Medicina

Coronavirus, a livello mondiale la sfida è appena cominciata

di Daniele Rosa

Parla Andrew Pollard, scienziato dell’Università di Oxford

Andrew Pollard (cinquantacinquenne del Kent nel Regno Unito) è direttore del Vaccine Group dell'istituzione che ha guidato la ricerca per vincere la corsa contro il Covid-19.

E’ convinto che il vaccino di AstraZeneca sarà protagonista nei prossimi anni, nonostante i rarissimi casi di trombosi riscontrati in giovani donne sotto i 50 anni e una comunicazione “dilettantesca” da parte dell’azienda che non lo ha aiutato.

Pollard è però sicuro che in molte parti del mondo la guerra al virus sia appena iniziata e che l’immunità di gruppo, in presenza di molte varianti, sia una chimera complicata da raggiungere.

Lo scienziato ha risposto ad alcune domande nel corso di una conferenza stampa europea.

Si discute molto se cambiando vaccino nella seconda dose sia altrettanto sicuro?

“Tutti i vaccini che stiamo usando in Europa danno una risposta del sistema immunitario contro la proteina a forma di ago del Coronavirus. Non c'è dubbio che, in tutti i casi si genera una buona immunità. Quello che ancora non si sa è quale sia la migliore combinazione. Quale vaccino è preferibile iniettare per primo. E su questo ci stiamo lavorando. Il secondo aspetto da considerare è il livello di tolleranza. Alcuni risultati mostrano che, almeno tra gli adulti, il mix di vaccini provoca una reazione maggiore nei due giorni successivi all'iniezione.  Non sappiamo perché, ma i pazienti si sentono un po’ peggio dopo la seconda dose se c'è stata una combinazione di farmaci".

Non è allora il momento giusto per decidere su questi mix?

“Sarebbe opportuno avere più riscontri. Credo che nell’arco di un mese potremo avere più dati e quindi risposte più sicure”.

La Germania ha annunciato che, da giugno, revocherà l'elenco prioritario della popolazione. Chiunque avesse prenotato AstraZeneca può rinunciare e offrirlo a qualcun altro. È una decisione giusta a livello sanitario?

“Non è una decisione pericolosa, ma ci porta alla domanda iniziale: cosa stiamo cercando di ottenere con i programmi di vaccinazione? Le persone finiscono negli ospedali e questo mette a dura prova i nostri sistemi sanitari pubblici. Lo abbiamo visto nei nostri rispettivi paesi. Se non accadesse, non ci sarebbe pandemia. E l'unico modo per fermare questo circolo vizioso è concentrarsi sulla popolazione adulta, sugli ultracinquantenni e sui più vulnerabili dal punto di vista sanitario. Da un punto di vista individuale, il paziente dovrebbe accettare il vaccino che gli viene offerto, perché così si rimane protetti. Dal punto di vista della popolazione, i gruppi prioritari devono essere i primi, per recuperare la nostra vita, la nostra economia, insomma la normalità”.

Puo’ il paziente scegliere se preferisce ricevere una seconda dose di AstraZeneca rispetto all'alternativa Pfizer?

“Ogni paese deve regolarsi in proprio. Qui nel Regno Unito abbiamo scelto di comunicare costantemente con il pubblico. Come in altri paesi europei, l'offerta di vaccini è limitata e noi favoriamo la somministrazione di due dosi dello stesso farmaco. Ma nelle nostre linee guida ufficiali si conferma che , in mancanza di rifornimento, un paziente puo’ avere una seconda anche di un vaccino diverso”.

Si conosce qualcosa di nuovo sui legami tra il vaccino AstraZeneca e i rari casi di trombi in alcune pazienti?

“In questo momento c'è un enorme sforzo da parte delle autorità di regolamentazione e delle agenzie di sanità pubblica per capire il perchè di questi eventi rari che comunque siamo in grado di curare".

Al momento la decisione ritenuta giusta è di usare farmaci alternativi per la popolazione più giovane”.

Cosa pensa della proposta di Joe Biden di liberare temporaneamente i brevetti sui vaccini?

“È un'idea logica. Condividendo la proprietà intellettuale, puoi avere più stabilimenti di produzione in tutto il mondo, aumentare la capacità di produzione e salvare più vite. Il problema sono gli enormi interessi commerciali che rendono l'obiettivo difficile da raggiungere. Come pure le differenze politiche forti tra i diversi paesi. Anche il processo di produzione dei vaccini è molto complesso e richiede da sei mesi a un anno. Non è un prodotto chimico, ma biologico, molto difficile da realizzare. Molti produttori dovranno prima gettare via milioni di dosi perché non avranno raggiunto la misura ottimale. Questo è il motivo per cui inizialmente sono sorti problemi in Europa con l'offerta. Non perché lo sforzo non sia stato fatto, ma perché è davvero difficile produrre dosi su larga scala. Quindi, se la soluzione per il rilascio del brevetto iniziasse a essere lanciata oggi, non risolverebbe il problema attuale. Solo questo mese, circa un milione di persone in tutto il mondo moriranno a causa del Coronavirus.

Otterremo la famosa immunità di gruppo?

“Se fossimo di fronte ad un virus che non muta sarebbe facile calcolare in maniera matematica quando tempo sarebbe necessario per ottenerla. Nel caso del morbillo occorre vaccinare il 95% della popolazione per altri virus basta l’80%. Con le varianti di questo virus è praticamente impossibile.

Stiamo sconfiggendo questo virus?

“Stiamo facendo passi da gigante. Se guardi individualmente i singoli paesi, vedi che la battaglia si sta lentamente vincendo. Ma, da una prospettiva globale, la guerra è appena iniziata. È ancora una situazione molto preoccupante. In Europa si può avere la sensazione di vedere la luce alla fine del tunnel, ma in Nepal o in alcune parti dell'India sembra qualcosa che non finirà mai. Questo è il motivo per cui dobbiamo abbandonare la visione nazionalistica e pensare che facciamo parte di una popolazione intercomunicante a livello globale. La realtà per tutti è che prima le persone vengono vaccinate, prima finirà la pandemia”.

E questa è l’unica verità inconfutabile.