Milano

Covid, mente nell'autocertificazione: assolto ragazzo a Milano

Secondo quanto stabilito dalla sentenza non c'è nessuna norma di legge che obblighi a dire il vero

L'avvocato Maria Erika Chiusolo ha spiegato ad Adnkronos: "Il ragazzo è arrivato con una difesa d'ufficio dicendomi che lui, quel giorno era in realtà veramente al lavoro. Abbiamo aspettato come sarebbe andato il procedimento ed è arrivato il decreto di condanna penale. 2250 euro da pagare e 15 giorni di tempo per fare opposizione. Cosa che abbiamo fatto chiedendo il rito abbreviato subordinato al fatto che lui era effettivamente al lavoro". Perchè l'avvocato ha iniziato a chiedere documenti a fare i controlli, così come avevano fatto prima di lei gli agenti. "Probabilmente -spiega- c'e' stato un problema di chi ha verificato, forse un errore. Il ragazzo era un tirocinante in catena di negozi; io mi sono fatta dare tutti i documenti, ed era facilmente dimostrabile che era andato al lavoro. C'era perfino un responsabile della catena pronto a venire a testimoniare". "Il problema sì è risolto subito. Effettivamente nel nostro ordinamento non c'e alcuna norma che prevede di essere puniti per certificazioni non veritiere e questo ha anche sostenuto il pm e anche lui ha chiesto l'assoluzione". Spiega l'avvocato, che 2teoricamente queste autocertificazioni non sono in realtà degli atti destinati a provare la verità dei fatti e quindi non può esserci applicazione del reato di falsità e quindi non si può essere puniti penalmente"








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