Milano

Pat, la relazione cambia tutto. Niente morti in eccesso. E sui Dpi...

di Fabio Massa

Presentato il rapporto della Commissione di Verifica sul Pio Albergo Trivulzio: assenteismo del personale superiore alla media, ma mortalità inferiore

Pat, la relazione cambia tutto. Niente morti in eccesso. E sui Dpi...

Il 4 aprile Gad Lerner firma un articolo che finisce nel taglio centrale della prima pagina di Repubblica. Sopra campeggia il titolone a tutta pagina "Italiani, sarà lunga", con tanto di polemica del capo della protezione civile Borrelli che spiega che la mascherina non serve perché "basta la distanza". Nel centro pagina c'è la solita foto dell'entrata del Pio Albergo Trivulzio, quella resa celebre da Tangentopoli, con Mario Chiesa e i soldi della tangente per le pulizie. Pare per un attimo di essere tornati a quel febbraio del 1992. Il titolo però è più funereo, e di denuncia: "La strage nascosta del Trivulzio. Lerner a pagina 3". Poi, a pagina 3, un altro titolo choc: "L'epidemia insabbiata. Al Trivulzio si indaga su settanta morti". Scrive Lerner: "Per salvaguardare l’apparenza di struttura immune dal coronavirus, è stata sacrificata l’incolumità di milletrecento persone. A marzo sono stati settanta i morti solo nel grande edificio di via TrivulzioDecisamente sopra la media. Senza contare le altre due sedi.

Nei bollettini ufficiali si sosteneva che solo in nove decessi fosse riscontrabile il Covid-19 come concausa. Una cifra palesemente inferiore al vero. Intanto un fisioterapista è finito intubato in rianimazione, un medico risulta positivo con polmonite e altri due operatori sono infettati". Quello di Lerner è il secondo attacco che Regione Lombardia riceve direttamente dopo un periodo abbastanza lungo nel quale sia l'assessore Giulio Gallera che il presidente Attilio Fontana registrano altissimi tassi di consenso. Il primo attacco arriva dopo che Gallera, sempre a Repubblica e sempre a un altro cronista che arrivava dai tempi del primo Trivulzio, quello di Mani Pulite, ovvero Piero Colaprico, aveva dichiarato di essere disponibile a fare il sindaco, se glielo avessero chiesto.

Il 10 aprile l’assessore Gallera annuncia, proprio per fare chiarezza su un numero eccessivo di morti nelle Rsa, l’istituzione di una commissione d’inchiesta "di altissimo livello, autonoma e indipendente che faccia valutazioni su ciò che hanno fatto le Rsa" in Lombardia. "Assegniamo le valutazioni a un ente terzo – aveva spiegato Gallera – e ci sembra il modo più sereno e forte per fare il punto" (Open, 18 aprile 2020). La commissione risulterà formata da Gherardo Colombo, che di Mani Pulite è stato protagonista, e da Giovanni Canzio, primo Presidente emerito della Corte di Cassazione e alla guida dell'organismo di controllo regionale. I due acquisiscono documenti, studiano le carte. Il punto è capire se davvero al Trivulzio c'è stata una strage, se questa strage è stata insabbiata e di chi sia, eventualmente, la colpa.  

Nella sintesi che viene consegnata dopo quattro mesi a Comune e Regione, che Affaritaliani.it Milano ha potuto consultare integralmente, c'è tutto. A partire dal metodo: "Ricognizione di fatti e circostanze ex post a partire, soprattutto, da un’analisi documentale di dettaglio. Ats ha elaborato tre appositi studi epidemiologici sugli eccessi di mortalità (già pubblicati) ed effettuato una ricostruzione cronologica dell’andamento delle infezioni e dei decessi. La Commissione si è riunita 23 volte (22 tramite teleconferenza e l’ultima in presenza), ha svolto 16 audizioni e raccolto ed esaminato oltre 1400 documenti da molteplici fonti".

