Milano

Benifei (Pd): “Di fronte ai cambiamenti l’Europa ha dato risposte comuni”

Eleonora Bufoli

Per il capodelegazione Pd al Parlamento europeo Brando Benifei alle europee di giugno si gioca il futuro dell’Europa. L’intervista

Brando Benifei (Pd): “Di fronte a grandi cambiamenti, l’Europa ha dato delle risposte comuni”

“L’Europa ha intrapreso un percorso di avanzamento dell’integrazione. Il tema è se questa strada vada presa con più convinzione, con la continuità degli eurobond e del debito comune, di una politica che sappia unire transizione ecologica e diritti sociali e democratizzazione della tecnologia. L’alternativa è regredire a una divisione e a un indebolimento dei Paesi europei”. Per Brando Benifei, capodelegazione Pd al Parlamento europeo e co-relatore dell’Ai Act, la prima legge che regolamenta l’uso dell’intelligenza artificiale, la posta in gioco con le europee di giugno è l’alternativa tra due visioni di Europa, due contrapposti modi di affrontare le sfide di un futuro sempre più incerto. L’intervista ad Affaritaliani.it Milano.

Cosa contraddistingue l’appuntamento elettorale del prossimo giugno?
Le europee 2024 sono importanti perché rispetto al passato in questa legislatura l’Europa ha effettivamente iniziato un percorso di cambiamento profondo, in risposta a una serie di crisi che si sono materializzate in una forma nuova. Non solo il Covid ma anche l’emergere con grandissima forza a partire dall’inizio della legislatura 19-24 del tema dell’impatto del cambiamento climatico e anche delle mobilitazioni dei giovani. Inoltre, c’è il tema delle guerre, dall’Ucraina al Medio Oriente. Un contesto dove l’Europa ha risposto con politiche comuni. Il debito comune, il Pnrr, la politica sanitaria che si integrata maggiormente, l’idea di una solidarietà europea. Le nuove leggi come quella sulla regolamentazione digitale. Mi sono occupato di quello sull’intelligenza artificiale ma ce ne è stata anche una sulle piattaforme. Questo rappresenta il tentativo di portare valori democratici dentro lo sviluppo delle tecnologie. Poi anche il tema del Green Deal e le politiche ambientali comunitarie. Di fronte a questi grandi cambiamenti l’Europa ha dato delle risposte, ha cominciato a costruire una maggiore sovranità condivisa all’altezza della competizione globale e delle sfide attuali.

Come sta reagendo l’Europa ai conflitti che la stanno circondando?
Di fronte a queste instabilità, occorre che l’Europa abbia una voce propria per la pace e una capacità di sicurezza e difesa comune. L’alternativa è regredire: l’idea che hanno i nazionalisti. Questo è quello che c’è in gioco. Anche l’idea o meno di riformare le istituzioni per dare più forza alla decisione europea, superare il meccanismo dei veti. Un’ Europa divisa è a mio avviso più debole. Ci sono due strade per l’Europa. Oggi nessuna delle forze principali immagina la rottura dell’Europa ma è pericolosa l’idea di avere un’Europa minimale e non in grado di affrontare le sfide mondiali.

C’è il rischio di un avanzamento delle forze euroscettiche e sovraniste?
Le rilevazioni attuali danno un aumento della forza della destra più nazionalista ma non danno un risultato travolgente. Risultano ancora al vertice i primi tre gruppi. Il gruppo centrista è incalzato un po’ da forze a destra e i Verdi si sono indeboliti. Ma credo che una maggioranza di destra del Parlamento europea non sia possibile. Abbiamo un pezzo di destra europea che guarda ancora a Putin. Le varie forze della destra sono in competizione: pensiamo al caso polacco dove il Ppe oggi governa in una coalizione con altre forze anche progressiste ma ha all’opposizione la destra meloniana dell’Ecr del partito di Diritto e Giustizia, che era il precedente partito di governo in Polonia. Questa destra non riesce a stare insieme.

