Milano
Milano, il civismo è l'antidoto. Ma serve anche una classe politica di qualità
Centrosinistra, riformismo, civismo verso Milano 2027. Giacomo D'Alfonso interviene nel dibattito avviato su Affaritaliani.it: "Oggi realtà ben diversa rispetto al 2011. Pesa l’inadeguatezza strutturale dei politici attualmente in carica". Commento

Milano, il civismo è l'antidoto. Ma serve anche una classe politica di qualità
Centrosinistra, riformismo, civismo verso Milano 2027: su Affaritaliani.it prosegue il dibattito avviato da Piervito Antoniazzi di Demos e che ha già visto partecipare Massimo Ferlini, Associazione Remade in Italy, e Anna Catasta, Centro Studi Caldara, Mauro Vaiani, segretario di Autonomie e Ambiente (rete italiana referente di Alleanza Libera Europea). Il contributo del civico Giacomo D'Alfonso (Crircolo Caldara) punta l'indice sulla generalizzata scarsa qualità della classe politica milanese a centrosinistra.
Chi mi ha preceduto in questa riflessione ha colto con precisione diversi aspetti condivisibili, oltre a esprimere un comune impulso e una visione concorde sulla necessità di canalizzare le energie già presenti nella città – incarnate da numerose realtà sociali e civiche – verso un impegno politico attivo, solidale e riformista. È un’idea che non posso contestare in linea di principio, ma che, al tempo stesso, non mi convince del tutto. Le esperienze del civismo politico hanno sempre fornito un ritorno elettorale a cui però – salvo rare eccezioni e con l’estrema fatica di pochi – ha sempre fatto seguito un abbandono post votazioni.
La strategia delineata mi appare infatti come una soluzione già sperimentata, un “usato sicuro” che, pur avendo contribuito a risolvere difficoltà passate e rappresentato la chiave dei successi politici degli ultimi anni, oggi rischia di rivelarsi inadeguata. Le sfide e le criticità che Milano e la politica si trovano ad affrontare sono profondamente mutate. E quando somigliano a quelle del passato, non è perché siano state efficacemente affrontate, ma perché, irrisolte, si sono nel frattempo aggravate.
Il civismo antidoto alle patologie strutturali della rappresentanza politica. Ma non basta
Il civismo è certamente un antidoto alle numerose patologie strutturali delle varie forme di rappresentanza politica, un modo per portare nuove energie e cercare di rimettere in collegamento con la vita politica una società sospettosa e diffidente verso i partiti. Il civismo fu un elemento determinante nel 2011, ma oggi la realtà è ben diversa.
Il 47/48% dell’affluenza alle ultime comunali e il 68% alle politiche del 2022 (a fronte di un ben peggiore 64% nazionale) sono sintomatici di un malessere che non può più essere interpretato con una sfiducia nei politici ma deve necessariamente essere letto dalla più ampia prospettiva di arretramento della democrazia nel mondo occidentale.
La disaffezione alla politica non è più spiegabile con un semplice sentimento negativo verso i Partiti – ormai, come dice Ferlini, semplici comitati elettorali più o meno permanenti – ma va letta come una sfiducia del cittadino nella possibilità di risolvere i suoi problemi e quelli della sua comunità attraverso il voto e, per sineddoche, la democrazia.
Sono profondamente convinto che la scarsa affluenza alle urne e la sterilità del dibattito pubblico democratico a Milano siano dovute al fatto che la politica – intesa come l'insieme dei rappresentanti istituzionali e del mondo politico – non abbia mai affrontato né risolto le questioni di rilievo che si sono presentate in città.
Con molte amiche e amici con cui mi confronto sul tema, mi capita spesso di porre questa domanda: “Quante persone valide e capaci che conosci direttamente fanno politica?”. La risposta è sempre la stessa: nessuna.
