“Ecco il perché del tuffo in Darsena”. D’Alfonso contro Rozza. La lettera
LETTERA DI FRANCO D’ALFONSO AD AFFARITALIANI.IT MILANO
Di Franco D’Alfonso
Consigliere lista “noi Milano”
Avevo promesso una spiegazione “sine ira ac studio” del gesto del bagno in Darsena di qualche giorno fa.
Il tuffo dei consiglieri comunali nelle acque (pulite) della Darsena è stato un gesto politico e come tale soggetto a valutazioni e polemiche evidentemente previste e volute fin dalla richiesta di autorizzazione debitamente presentata e, nei fatti, rimasta senza risposta, non essendo tale una mail arrivata due minuti prima dell’orario all’indirizzo dei richiedenti già debitamente in braghe d’ordinanza.
La prima contraddizione che si voleva evidenziare era proprio questa : chi autorizza una manifestazione politica o un evento in Darsena ? Nonostante o forse proprio a causa del 96esimo regolamento comunale introdotto tre mesi fa è pressocchè impossibile capire di chi sia la competenza : del comando dei vigili di Zona ? Della Questura ? Del Sindaco ? Del Demanio ? Mi fermo con l’elenco dei potenziali destinatari della richiesta, che arriverebbe tranquillamente alla trentina : non è un caso che nel ginepraio delle competenze a tagliare il nodo gordiano, seppure in ritardo anche sui tempi supplementari, sia chiamata una figura tipo Wyatt Earp a Tombstone che nell’affrontare i Clanton non poteva badare ai dettagli come il mandato di cattura firmato: correndo all’Ok corrall prese la prima carta a caso trovata sul tavolo, così come ha fatto l’Assessore alla Sicurezza, che ha afferrato il “regolamento Darsena” invece della norma sulle manifestazioni politiche che pure proprio lei, nella versione di consigliere comunale, fece introdurre, con debito corredo di deroghe su tempi e costi..
L’opposizione all’impostazione del Regolamento Darsena di qualche mese fa era proprio basata sul fatto che avrebbe rappresentato un passo indietro nella gestione di una zona critica ma di grande interesse di Milano, introducendo nuove parcellizzazioni di competenze invece che semplificare il processo.
La precedente amministrazione aveva investito molto sulla Darsena anche e forse soprattutto in termini di governo e marketing del territorio. L’eredità ricevuta dal centrodestra era una zona con sviluppo incontrollato ed indiscriminato dei bar che occupavano come “iniziativa culturale” la gran parte dei marciapiedi e delle sponde dei Navigli pagando un totale di 18 mila euro/anno di occupazione suolo, un caos parcheggi e traffico, una media di tre risse con feriti ogni fine settimana, una totale incomunicabilità tra residenti e commercianti.
Il nuovo regolamento suolo pubblico, l’introduzione delle isole pedonale su sponde e via Casale e via Corsico, la ricollocazione e riqualificazione della Fiera di Sinigaglia, l’organizzazione di eventi civici, dal Ferragosto in città al Villaggio di Natale passando per una decina di manifestazioni organizzate dai privati, dal Centenario della Gazzetta alla N’docciata di Agnone con mai meno di ventimila persone presenti sono solo alcune delle pratiche sperimentate, direi con qualche successo, sulla nuova Darsena.
Dal punto di vista economico, i risultati sono stati il passaggio a 350 mila euro anno di suolo pubblico dai bar con una riduzione del 50% per mq della densità di tavolini, l’istituzione di servizi speciali Amsa pagati anche con il contributo degli esercenti, il completamento di lavori intorno alla Darsena per un controvalore di 3 milioni di euro, che di fatto si sono aggiunti alle svariate decine di milioni per investiti per i lavori di riqualificazione, oltre al costo ridotto al minimo storico di tutte le manifestazioni organizzate dal Comune grazie all’accordo con la società pubblica Navigli Scarl.
Il tutto è avvenuto attraverso un faticoso, spesso conflittuale ma continuo lavoro di confronto fra i Municipi interessati, i quattro assessori e relativi venti-venticinque uffici collegati, le associazioni dei residenti, dei commercianti e degli artigiani nonché delle organizzazioni presenti in zona, come l’Auditorium Verdi o la ex Fornace, che ha trovato in nel Duc Distretto Urbano del Commercio la sede “istituzionale” imperfetta, ma funzionale.
