Milano

Joaquìn Sorolla: a Palazzo Reale il pittore della luce e della gioia

di Gian Piero Rabuffi

Il Palazzo Reale di Milano ospita la mostra dedicata al maestro spagnolo, a inizio Novecento considerato il più grande pittore vivente

Joaquìn Sorolla: a Palazzo Reale il pittore della luce e della gioia

Nel 1908 Henri Matisse, in qualità di membro della giuria del Salon d'Automne di Parigi, respinge  alcune tele proposte da Georges Braque contestando la composizione a "piccoli cubi". Erano creazioni alle quali Braque aveva iniziato a lavorare dopo essere rimasto fortemente impressionato da una tela vista nello studio di Pablo Picasso poco tempo prima, intitolata "Demoiselles d'Avignon". Concetti molto simili sarebbero stati utilizzati nel novembre del 1908 dal critico Louis Vauxcelles per descrivere alcune opere di Paul Cezanne esposte all'Estaque: "Cezanne maltratta le forme, riduce tutto, luoghi, figure, case, a schemi geometrici, a cubi". Vauxcelles non era stato del resto meno indulgente tre anni prima, affibbiando l'appellativo di "belve" (fauves) proprio a Matisse e ad alcuni suoi esuberanti sodali troppo appassionati del colore. Curiosamente, in quello stesso Salon d'Automne del 1908 così poco generoso con Braque faceva il suo esordio nel mondo dell'arte, grazie all'intercessione del fratello Jacques, tale Marcel Duchamp, che all'epoca - e non per molto - faceva ancora uso di tavolozza e pennelli. Nel frattempo nel 1908 a Londra lo spagnolo Joaquìn Sorolla y Bastida veniva incoronato "il più grande pittore vivente al mondo".

Il posto di Sorolla nella storia dell'arte

Il tempo, è evidente, ha corretto le prospettive. E se oggi Cezanne, Picasso, Matisse, Duchamp sono unanimemente riconosciuti come coloro che con le loro intuizioni hanno spianato la strada ad un secolo e oltre di rivoluzioni estetiche, il nome di Sorolla è lungamente caduto nel dimenticatoio, tanto da non risultare oggi così familiare al grande pubblico. Il pendolo della storia e della critica d'arte sembra tuttavia essersi rimesso in moto, alla ricerca di un diverso equilibrio. E da qualche anno si assiste ad una  fase di assestamento che si sta traducendo in un rinnovato interesse per la pittura del valenciano, la cui reputazione è tornata così a crescere, restituendo al suo nome ritrovato prestigio. Sulla scia della mostra alla National Gallery di Londra del 2019, centoundici anni dopo il trionfo di inizio Novecento, ecco dunque anche Palazzo Reale di Milano aprire le proprie sale all'artista spagnolo, con una esposizione a cura di Micol Forti e Consuelo Luca de Tena in collaborazione con il Museo Sorolla di Madrid, visitabile sino al 26 giugno.

La mostra milanese restituisce l'immagine di un pittore in possesso di una grandissima capacità tecnica che gli ha consentito di eccellere tra gli artisti del suo tempo, ma ben racconta anche l'autentico e profondo impegno profuso dal maestro valenciano, ambizioso e tenace nel perseguire l'affermazione professionale, disposto per la propria arte anche a farsi carico di gravosi impegni e committenze che ne avrebbero infine minato la salute. Sforzi e sacrifici che è opportuno sottolineare perché ci vuol poco a farsi abbagliare dal nitore che emana dalle sue tele e farsi travolgere dal senso di esaltante e gioiosa leggerezza che pervade molti suoi lavori. Un entusiasmo nel quale può insinuarsi un retrogusto dal sapore più ambiguo: la sensazione di un'arte facile, troppo facile.

Sorolla nella Spagna di fine Ottocento

Doverosa una rapida contestualizzazione. Il talento di Sorolla, nato nel 1863, emerge sul finire del Diciannovesimo secolo in una Spagna ancora attardata dal punto di vista estetico rispetto ai grandi centri propulsivi europei. La proposta dell'artista, che ha la possibilità di viaggiare molto, soprattutto tra Parigi e l'Italia, è sin da subito orientata ad una forma evoluta e sofisticata di impressionismo, di cui fa propri i capisaldi della resa dal vero del soggetto e di un efficacissimo studio della luce e dei suoi effetti. Allo stesso tempo Sorolla non sa nè vuole rinunciare ad una più disciplinata definizione della linea e della corporeità, che lo àncora ad un realismo mai tuttavia stantio e manieristico, grazie ad un formidabile senso della figura e del dinamismo dei soggetti. E' del resto il suo desiderio di trovare rapida affermazione attraverso grandi esposizioni ed importanti concorsi che lo indirizza nei primi anni di carriera verso un realismo connotato di esplicite venature sociali. Era quello che le giurie ricercavano. E Sorolla non si tira indietro con opere talvolta sul crinale di un certo pietismo, come "Tratta delle bianche" o "E poi dicono che il pesce è caro!" (entrambe datate 1894).

