Milano

Milano, che cosa vuole fare il centrosinistra da grande?

Ripartire dal basso non può significare solo coinvolgere i corpi intermedi, il terzo settore, la cooperazione, gli amministratori dei Municipi. Il centrosinistra deve ripensare alla cultura della rappresentanza e della partecipazione. Il commento

di Anna Catasta

Milano, che cosa vuole fare il centrosinistra da grande?

Il centrosinistra  e Milano. Continua il confronto sulle pagine di Affaritaliani.it Milano, con uno sguardo rivolto in particolare al fondamentale appuntamento delle Comunali 2027. Dopo gli interventi di Piervito Antoniazzi e Massimo Ferlini, ecco il contributo di Anna Catasta, già parlamentare europea ed oggi vicepresidente del Circolo e Centro Studi Emilio Caldara.

Cosa faremo da grandi?

Milano sta vivendo in questi mesi una stagione ricca di appuntamenti interessanti sul tema ‘come fare svegliare la città e la politica’.

Piervito Antoniazzi e Massimo Ferlini sono intervenuti su questo giornale proponendo percorsi e approcci condivisibili e nelle prossime settimane altre occasioni sono in cantiere per tentare di costruire percorsi di rinnovamento e di rinascita quanto mai necessari.

Sono stata invitata e parteciperò ad alcuni di questi appuntamenti anche se devo constatare che conosco da tempo molte delle persone che li promuovono e quindi mi sorge spontanea una domanda: come cambiare se siamo sempre gli stessi e le stesse? Certamente l’esperienza maturata da ognuno di noi in diversi ambiti della vita della città, e non solo, rappresenta un capitale prezioso da investire ora per tentare di dare una svolta alla dimensione pubblica della vita urbana.

Ma citando il giovane cantautore Lucio Corsi, rivelazione del Festival di Sanremo, direi che forse ‘nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi’…..

Civismo, solidarietà, riformismo possono insieme ad altre comunità politiche e sociali pensare concretamente alla città, al suo domani prossimo, cercando risposte concrete e sostenibili al tema della casa, del lavoro e del benessere.

Ma per capire ‘cosa faremo da grandi’ secondo me, che sono già molto grande, occorre partire dal basso, come ricorda Piervito Antoniazzi, senza sognare leader (uomini o donne) salvifici e soli.

Ma ripartire dal basso non può significare solo coinvolgere i corpi intermedi, il terzo settore, la cooperazione, gli amministratori dei Municipi; bisogna spingersi più in là. Dobbiamo ripensare in questa stagione di stanchezza della democrazia e della politica alla cultura della rappresentanza e della partecipazione.

Non credo sia necessario ricordare la sempre più ridotta partecipazione al voto anche locale; il punto su cui interrogarci è la scarsa attrattività dei percorsi partecipativi e di rappresentanza nella dimensione pubblica della città.

Non possiamo rassegnarci a praticare solo la partecipazione e la rappresentanza di emergenza, per disperazione, contro l’ultimo attacco alla democrazia e ai diritti, chiamando i cittadini in piazza e gli elettori a votare per arginare il nemico. Le ultime elezioni europee hanno visto candidature importanti finalizzate troppo spesso solo a prendere voti senza un patto reale tra eletti ed elettori, tra Milano e l’Europa. Tutto questo si traduce ancora una volta, come sottolinea Massimo Ferlini, in meccanismi sterili di rappresentanza; gli eletti o non contano o diventano amministratori ma dove va a finire la partecipazione?

Non si può scappare da una riflessione seria su come promuovere la partecipazione alla dimensione pubblica della città.

I ruoli di rappresentanza sono faticosi, richiedono un continuo impegno di sintesi che eviti sia culture elitarie, sia culture populiste; non possono essere esercitati tutta la vita ed esigono continue verifiche e validazioni.

Il Movimento 5 Stelle ha tentato negli anni passati, con un certo successo, forme di democrazia on line ma alla prova dei fatti, soprattutto a Milano, non ha saputo consolidare veri rapporti sostenibili ed efficaci tra elettori ed eletti, facendo emergere scontri e rivendicazioni.

Cosa può funzionare a Milano? Bisogna superare una cultura elitaria che si riferisce solo a una parte della popolazione, ma affrontare con coraggio la sfida di stare in mezzo a comunità molto diverse tra loro non solo per cultura e tradizione, ma anche per diritti, situazione sociale, condizione abitativa.

Molte città in Europa e nel mondo si trovano a vivere situazioni analoghe, con la popolazione ‘locale e autoctona’, ormai ridotta a una minoranza, anche se influente; l’attrattività di Milano cresciuta in questi anni dopo l’Expo come ha cambiato la popolazione e soprattutto come ha messo in crisi i modelli di partecipazione sperimentati negli anni passati?

Le tre culture politiche richiamate da Piervito Antoniazzi (civismo, solidarismo, riformismo) non devono solo incontrarsi e produrre idee concrete ma anche riflettere sulla partecipazione e la rappresentanza per costruire tenacemente e in fretta nuovi ambiti e percorsi.

Una recente ricerca dell’Università IULM ‘Indagine sui quartieri di Milano’ presentata in questi giorni al Circolo Emilio Caldara mette in risalto che le donne milanesi sono più critiche rispetto alla qualità della vita di Milano degli uomini. Al netto delle motivazioni intuibili alla base di questo scontento (difficile condizione di conciliazione tra lavoro e famiglie etc) occorre capire come dare rappresentanza a questa condizione per coltivare proposte e partecipazione.

Forse anche un certo femminismo di maniera dovrebbe non girare la testa dall’altra parte e cominciare ad ascoltare le persone e le donne che abitano Milano.  L’ascolto politico non strumentale, categoria che pare vecchia, ma che è alla base delle relazioni vive delle comunità e delle reti attive nella città è forse la chiave per dare anima ai percorsi politici e a una nuova dimensione pubblica di Milano.

Così, per citare ancora Lucio Corsi e il suo Album ‘Cosa faremo da grandi?’ per non buttare ‘nel vento il lavoro di anni’ penso che dobbiamo lavorare per un ricambio della classe politica, non burocratico ma reale, espressione della Milano di oggi, accettando le inevitabili contraddizioni e conflitti.

Anna Catasta
vicepresidente del Circolo e Centro Studi Emilio Caldara







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