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Festival Mahler: la 3^ dell'Orchestra Sinfonica incanta il pubblico
Festival Mahler: la 3^ dell'Orchestra Sinfonica incanta il pubblico

Festival Mahler: la 3^ dell'Orchestra Sinfonica incanta il pubblico

Alla fine il vostro cronista è uscito dall'Auditorium come paralizzato "dall'infinita vulnerabilità dell'adagio di Mahler, da quella semplicità che non è artificio, che non è una strategia, che si distende – si ha quasi l'impressione – col passo raccolto della vita e con tutta la riluttanza della vita a terminare". Così Philip Roth, il più grande scrittore americano a cavallo tra i due secoli – tanto grande da non aver mai vinto il Premio Nobel – descriveva ne “La macchia umana” l'ultimo movimento della 3^ sinfonia di Gustav Mahler. Eseguita in maniera così magistrale domenica pomeriggio  dall'Orchestra Sinfonica di Milano da lasciare nel vostro cronista, e in tutti gli ascoltatori di un Audiutorium esaurito, una sensazione di felicità musicale rara, perché in un concerto c'è sempre qualcosa che non va e invece questa volta tutto è stato perfetto.

La compagine sinfonica milanese, che sta festeggiando i suoi trent'anni con il Festival Mahler presentato da questa testata il 23 ottobre, è ormai solida, matura, eccellente in tutte le sue componenti; e Claus Peter Flor un direttore di grande energia e sensibilità che meriterebbe una maggiore notorietà mediatica.

La 3^ di Mahler: una sinfonia gigantesca

Il primo movimento di questa gigantesca sinfonia (la più lunga mai composta nella storia della musica, circa un'ora e mezza) è una lotta titanica tra elementi primordiali, macigni scagliati dal Creatore che con il loro scontro generano la Natura. Qui è emersa una formidabile sezione fiati, in particolare gli ottoni. Gli otto corni all'unisono delle battute iniziali sembravano altrettanti forgiatori di metallo fuso che battevano i loro martelli sull'incudine con perfetta, primitiva violenza. E di altissimo livello anche le trombe e i tromboni (i tre assoli di questo meraviglioso strumento dalla luce sporca restano incisi nella pelle come un tatuaggio indelebile).

Flor ha domato questa materia incandescente dirigendo la sinfonia un po' con la clava e un po' col fioretto, a seconda della necessità. I movimenti centrali sono stati eseguiti con la malinconica eleganza che richiedono e le due sezioni vocali con grande profondità. Eccellenti il coro femminile e quello di voci bianche e il mezzosoprano Anke Vondung nella sua breve ma intensa parte. Poi, subito dopo il “bim bam” più volte ripetuto dalle voci bianche fino a spegnersi lentamente, l'attacco denso dell'adagio finale con i contrabbassi, i violoncelli e le viole, poi raddoppiati dai violini e più in là raggiunti dai fiati e dalle percussioni.

La 3^ di Mahler che estasiò anche Philip Roth

E qui facciamo ancora ricorso a Roth: "Eravamo paralizzati dalla squisita giustapposizione di grandezza e intimità che inizia nella calma, sonora, misurata intensità degli archi e poi si alza a ondate verso il massiccio falso finale che porta a quello vero, prolungato, monumentale. Eravamo paralizzati dal gonfiarsi, dall'ascendere, dal raggiungere l'acme e dallo spegnersi di un'orgia elegiaca che scorre e scorre e scorre con un ritmo deciso e immutabile, a tratti cedendoti il passo, a tratti tornando come una pena o una nostalgia che vuole sparire".

Philip Roth sarebbe uscito dall'Auditorium felice, addentrandosi trasognato nella notte milanese.


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