Milano
Caso Amara: Davigo e Storari dal gup. Chiesta udienza a porte aperte
L'ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo chiederà che si svolga a porte aperte l'udienza preliminare, in cui è imputato con il pm di Milano Paolo Storari
Caso Amara: Davigo e Storari dal Gup di Brescia
Piercamillo Davigo e Paolo Storari sono pronti a raccontare in aula, a Brescia, la verità sul caso Amara e l'ex consigliere del Csm è disposto a farlo pubblicamente. Domani, nella prima udienza preliminare davanti al gup Federica Brugnara, compariranno entrambi per rispondere dell'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio. Davigo, difeso dall'avvocato Francesco Borasi, è pronto a farsi ascoltare e ha annunciato la richiesta che l'udienza sia pubblica, una mossa inusuale che si richiama alla Corte di Strasburgo, per cui ''la pubblicità è di per sé una garanzia''. Un'istanza su cui deciderà il giudice.
Caso Amara: Storari e la sua versione dei fatti
Anche il pm di Milano Paolo Storari, difeso dal legale Paolo Della Sala, vuol far sentire la sua voce. Il magistrato, che indagava sul falso complotto Eni, è accusato di aver fornito i verbali coperti da segreto dei cinque interrogatori resi da Amara, tra il 6 dicembre 2019 e il 11 gennaio 2020, in cui l'ex avvocato esterno di Eni ha svelato l'esistenza della presunta loggia Ungheria all'allora consigliere del Csm Davigo per poter denunciare la presunta inerzia ad indagare da parte dei vertici della procura milanese, in particolare del procuratore di Milano Francesco Greco (oggi in pensione) e dell'aggiunto Laura Pedio. Una consegna avvenuta a Milano nell'aprile del 2020, come da stessa ammissione di Storari.
Per il procuratore di Brescia Francesco Prete e il pm Donato Greco, che lo scorso 6 ottobre firmarono l'avviso di conclusione delle indagini, Storari ha agito "al di fuori di ogni procedura formale, per lamentare presunti contrasti'' insorti per quello che a suo avviso era un ritardo nelle iscrizioni e nell'avvio delle indagini. Un atto realizzato, per la procura di Brescia, ''in assenza di una ragione d'ufficio che autorizzasse il disvelamento del contenuto di atti coperti dal segreto investigativo e senza investire i competenti organi istituzionali deputati alla vigilanza sull'attività degli uffici giudiziari''.