Milano

"Milano finta? No, sempre in movimento e con una proposta sconfinata"

Nel mondo della ristorazione si apre il dibattito dopo l'amaro sfogo di Felice Lo Basso. Tommaso Busi ad Affaritaliani.it: "I turisti ci sono ed il tema della sicurezza non incide. Ma per restare in cima bisogna essere squali". L'intervista

di Federico Ughi

"Milano finta? No, sempre in movimento e con una proposta sconfinata"

Fanno discutere le parole dello chef Felice Lo Basso, che ha annunciato l'intenzione di abbandonare Milano perchè divenuta insostenibile dal punto di vista economico per una proposta di fine dining come la sua. Una città in cui dopo il Covid i turisti - specie russi - non sono tornati, "finta" e "senza più futuro per la ristorazione", questo l'amaro sfogo del titolare del "Felix Lo Basso Home&Restaurant”, che chiuderà per aprire a Lugano. Sullo sfondo, anche il tema sicurezza. Un duro attacco a Milano ed alla narrazione attorno ad essa. Ma anche a certe dinamiche proprie del mondo della ristorazione. Ne abbiamo parlato con Tommaso Busi, chef con otto anni di esperienza al Garghet, celebre trattoria tradizionale situata in periferia, e poi protagonista del progetto BeefBar, il ristorante e bar di lusso all'interno dell'hotel cinque stelle Portrait, nel cuore del Quadrilatero. Oggi impegnato in una nuova avventura al Jazz Cafè, Busi nella sua attività ha conosciuto bene dunque sia la Milano suburbana che quella più glamour e turistica.

"A Milano oggi c'è una proposta sconfinata e per avere continuità devi essere uno squalo. E la stella Michelin in termini di risorse è una arma a doppio taglio. Ma i turisti ci sono e il tema della sicurezza non è mai stato un deterrente. Il problema è riuscire a intercettare quella che si ritiene essere la propria clientela". L'intervista    

Busi, il suo collega Lo Basso lascia Milano lamentando affitti insostenibili, costi eccessivi rispetto alla capacità di spesa dei clienti, un turismo in declino, la concorrenza di altre tipologie di locale. Condivide questa analisi?

Da quella che è stata la mia prospettiva al BeefBar, nel cuore del Quadrilatero della moda, il turismo è presente e si percepisce tutto l'anno. E la curiosità dei turisti è soprattutto quella di trovare una cucina tradizionale, una vicinanza con le nostre radici culinarie. Poi certo, un ristorante stellato non ha prezzi accessibili per tutti ed attirare un certo tipo di clientela non è semplice. Dipende dall'obiettivo che ci si sta, della cerchia di persone cui si punta. Forse Lo Basso ha faticato a trovare il proprio pubblico. Per quanto riguarda l'affitto da 10mila euro al mese, devo dire che non è così inusuale per Milano. Ed anzi ci sono location che devono pagare anche di più.

La questione della sicurezza, che incide sulla qualità della vita, impatta anche sulla ristorazione?

Al Garghet, periferia sud di Milano, andavo a lavorare a piedi attraversando le risaie di Rozzano. E non ho mai avuto una percezione di insicurezza. Lo stesso vale per i nostri clienti, non hanno mai manifestato timore di rapine o scippi. E nel centro di Milano è la stessa cosa. La clientela di ristoranti di alta cucina è del resto composta da persone che si presentano davanti al locale in taxi o con Uber, difficile giungano sul posto con i mezzi pubblici.  

Lo Basso annota anche lo spostamento di interesse da parte dei clienti verso altre tipologie di proposte, come dj set o cocktail bar. E' così?

Sì, la città si sta spostando anche verso altro. Ma i locali della tradizione lavorano e lavoreranno sempre. Ci sono alcune pietre miliari presenti da decenni e che andranno avanti ancora molto a lungo. Per questo un ristorante nuovo che vuole offrire una proposta legata alla tradizione deve combattere duramente per distinguersi ed eccellere. Detto questo, la ricerca di qualcosa di nuovo e diverso fa parte dell'anima e dello spirito di Milano. Una città che non si ferma, che ha bisogno di novità e di stare al passo con quanto accade nel resto del mondo. C'è sempre qualcosa di nuovo che viene offerto. E la proposta è oggi sconfinata. Per avere continuità devi essere uno squali.

Allargando lo sguardo a livello nazionale, Lo Basso non è l'unico stellato a manifestare la propria difficoltà. Che cosa sta succedendo?

La stella Michelin può essere un'arma a doppio taglio. Non solo in Italia, ma a livello europeo, la ricerca deve essere costante. E diventa un aspetto estremamente dispendioso del nostro lavoro. Bisogna sperimentare, trovare e provare le materie prime. Non basta avere l'idea: questa va poi messa in pratica. Ecco: investire così tante energia per essere i migliori e poi riuscire a mala pena a raggiunge il pareggio economico è qualcosa di problematico. Non si è ripagati economicamente ma con il successo. Certamente lo spirito del cuoco porta ad inseguire questo tipo di ricerca. Ma poi ci sono gli stipendi da pagare, i costi fissi. E la crisi di vocazione di molti ragazzi in sala, in cucina, nel management, che non sono più disposti a fare i sacrifici che questo tipo di lavoro richiede. E' necessaria una dedizione che è difficile da trovare.

Un'ultima curiosità: Lo Basso lamenta anche che "gli chef sono nemici tra loro, anziché fare gruppo e aiutarsi". Cosa intende?

Tra chef c'è grande rivalità. Ed ognuno porta acqua al suo mulino. Mentre grandissimi come Massimo Bottura al contrario organizzano tantissimi eventi, riunioni, momenti di confronto. Ma oggi tanto è divenuto difficile arrivare in alto quanto è facile ricadere immediatamente in basso.

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