MASCHERINE E DPI

Una delle prime accuse che vennero avanzate al Trivulzio era quella di non essersi dotato di misure specifiche contro il Covid. La relazione però riporta: "La gestione dell’emergenza è stata affidata a una Unità di Coordinamento multidisciplinare (costituita già il 23 febbraio) che ha elaborato le proprie indicazioni in base alle disposizioni nazionali e regionali e le ha diffuse attraverso dei periodici bollettini". Erano consci del problema, dunque. Ma sui dispositivi di protezione c'è stata una crisi non da poco: "Il reperimento di Dispositivi di Protezione Individuale è stato particolarmente problematico: il PAT disponeva di una dotazione commisurata a fabbisogni ordinari (che si sono moltiplicati esponenzialmente durante la pandemia) e organizzava le proprie scorte in base a tempi e modalità di fornitura regolari (che sono completamente venuti meno durante l’emergenza). La farmacia disponeva, all’inizio del periodo di emergenza, di circa 7000 mascherine chirurgiche, circa 4000 maschere FFP2 e 50 maschere FFP3. Gli ordinativi, effettuati il 24 febbraio, sono stati vanificati dall’ordinanza della Protezione Civile del 25 febbraio che ha centralizzato gli acquisti effettuando, però, le prime consegne di materiali solo in data 23 marzo. L’unità di coordinamento ha dovuto mantenere indicazioni di razionamento secondo criteri di priorità (reparti con attività producenti aerosol, operatori immunodepressi, assistenza pazienti in isolamento) fino 13 aprile 2020, quando le forniture sono ritornate regolari".

E' importante sottolineare il passaggio: "Gli ordinativi, effettuati il 24 febbraio, sono stati vanificati dall’ordinanza della Protezione Civile del 25 febbraio che ha centralizzato gli acquisti effettuando, però, le prime consegne di materiali solo in data 23 marzo". Dunque, una parte di responsabilità viene addebitata alla Protezione Civile. Tra le criticità sottolineate dalla relazione: "Alcuni di questi fattori sono derivati da difficoltà e ostacoli esterni al PAT (la scarsa disponibilità di Dispositivi di Protezione Individuale e la difficoltà di un loro reperimento; l’indicazione ministeriale di effettuare i tamponi nasofaringei per ricerca di RNA virale solo all’ingresso in ospedale) cui si sono sommate alcune criticità interne (un elevato tasso di assenteismo del personale, anche prima dell’emergenza sanitaria, che ha raggiunto dimensioni tali da rendere difficoltoso non solo il rispetto di regole e procedure ma gli stessi livelli di assistenza; la difficoltà dell’Unità di Coordinamento a incidere efficacemente sui comportamenti concreti anche per la presenza di criticità relazionali accentuate dalle difficoltà a comunicare direttamente soprattutto durante le fasi iniziali dell’emergenza). Il Sistema di Gestione della Qualità e di Risk Management del PAT, ben strutturato e funzionante, al pari di analoghi sistemi presenti in analoghe strutture non contemplava l’eventualità di un focolaio epidemico di questa natura e di queste dimensioni. Del resto, la possibilità di una pandemia da coronavirus non era contemplata neppure dai piani pandemici nazionali e regionali che richiamavano, nel caso di una pandemia influenzale, la sola necessità di potenziare l’assistenza da prestare agli ospiti delle RSA. Potenziamento che, per altro, si è dimostrato problematico realizzare non tanto per l’assenza di indicazioni quanto –fra l’altro– per le consistenti assenze lavorative e la contestuale difficoltà a reperire, in emergenza, personale di assistenza aggiuntivo".

