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La dama di Picche: Zangiev sostituisce Gergiev e conquista la Scala

La dama di Picche: Zangiev sostituisce Gergiev e conquista la Scala

Dunque, dov'eravamo rimasti? Ah, sì, alle 23,45, mezzanotte meno un quarto di mercoledì 23  febbraio, Valery Gergiev depone la bacchetta (o meglio, quella specie di stuzzicadenti che impugna con la mano destra) al termine di una memorabile – musicalmente parlando – prima de La dama di picche di Čajkovskij. Siamo a Milano, Teatro alla Scala.

Poche ore dopo, alle 4 di mattina del 24 febbraio, Vladimir Putin, di professione dittatore della Russia, nonché amico del direttore, invade l'Ucraina. Quello che è successo e sta succedendo lo vediamo in tempo reale in tv e in rete. Sappiamo anche cosa è successo nel micromondo dell'opera: il sindaco di Milano Giuseppe Sala, nella veste di presidente del consiglio di amministrazione della Scala, chiede a Gergiev la condanna della guerra putiniana. L'irsuto direttore russo non parla. A catena arrivano disdette da New York, da Monaco e da tutti gli altri teatri occidentali in cui avrebbe dovuto dirigere nelle prossime settimane. Sale sul suo aereo privato e se ne torna in madrepatria, dove il 6 marzo dirige un concerto “patriottico” al teatro  Mariinskij di San Pietroburgo con il pianista Danil Matsuev, altro  “non dichiarante”. Mentre la Divina, il soprano russo Anna Netrebko, ha dichiarato “No alla guerra”, ma poi per par condicio ha postato una sua foto con Gergiev, e quindi anche per lei sono scattate le sanzioni; anzi, le autosanzioni, nel senso che si è ritirata lei dagli impegni, il primo dei quali proprio con La Scala e poi col Metropolitan.

Russia-Ucraina: i timori di una deriva "cancel culture"

Caccia al musicista russo quindi? Rischio di un pogrom culturale in Occidente a spese di artisti col passaporto di Mosca? Per adesso sembra che la caccia sia limitata a quelli politicamente e mediaticamente più esposti, gli “oligarchi della musica” come Gergiev. Sperando che la cosa non diventi  un attacco generale indiscriminato alla cultura russa in quanto tale: visto il miserando episodio del corso su Dostoevskij bloccato all'università Bicocca di Milano, i timori di una deriva “cancel culture” ci sono tutti. E su questo è nostro dovere civile vigilare. Perché Putin è il sanguinario dittatore della Russia, ma Cajkovskij, Musorgkskij, Rachmaninov, Shostakovic, Prokofiev, Stravinskij; e Gogol, Puskin, Tolstoj, Dostoevskij, Cechov ecc. sono patrimonio dell’umanità. E quella de La dama di picche è musica di straziante bellezza.

Teatro alla Scala: la seconda rappresentazione della Dama di picche

Ma torniamo alla Scala. Sabato 5 marzo era in programma la seconda rappresentazione della Dama di picche, che avrebbe dovuto appunto essere diretta da Gergiev. Al suo posto La Scala ha chiamato il suo giovanissimo assistente, Timur Zangiev, 27 anni, nato in Ossezia del Nord, quindi territorio russo e, guarda caso, zona di origine di Gergiev. Zanghiev ha diretto la prova d’insieme dell'opera con l'orchestra scaligera, che voci interne al teatro dicono sia stata conquistata da questo giovane dall'aria paciosa (l'opposto del torvo sguardo dell'irsuto Gergiev), ma soprattutto precocemente  bravo. Nel suo profilo sul sito del teatro Mariinskij leggiamo che si è diplomato al conservatorio di Mosca sotto la guida di un “monumento” come Gennadi Rozhdestvensky; finora ha diretto solo in Russia, le orchestre di Togliatti (la città industriale che noi chiamiamo Togliattigrad), del Mariinsky, dello Stanislavsky, la Russian National Orchestra e la National Philharmonic Orchestra of Russia. Nel suo repertorio Don Giovanni, Bohème, Tosca, Iolanta. È quindi la prima volta che dirige in Occidente, e il suo esordio alla Scala verrà ricordato negli annali della lirica come un evento storico. In dieci giorni chi scrive ha personalmente assistito a quello che probabilmente rimarrà l'ultimo concerto di Gergiev nel mondo occidentale e al primo di una giovane stella che comincia a brillare.

Dama di Picche: il 27enne Zangiev conquista la Scala

Dello spettacolo nel suo insieme abbiamo già scritto su Affaritaliani Milano  il 24 febbraio, quindi non resta che parlare di Timur Zangiev. Avendo preparato l'orchestra, sia la partitura sia gli strumentisti erano già “in sua mano”, per così dire. Impressiona constatare che un ragazzo di 27 anni sia già così padrone di mezzi tecnici e artistici di assoluto livello, indubbiamente è un predestinato e sarà un protagonista dei prossimi decenni delle scene musicali mondiali. La sua lettura è elegante e profonda, rigorosa e sensibile, tersa e vibrante, capace di gestire con altrettanta sicurezza i momenti drammatici e quelli più convenzionali, come la pastorale che in sostanza è un elegante pastiche mozartiano. Detto questo, non è Gergiev, o forse non è ancora Gergiev, come del resto è naturale che sia. La distanza si è sentita soprattutto nell'introduzione del quarto quadro, quello della Contessa, con l'ostinato ossessivo degli archi. Gergiev era riuscito a trasmettere una elettricità allucinata, febbrile, una suspence hitchcockiana che ti stringeva inesorabilmente alla gola; il trasporto su un'altra dimensione. Il giovane allievo dirige bene, anzi benissimo, ma quel senso di straniante follia non è ancora nelle sue mani (per la cronaca, dirige senza bacchetta, e senza stuzzicadenti).

Dama di Picche: la regia e gli interpreti

La regia. Alla prima l'avevamo percepita distrattamente, soggiogati come eravamo dalla parte musicale. Sabato sera ci siamo concentrati un po' più e ne abbiamo potuto valutare la pochezza. Chi scrive, nel gioco della torre tra Zeffirelli e Carsen butterebbe senza esitazione giù il primo, quindi ama le scenografie spoglie e le regie che sottraggono anziché aggiungere. Ma qui si è sottratto dal niente. La scena più riuscita è quella del disperato duetto tra Liza e Hermann sulle rive della Neva, con la nebbia tetra del fiume. Per il resto da segnalare solo che nel primo quadro sono stati tolti i mitra dalle mani dei bambini che giocano alla guerra; nella prima rappresentazione c'erano, ma l'Ucraina non era stata ancora invasa. Ragionevole concessione registica al clima geopolitico che ci avvolge tutti come una cappa nera.

Poco da aggiungere sulla sublime Asmik Grigorian, la nuova carismatica Divina sulle scene liriche mondiali, e sul tenore Najmiddin Mavlyanov, che sostiene alla grande l'impervia partitura, una delle più ardue mai scritte per un tenore. E infine ancora due righe sul coro della Scala: grande prova anche sabato sera, a conferma del livello planetario di questo organico, uno dei nostri maggiori  orgogli nazionali.

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