Oggi si celebrano i 75 anni della Nato. Qual è lo stato dell’Alleanza Atlantica? L’Europa che ruolo svolge al suo interno alla luce dei nuovi conflitti?
L’Europa è parte integrante dell’Alleanza Atlantica ma credo che debba avere una sua voce e questo significherebbe essere più credibili per una politica di dialogo con le potenze mondiali per la finalità della pace. È essenziale che l’Ue abbia una sua capacità di difesa comune e anche una sua visione politica di politica estera che metta al centro il rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e della sovranità dei popoli. Una visione basata sul dialogo e la democrazia, sapendo che bisogna essere pronti di fronte ai pericoli del mondo di oggi. Non c’è solo la guerra alle porte più tradizionali ma anche il tema della cybersicurezza e della difesa dagli attacchi ibridi. Bisognerebbe lavorare di più come Europa su questo. Chi ha un’arma atomica non può usarla come strumento di minaccia per cambiare con la forza i confini degli stati sovrani, per questo difendiamo l’Ucraina ma non basta. Occorre dire che vogliamo una politica europea che sappia costruire le condizioni perché a livello globale prevalga la pace. Significa avere un’Europa con una voce unica in politica estera molto più solida.

Come fare per realizzare questa integrazione?
Bisognerebbe partire da alcuni Paesi. L’Europa ha bisogno di costruire su alcune materie un meccanismo a due velocità più strutturato. In modo che alcuni Paesi che sono più pronti a superare il meccanismo di veti e a integrarsi lo possano fare.

Politica estera comune significa anche avere un esercito europeo?
Il tema dell’esercito europeo arriva in fondo a questa discussione. Prima occorre avere una visione politica, lavorare per avere una difesa europea più efficiente. L’idea di costruire un mondo più in pace con l’Europa come forza di costruzione di un ordine mondiale basato su diritto internazionale. Prima dell’esercito europeo c’è l’idea di forze di intervento rapido europeo su cui si sta lavorando. Alcune migliaia di donne e uomini, di forze di intervento rapido comune europeo, da far intervenire nelle zone di conflitti, a protezione dei civili. Su questo progetto siamo avanti. L’esercito europeo è una prospettiva da coltivare ma ancora lontana nel tempo. Occorrono prima una politica estera, di bilancio, e fiscale più integrata.

Per affrontare queste sfide, in vista delle europee di giugno, aprire le candidature a persone della società civile arricchirebbe l’offerta politica?
Come Pd siamo l’unica forza di cui si conosce il confronto e la discussione. Penso che il Pd abbia ottenuto risultati buoni alle elezioni proprio sapendo combinare la forza di una classe dirigente che abbiamo con l’apertura alla società civile e alle migliori espressioni della società. Anche David Sassoli proveniva dall’esperienza del giornalismo e si è dimostrato un grande politico. Serve una combinazione di fattori. Lo dico a chi come noi socialisti e democratici che ambiamo a continuare a lavorare in Europa in una posizione di guida, che per affrontare queste sfide c’è bisogno di novità ed esperienze. La scelta di aprirsi anche a mondi diversi non deve spaventare. La linea del Pd si decide insieme. Ci possono essere dissensi dei singoli perché il nostro partito non è una caserma ma è importante che ci sia una linea chiara su temi come la pace e la politica internazionale. Il Pd ha tenuto una linea chiara nel chiedere recentemente in un voto al Parlamento europeo che lo stop alla vendita di armi ad Israele non sia solo italiano, come oggi, ma di tutta l’Europa. Anche sul tema dei diritti abbiamo una linea chiara. I diritti civili e sociali dei lavoratori. Noi candidiamo come presidente alla Commissione europea il commissario al lavoro e affari sociali Nicolas Schmit, alfiere di questi temi. La linea di partito è definita insieme. Ci possono essere sensibilità diverse. Ma il Pd ha dimostrato di valorizzare ricchezza di idee. Penso che la squadra plurale possa essere la nostra forza per ottenere maggior consenso dai cittadini in una corsa votata con le preferenze dei cittadini.

La segretaria Elly Schlein parteciperà a questa corsa politica europea?
Non ha ancora sciolto le riserve ma credo che la candidatura di una segretaria che è stata anche parlamentare europea possa aiutare a chiarire la sfida in campo e a polarizzare il voto. Per avere un Parlamento europeo che va nella direzione dell’interesse dei cittadini serva avere un Pd forte. La candidatura della segretaria può aiutare a chiarire la posta in gioco.

Tra le sfide da affrontare a livello europeo c’è anche il tema dei diritti. Come si sta muovendo l’Europa sulla vicenda di Ilaria Salis?
Ho ospitato insieme ad altri colleghi il padre di Ilaria Salis e abbiamo ottenuto un dibattito in aula sul suo caso. Il governo di destra che abbiamo in Italia non ha mai nascosto la simpatia per quel governo nazionalista, antieuropeo, che considera l’Europa come un bancomat. Abbiamo un contesto dove servirebbe una maggiore pressione politica da chi ha rapporti più stretti con il governo in carica in Ungheria.








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