L'ASSENTEISMO

L'altro problema rilevato è l'assenteismo. Scrivono Canzio e Colombo: "Nel PAT lavorano circa 900 operatori sanitari e sociosanitari. La quota di operatori assenti dal lavoro all’inizio dell’emergenza (21 febbraio 2020) era pari circa al 30%. Tale percentuale ha raggiunto il 57% nel periodo dell’emergenza Covid-19 (21 febbraio – 3 giugno 2020) mentre gli operatori congedati per infortunio (segnalati a INAIL per contagio da Sars-CoV-2) sul numero di operatori presenti in servizio è stata pari al 9%". E ancora: "Particolare criticità alla gestione dell’emergenza è stata apportata dal marcato assenteismo del personale di assistenza che ha assunto dimensioni molto superiori all’atteso e che, sommato alla contestuale momentanea difficoltà di reperire risorse suppletive, ha ridotto le presenze in servizio e limitato la possibilità di organizzare turni di personale dedicato in modo esclusivo ai vari nuclei. L’assenteismo lavorativo mostra livelli piuttosto elevati già in condizioni ordinarie nelle varie strutture del PAT ma ha raggiunto livelli straordinari durante l’emergenza: in alcuni reparti e per alcune figure le assenze hanno interessato il 65% della forza lavoro. Un livello così elevato di assenze dal lavoro difficilmente trova spiegazione nella diffusione del contagio tra gli operatori come rivelano gli indici di infortunio specifico segnalati dalla struttura".

LA MORTALITA'

Ma chi ha portato il Covid al Pat? Per lungo tempo la Regione è stata additata come l'ente che ha fatto entrare il Coronavirus mediante il trasferimento di pazienti infetti. Così la relazione: "Durante l’emergenza il PAT ha registrato 180 ingressi di cui 40 trasferimenti interni (31 verso RSA e 9 verso le Cure Intermedie). Dei 140 pazienti entrati dall’esterno: 36 risultano deceduti durante il ricovero, 31 hanno fatto rientro al proprio domicilio, 14 sono stati trasferiti in ospedale per acuti. I restanti risultano ancora ricoverati. Per quanto riguarda gli ultimi ingressi avvenuti nel reparto Pringe risulta che 17 provenivano dall’ospedale di Sesto San Giovanni. Tutti gli ingressi hanno riguardato pazienti dichiarati NoCovid dalla struttura di provenienza". Non ci sono stati ingressi di ammalati, dunque.

E dunque, chi l'ha portato? "L’andamento dei contagi (riportato nei grafici) mostra come alcuni primi casi sospetti siano stati identificati già alla fine di febbraio quando, probabilmente il virus circolava in modo occulto nella popolazione generale della Lombardia. I casi, sporadici all’inizio di marzo, hanno assunto consistenza epidemica nella seconda metà del mese", scrivono Canzio e Colombo. La relazione evidenzia anche che al Pat è stata una strage. Come nelle altre rsa: "Un significativo eccesso totale di mortalità nelle strutture del PAT di dimensioni coerenti con l’eccesso di mortalità verificatosi, in generale, nelle strutture RSA del territorio di ATS. Il rapporto tra decessi osservati e decessi attesi nel primo quadrimestre nel PAT è stato pari a 1.7 mentre quello corrispondente nelle RSA di ATS Milano è stato pari a 2.2". C'è di più, perché guardando i dettagli dei decessi si spiega: "Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 (marzo-aprile 2020) nella sezione RSA del PAT molto inferiore a quello medio delle altre RSA nel medesimo periodo (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.9 vs 3.7) e di poco superiore a quello verificatosi nella popolazione generale over 70 di ATS (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3)". E ancora: "Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 nella RSA Principessa Jolanda (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.1) e nel reparto PRINGE (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.8) molto inferiore a quello medio delle altre RSA (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 3.7)  e di dimensioni simili a quelle della popolazione generale over 70 (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3)". E infine: "Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 tra gli ospiti delle Cure Intermedie (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.2) che risulta inferiore sia a quello medio della popolazione generale over 70 (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3) che a quello osservato nelle analoghe strutture di ricovero per Cure Intermedie presenti nel territorio di ATS Milano (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.7)".

fabio.massa@affaritaliani.it







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