Milano

Amazon, la maxi-inchiesta milanese per frode fiscale che spaventa Jeff Bezos

La Procura di Milano contesta una frode fiscale per 1 miliardo e 200 milioni nelle vendite a distanza in Italia nel 2019, 2020 e 2021. Un precedente che potrebbe minacciare alle fondamenta il modello di business del colosso di Bezos

Inchiesta contro Amazon a Milano: frode fiscale di un miliardo e 200 milioni

(IMPRESE-LAVORO.COM) Milano - La Procura di Milano indaga la società Amazon come persona giuridica, e come persone fisiche tre top manager della casa madre americana, per 1 miliardo e 200 milioni di euro di contestata frode fiscale nelle vendite a distanza in Italia nel 2019, 2020 e 2021: somma che peraltro, calcolata dalla Guardia di finanza di Monza in una comunicazione formale consegnata ad Amazon il 23 dicembre alla fine di una verifica fiscale, lievita in concreto a 3 miliardi di euro tra sanzioni e interessi da ripagare al Fisco. Lo scrive Il Corriere Della Sera.

La tecnica usata dalla Procura di Milano che spaventa Jeff Bezos

Eppure, per quanto paradossale possa sembrare, in queste ore a inquietare i vertici della multinazionale di Jeff Bezos (187 miliardi di dollari di ricavi e 20 miliardi di utile netto nel 2024), non è tanto la dimensione pur mostruosa dei complessivi 3 miliardi di euro in ballo per la «dichiarazione fraudolenta» addebitata in base all’articolo 3 della legge sui reati tributari n.74 del 2000. Ma è piuttosto l’idea — sicuramente innovativa, si vedrà se fondata giuridicamente — alla base dell’inchiesta sviluppata dal pm milanese Elio Ramondini. Perché, anche grazie a una mastodontica analisi compiuta dalla Procura utilizzando la super potenza di calcolo di un elaboratore della «Sogei» (Società generale d’informatica spa del ministero dell’Economia), ritiene di mettere nel mirino l’algoritmo predittivo di Amazon: e in particolare la sua prospettata indifferenza agli obblighi tributari che pendono invece su chi, come Amazon, metta in vendita sul proprio market-place in Italia merce di venditori extraeuropei (in questo caso prevalentemente cinesi), senza però dichiararne l’identità e i relativi dati all’Agenzia delle Entrate ai fini del pagamento del 21% di Iva da parte del venditore extraeuropeo.

Minacciato alle fondamenta il modello di business di Amazon?

Ciò su cui fa perno l’inchiesta milanese ha dunque l’effetto di minacciare alle fondamenta il modello di business di Amazon, tanto più in prospettiva non solo in Italia ma anche in Europa. E pone per certi versi perfino una questione di geopolitica economica nei rapporti Cina-Stati Uniti-Italia, se fosse esatta la stima accusatoria (basata appunto sulle analisi fatte con il computer «Sogei») che più del 70% del volume di vendite online del colosso americano in Italia corrisponda a merci di venditori cinesi, dimensione tale peraltro da gettare per definizione ai margini del mercato le piccole imprese e partite Iva.

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