Tratta delle bianche 1894"Tratta delle bianche", 1894
 

Il grande successo e l'abbandono dei temi sociali

I risultati migliori sono raggiunti laddove l'artista coniuga la tematica realistico-sociale con la ricerca di contesti a lui pienamente congeniali: con "Ritorno dalla pesca" (1894) consegue la "medaglia di prima classe" al Salon de la Société des Artistes Francais, il monumentale "Cucendo la vela" (1896) è una dichiarazione di intenti ancora più forte, "Triste eredità!" (1900) gli vale infine la definitiva consacrazione con la vittoria del Grand Prix all'Esposizione universale di Parigi. La grande e memorabile scena di bambini poliomielitici accompagnati al mare dai fratelli dell'ospedale dell'Ordine di San Giovanni di Dio a Malvarrosa rappresenta un punto di svolta. L'osservatore è incerto se provare compassione per i soggetti rappresentati o se godere con loro della brezza marina e della calda luce del sole che li avvolge, così sontuosamente resa da Sorolla. Ed è l'artista stesso a decidere di superare l'impasse: ottenuto il tanto agognato riconoscimento internazionale, abbandona pressoché definitivamente le tematiche sociali per dare piena voce a quella che riconosce essere la sua vena più autentica e genuina, dedicandosi a gioiose scene di vita in riva al mare.

pomeriggio sulla spiaggia a valencia 1904"Pomeriggio sulla spiaggia a Valencia", 1904
 

Sorolla "pittore della luce", tra Valencia e Biarritz

Come biasimare una scelta che può apparire di disimpegno ma che evidentemente risponde a sincera vocazione, laddove erano al contrario i soggetti di denuncia sociale a costituire di fatto una specie di imposizione? E del resto la reputazione di "pittore di luce" appare troppo calzante e meritata perché Sorolla non ne faccia il proprio tratto distintivo. Tra Valencia e Biarritz si susseguono in rapida e felice successione scorci, immagini e visioni abbacinanti, nei quali l'energia vitale del sole domina nel gioco con i riflessi del mare, dialoga con le poche ombre che le si oppongono, nutre e riscalda la pelle nuda dei giovani figli dei pescatori  e inonda di luce gli eleganti abiti delle signore e dei signori della Belle Époque in villeggiatura. "Pomeriggio sulla spiaggia di Valencia" (1904), "Istantanea, Biarritz" (1906), "Idillio al mare" (1908), "Spiaggia di Valencia al mattino" (1908), "La veste rosa" (1916) sono solo alcune delle cartoline magistralmente eseguite da un uomo in piena e perfetta sintonia con la propria arte. Sorolla è un professionista realizzato, acclamato e richiestissimo, un marito ed un padre felice, innamorato della moglie Clotilde e dei figli Maria, Joaquìn ed Elena, spesso protagonisti dei suoi dipinti.

I giardini di Sorolla e la "Visione della Spagna"

Lo stesso spirito vibrante e leggero si ritrova a partire dal 1907 dalle sempre più numerose impressioni di quei giardini con i quali, per donare alla propria famiglia un luogo accogliente ed idilliaco in cui vivere, decora e abbellisce le proprie residenze. Ma più di ogni altra cosa, Sorolla continua ad amare la pittura. E' così che, sulla scia dello straordinario successo che gli arride anche negli Stati Uniti a partire dal 1909, accetta l'impegnativa proposta del mecenate Archer Milton Huntington di realizzare un ambizioso ciclo decorativo intitolato "Visione della Spagna" per la biblioteca dell'Hispanic Society. Pannelli alti tre metri e mezzo per una lunghezza complessiva di settanta metri con i quali illustrare le varie regioni della Spagna attraverso il folklore e le tradizioni dei loro abitanti. Un'impresa che porta Sorolla a viaggiare per la penisola iberica in lungo e in largo, lasciando per lungo tempo il nido familiare impegnato in spossanti trasferte nelle zone più remote del Paese. L'artista onorerà l'impegno completando con la consueta ispirazione il ciclo, ma la fatica della sfida lo porta gradualmente alla malattia che lo allontanerà dalla pittura e infine porterà alla morte nel 1923.

Sposa lagarterana 1912"Sposa lagarterana", 1912
 

Una parabola che testimonia come a muovere l'artista non fosse la ricerca fine a se stessa di consensi che poteva peraltro ormai continuare ad ottenere con sforzi infinitamente minori, ma un senso altamente etico del proprio ruolo e la profonda devozione per la pittura di un uomo che sapeva di aver già ottenuto da essa ogni gratificazione, spirituale e non. Un'autenticità che riscatta e nobilita l'inarrestabile successo che arrise a Sorolla in vita - se mai questo dovessimo considerare come una colpa  che i posteri in qualche misura abbiano inteso fargli espiare. Tale autenticità è sopravvissuta al tempo, alle mode ed alle correnti, restando oggi assieme all'indubbia felicità espressiva del linguaggio di Sorolla il caposaldo da cui muove il rinnovato desiderio di farsi sedurre dalle sue abbaglianti tele.       

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