Ora, è chiaro che il mio piccolo sondaggio personale non abbia valore statistico. Tuttavia, il dato di realtà che ne emerge è lampante: nel centrosinistra è urgente e imprescindibile una riflessione radicale sulla qualità del proprio personale politico, sulla sua reale preparazione e sulla sua capacità di affrontare le sfide del nostro tempo.
Due problematiche che il centrosinistra non ha veramente affrontato
Mi permetto di fare due esempi che rappresentano, per diversi motivi, problematiche emblematicamente concrete e anche ricche di significato politico.
1. A luglio di quest’anno cadrà il decimo anniversario del lancio, da parte di Foodora (chi se la ricorda?), della prima app in Italia per la prenotazione online di pasti e la consegna a domicilio. Oggi i rider delle società aderenti ad Assodelivery sono una realtà talmente radicata che risulta difficile ricordare come fosse la nostra città – e la nostra vita – prima del loro avvento. Ma che dire delle palesi criticità che affliggono questo tipo di lavoro urbano, per molti versi assimilabile a quello del bracciante agricolo?
2. A dicembre 2024, l’Arcivescovo Mario Delpini ha sentito “l’urgenza di ribadire l’ovvietà” secondo cui “le case sono fatte per essere abitate” e non per fare speculazione. Un’impellenza sentita di fronte al sempre più dilagante problema dell’abitare a Milano (che è più che decennale) ma che non sembra essere stato adeguatamente percepito negli anni dalla politica milanese. La quale ha la colpa, non solo di non aver trovato risposte concrete, ma anche di non aver lanciato messaggi politici.
L'inadeguatezza strutturale del personale politico attualmente in carica
Per la politica cittadina e segnatamente per i politici di centrosinistra a cui facciamo riferimento, tutto è sempre stato al di fuori della propria competenza. Troppo spesso, la loro "competenza" si è limitata alla gestione narcisistica dei propri profili social, meno alla politica. Il risultato è stato un considerevole aumento di follower/preferenziatori elettorali e, parallelamente, una drammatica erosione dell’affluenza complessiva alle urne.
Non solo, io penso che sia necessario anche prendere consapevolezza che, nel campo della Destra e del centrodestra, vi sia una certa capacità di ingaggiare le proprie battaglie politiche identitarie con lucidità ed efficacia – altrimenti l’onda nera in tutto l’Occidente non sarebbe spiegabile .
A ciò si aggiunge una crescente padronanza nell’uso degli strumenti digitali di propaganda, impiegati con disinvoltura e consapevolezza strategica. Emblematico è il caso della disinformazione sulle borseggiatrici nei mezzi pubblici, che questa volta non si è tradotto in un boomerang comunicativo come accadde con il celebre “è tutta colpa di Pisapia”.
L’elemento che, a mio avviso, sfugge completamente alle riflessioni di Antoniazzi, Ferlini e Catasta è proprio questo: l’inadeguatezza strutturale del personale politico attualmente in carica, il quale ha mostrato nel suo intero complesso la sua impreparazione nell’affrontare le questioni politiche del nostro tempo.
Pertanto, il centrosinistra milanese deve dotarsi di nuove forme di selezione del personale politico, abbandonando l’idea che possano essere descritte da qualche piccolo apprendista alchimista di partito Presidente di qualche Commissione o che basti il coinvolgimento del terzo settore o delle realtà civiche. La prima soluzione andrebbe abbandonata, la seconda dovrebbe essere rinnovata su basi diverse, ma non basta!
Ignorare che, date le sfide del nostro tempo, siano necessarie personalità politiche di maggiore qualità, significa illudersi che siamo prossimi ad uno scontro con una Destra già sconfitta alla Bernardo, ma che in realtà è molto più preparata di quanto siamo disposti ad ammettere. Infine, rivolgendomi a chi ha avuto il merito di iniziare questo vivace dibattito, chiedo se non sarebbe utile a questo punto organizzare un momento condiviso e aperto in cui confrontarci nel merito.
di Giacomo D'Alfonso