Milano
Caso Nigeria, anche Ministero e Csm indagano sulla Procura di Milano
Avviate le indagini con richiesta degli atti relativamente al caso Eni/Shell-Nigeria. Il pm Paolo Storari: "Nessuno doveva toccare Amara"
Caso Nigeria, Ministero e Csm indagano sulla Procura di Milano
Ministero della Giustizia e Csm vogliono vederci chiaro e parte da Roma una inchiesta amministrativa attorno sulla Procura di Milano ed in particolare sulle indagini già in corso relativamente al caso Eni/Shell-Nigeria e alla gestione di Vincenzo Armanna, imputato e grande accusatore. Il procuratore della Repubblica Francesco Prete ha richiesto tra le varie carte anche le motivazioni della sentenza con cui il Tribunale di Milano ha assolto tutti gli imputati della vicenda nigeriana.
Il pm Paolo Storari, indagato dalla Procura di Brescia per rivelazione di segreto di ufficio in quanto avrebbe consegnato al Csm i verbali dell'avvocato Piero Amara, indagato, per tutelarsi dalla presunta "inerzia" dei vertici della Procura milanese, ha denunciato ieri che nessuno doveva "toccare" con le indagini Amara, in quanto doveva essere convocato al processo Eni-Nigeria e gli accertamenti sui profili di calunnia per le sue dichiarazioni sulla loggia Ungheria dovevano rimanere fermi per non comprometterlo come teste. Storari avrebbe aggiunto ieri che per gli stessi motivi sarebbe stato preservato anche Vincenzo Armanna, grande accusatore al processo.
Quando Storari, come da lui ricostruito nei due interrogatori di maggio davanti ai pm bresciani, raccolse a verbale nel dicembre 2019 le dichiarazioni di Amara sulla presunta loggia Ungheria, chiese ai vertici dell'ufficio diretto da Francesco Greco di poter effettuare le prime iscrizioni nel registro degli indagati e tabulati telefonici a riscontro delle parole dell'avvocato siciliano. Secondo quanto riferisce Ansa, non avrebbe ricevuto risposte alle sue richieste. Piu' o meno nello stesso periodo, ossia a gennaio 2020, Greco e l'aggiunto Pedio portarono a Brescia un passaggio di un verbale di Amara, nel quale quest'ultimo gettava ombre sul presidente del collegio del processo Eni-Nigeria, Marco Tremolada, e su presunte "interferenze" delle difese Eni sul giudice. Venne aperto un fascicolo dai pm bresciani che nei mesi successivi fu archiviato.
Secondo Storari, insomma, c'era una precisa linea da parte dei vertici che prevedeva di 'salvaguardare' Amara da possibili indagini per calunnia, perche' quest'ultimo sarebbe tornato utile come teste. Allo stesso modo, sempre secondo Storari, tutte le prove da lui raccolte sull'ex manager Armanna, tra cui chat falsificate e molto altro, nel fascicolo sul cosiddetto 'falso complotto Eni' non vennero prese in considerazione da Greco, De Pasquale, Pedio e Spadaro, ne' vennero depositate nel processo. Anche in questo caso perche' Armanna, 'grande accusatore', non poteva essere 'screditato'.