Africa appare comunque fondamentale e in evoluzione. Come qualche anno fa Eric Chinje, amministratore delegato dell’African Media Initiative, ribadiva ad Africa Renewal “i media svolgono un ruolo importante nella costruzione di una società informata. I cittadini hanno bisogno di informazioni credibili da parte di media in grado di moderare abilmente il dibattito e provocare conversazioni significative che possono portare a trasformare l'Africa. I giornalisti si considerano cani da guardia. Invece, vedo i media come un leader. I cani da guardia si siedono e guardano, ma un leader si alza e conduce. Bisogna camminare e lavorare".
Un piccolo passo in avanti tuttavia, in base ai dati del “Word Press Freedom Index” di Reporter Without Borders (report annuale su grado di libertà, espressione e indipendenza dei media su scala globale) la libertà di stampa in Africa se l’è aggiudicato nel 2019, quando 5 stati africani, come riporta L’Indro, sono risultati tra i primi 40 della classifica mondiale: Namibia, Capo Verde, Ghana, Sudafrica e Burkina Faso.