Milano

Che cosa succede al centrosinistra milanese dopo la nomina di Bardelli

Redazione

Tre considerazioni sulla nomina di Bardelli: Sala è autonomo rispetto al Pd. Milano non si piega alla Procura. E non c'è spazio per certi radicalismi

Che cosa succede al centrosinistra milanese dopo la nomina di Bardelli

La nomina di Guido Bardelli all'assessorato alla Casa del Comune di Milano  è una buona notizia. Lo dico così, senza infingimenti. Per varie ragioni. Punto primo. Dimostra che il sindaco di Milano è autonomo rispetto ai partiti, e in particolare al Partito Democratico. Non che ci fosse bisogno di conferma, beninteso. Un sindaco al secondo mandato è sempre autonomo, se poi si tratta di Sala, ancor di più. Sala è pronto a sfidare il partito che dovrà appoggiare la sua scalata alla presidenza di ANCI, pur di segnare un punto di svolta a Milano. E' sinonimo di carattere.

Urbanistica, il segnale di Sala: Milano non si piega alla Procura

Se poi ci saranno conseguenze politiche, lo vedremo. Ma io non lo credo: in tutti questi anni il Pd ha assunto posizioni concilianti e sempre collaborative e non sarà una certa freddezza di prammatica a cambiare questa cosa (per dire: Majorino non ha commentato, ed è lui il capo del partito a queste latitudini). Secondo punto. La nomina di Bardelli è un chiaro segnale a chi pensava che la giunta si sarebbe piegata alla Procura sulla questione urbanistica. Perché? Perché Bardelli conosce benissimo quella materia (era avvocato socio dello studio di cui fa parte anche Lucia De Cesaris), ed è antagonista a livello di posizioni rispetto a quelle espresse da via Freguglia. Eppure proprio in via Freguglia gode del massimo rispetto, e della massima stima. Avversario in aula, ma stimatissimo. Se c'era bisogno di un segnale che il Comune di Milano è un ente a se stante, che ha le sue ragioni e che le esercita, è arrivato.

Il modello Milano: radicalità nei diritti ma dialogo nell'azione amministrativa

Terzo punto. Riguarda la sinistra sinistra milanese, quella della coppia del livore Monguzzi-Corbani, il primo mai chiamato in giunta, il secondo fuori dall'orchestra Verdi di cui era dg. Beppe Sala non concede loro nulla, e chiama un moderato di centro, un ciellino (sì, essere ciellini non è un peccato ontologico), non solletica né cerca il consenso tra le fila del barbacettismo. E così riafferma il modello Milano. Quello della radicalità nei diritti ma dell'azione amministrativa dialogante, che ebbe in Pisapia il primo interprete e che - non a caso - ha visto l'intera giunta arancione a partire dal predecessore di Sala sostenere Pierfrancesco Maran, e non Cecilia Strada.

Per tutto il resto bisognerà attendere. Perché se una cosa è certa è che tra un anno circa iniziano le grandi manovre, del Pd e del centrosinistra, in una equazione pre-elettorale della quale Sala può far parte marginalmente, come tutti i sindaci uscenti che non vogliono e non devono mettere gravami sui successori. Ma di questo futuro per adesso nessuna pagina è scritta.








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