Colite ulcerosa: rischi della malattia di crohn nelle donne incinte
La malattia di crohn può essere rischiosa per la salute delle mamme in gravidanza. Ecco come combattere la colite senza rischi per la fertilità e la gestazione
Colite ulcerosa. Si possono limitare gli effetti della malattia di Crohn durante la gravidanza?
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. Trattandosi di vere patologie intestinali che possono interessare qualsiasi tratto del canale alimentare, dalla bocca all'ano, queste malattie devono essere sottoposte a controllo periodico da parte degli specialisti e del proprio medico curante. In particolare, è necessario prestare maggiore attenzione all’età compresa tra 15 e 25 anni, perché è questo il periodo la malattia può manifestarsi per la prima volta.
La malattia di Crohn: la terapia da seguire per limitare gli effetti sulla fertilità
La malattia che colpisce il tratto alimentare può compromettere irrimediabilmente la salute delle donne incinte e del loro feto. Gli esiti negativi della malattia di Crohn si spingono fino alla probabilità piuttosto alta di aborto spontaneo, parto pre-termine e basso peso del bambino alla nascita. Per questo motivo, le donne affette dalla malattia possono affrontare una gravidanza più sicura quando la patologia è in fase di remissione. Inoltre, le donne che soffrono di colite ulcerosa hanno una maggiore probabilità di andare incontro ad una riduzione progressiva della loro fertilità. Questo perché l’infiammazione può progressivamente estendersi dall’addome alla zona pelvica.
Quali sono i rimedi della colite ulcerosa. Ecco le fasi da seguire per una corretta terapia
Per combattere questa grave patologia è necessario rivolgersi subito ad un gastroenterologo. L’esperto, infatti, valuterà le condizioni generali di salute della paziente che sarà sottoposta a controlli periodici ogni 3 mesi per valutare il decorso della malattia e gli effetti della terapia in corso. In un secondo momento, è bene rivolgersi anche ad un ginecologo e al proprio medico di famiglia ed infine chiedere consiglio ad un pediatra.