Altri progetti erano stati messi in cantiere con un accordo con Regione-Navigli Scarl per affidare ad un organismo pubblico la co-gestione Regione Comune soggetti privati dell’intera zona Navigli in maniera da superare i conflitti di competenza interna agli uffici e la politica del dettagliato regolamento generale che inevitabilmente non riesce a prevedere la novità se non dopo che avviene il disastro : per intenderci, la famosa “notte delle lanterne” con decine di migliaia di persone impreviste ed il traffico in tilt si determinò perché la Questura diede l’autorizzazione ad una “manifestazione religiosa” di 200 persone sulle rive senza avvisare nessuno dell’Amministrazione comunale.
Vi era anche un accordo in base al quale la Regione avrebbe, attraverso Navigli Scarl, provveduto a completare l’attrezzatura portuale , dagli attracchi alla segnaletica ( ancora oggi inesistente, compresa quella che dovrebbe riportare il divieto di balneazione..) all’installazione di telecamere di sorveglianza e perfino il ripristino di bagni pubblici interrati in piazza xxiv maggio : accordo non ancora tradotto in atti, ma per il quale Regione aveva accantonato nel bilancio 2016 500 mila euro da destinare all’infrastruttura.
La nuova amministrazione ha legittimamente deciso di non dare seguito a questa impostazione, seguendo l’impostazione dell’ufficio Demanio, che dopo anni di sonno andava rivendicando la propria competenza sull’area portuale ( lo specchio d’acqua della Darsena ed i primi metri del Naviglio Grande) che si estende fino a 7,5 metri dalla riva : oltre tale limite scatta la competenza dell’ufficio suolo pubblico , che decide con criteri, tariffe, periodi e principi diversi, sentito l’Ufficio Tombini (reale) , la MM per il sottosuolo , l’arredo urbano, la Soprintendenza ed un paio di altri uffici che al momento colpevolmente mi sfuggono.
Il Regolamento approvato dopo infinite sedute ha rovesciato completamente l’impostazione precedente : nessuna iniziativa ( “non abbiamo soldi” ) da parte del Comune, nemmeno in termini di stimolo e coordinamento , una griglia di regole e passaggi finalizzate ad un unico scopo, quello di dire si o no a richieste del tutto random che provengono dal “mercato”.
Con il “tuffo” volevamo dimostrare che non è buona amministrazione regolare con divieti o permessi le iniziative. Non dovevamo certo aspettare qualche lezioncina fuori luogo per sapere che la balneazione richiede alcune condizioni di sicurezza ( salvataggio, circolazione natanti etc) che non si può improvvisare : il togliersi il problema con un “non si può” è più comodo (soprattutto per gli uffici) che studiare la possibilità di aprire una zona balneazione in porzioni della Darsena, per periodi. orari e giornate limitate, creando una “cartolina” di Milano che andrebbe su tutti i tg del mondo senza richiedere a dei consiglieri un po’ imbolsiti di creare loro l’evento..
Fuor dallo scherzo ed anche dalla competenza stretta del Comune, il divieto di balneazione sui Navigli toglie opportunità ed abitudini secolari per tutto il percorso metropolitano delle Vie d’Acqua : perché mai a Cassinetta o a Gaggiano non si potrebbe organizzare una iniziativa di questo tipo (oltre alla Maratona già arrivata per due volte in Darsena, senza che nessuno sia stato colpito da leptospirosi..) ?
Il risultato di una gestione “passiva” della Darsena è già visibile : le iniziative sono poche e non coordinate e, come sa chiunque abbia amministrato con lo sguardo sulla città non offuscato dalla caduta della visiera dell’elmetto sugli occhi, gli spazi vuoti sono occupati dall’abusivismo e perfino dagli eventi rave organizzati non sempre da specchiati professionisti del divertimento .
Lungi dal voler sollevare un gallinaio inutile, testardamente riproveremo a riportare il tema sulla gestione della nostra amata Darsena .