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Milano
Sgozzata per una catenina: Villa Litta, agguato fatale all'alba
Villa Litta: l'omicidio di Marilena Negri

di Fabrizio Carcano

E’ mattina presto, fa fresco ma non freddo, è ancora buio. Quella mattina del 23 novembre 2017 non c’è neppure la nebbia. Milano non si è ancora svegliata, in giro poca gente. Nel parco di Villa Litta, nel quartiere di Affori, alla periferia nord di Milano, ci sono poche persone.

I soliti noti che sacrificano le ore da dedicare al dio Morfeo sull’altare dello sport o dei bisogni fisiologici di un amico quadrupede. E infatti quella mattina ci sono solo runners con auricolari nelle orecchie e qualche persona con il cane. Tra loro c’è Marilena Negri, una signora vedova di 67 anni, che porta a spasso Liz, la sua cagnolina Beagle. In tasca ha solo pochi spiccioli per un caffè al bar prima di tornare a casa. Un rito mattutino.

Il suo unico ‘valore’ è intorno al collo, una catenina con un ciondolo che ospita l’immagine del marito, morto dieci anni prima in un incidente stradale. Marilena è uscita intorno alle sei e trenta, come fa quasi ogni mattina. La trovano alle sette passate da sette minuti dei passanti, attirati dai latrati di Liz. Agonizzante, con la gola tagliata.

Il cuore batte ancora, ovviamente non è in grado di parlare. I tempestivi soccorsi si rivelano inutili. Spira appena sale in ambulanza. Troppo devastante la perdita di sangue alla gola, inferta con una sola coltellata.

UCCISA PER LA CATENINA?

Marilena era una donna normale, una pensionata, che abitava poco lontano con i figli. Non ha frequentazioni o giri che possano giustificare una lite o un’aggressione. Per cui nessuna possibilità che quella morte così violenta possa derivare da vicende personali o patrimoniali. Gli inquirenti su questo, dopo aver svolto le opportune indagini, non hanno dubbi: è una vittima casuale, come tutte quelle che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Vittima di un rapinatore. Misterioso e solitario. Che ha prelevato l’unico bottino a portata di mano. La catenina che la pensionata aveva al collo. Uccisa per quello? Perché si è opposta ad una rapina? Oppure perché non aveva denaro? Ma quale rapinatore, per fare cassa, va ad aggredire una donna che passeggia alle sette in un giardino pubblico e in tasca può avere al massimo qualche banconota di piccolo taglio?

Ci sarebbe però un precedente, proprio in quella zona: una giovane mamma rapinata in via Vincenzo da Seregno, la strada che unisce Affori a Bruzzano, la settimana precedente, nel pomeriggio del 15 novembre. La donna era stata aggredita alle spalle da uno sconosciuto incappucciato che le ha puntato un coltello da cucina alla gola, l'ha minacciata e si è fatto consegnare lo smartphone e tutti i contanti che aveva nella borsa, circa trenta euro, ed è scappato, ferendola leggermente alla gola con la punta, con movimenti nervosi. Un tossico? Possibile.

L’UOMO INCAPPUCCIATO

Dalle telecamere di sorveglianza degli accessi al parco spunta una sagoma. Un giovane, corporatura tonica, in tuta e giubba colorata con cappuccio, che si dimena come se stesse facendo stretching. Quasi impossibile indovinarne i tratti del viso. E’ lui l’assassino di Marilena? Sembrerebbe di sì. Secondo la giovane mamma rapinata una settimana prima in via Vincenzo da Seregno si tratterebbe dello stesso uomo incappucciato. Forse lo stesso uomo che una settimana dopo ha colpito a Villa Litta. Forse. Ma anche in questo caso è un fantasma destinato a rimanere tale.

Un incappucciato, come quello che, secondo la testimonianza di Antonio Tizzani, avrebbe ucciso, sgozzandola con una sola coltellata, la moglie Gianna Del Gaudio nella loro villetta di Seriate il 27 agosto 2016. Tra un delitto e l’altro una cinquantina di chilometri, un arco temporale di 15 mesi e alcune differenze lampanti: Marilena è stata uccisa di primissima mattina, all’aperto, in un parco pubblico, mentre Gianna è stata assassinata in casa sua, a mezzanotte.

Due dettagli le accomunano: il fendente secco alla gola, uno solo, tranciante, anche se Marilena è stata colpita frontalmente mentre Gianna da tergo, e il furto della catenina, che il Tizzani non ha rinvenuto nell’abitazione di Seriate.E poi naturalmente lui, la sagoma incappucciata che appare dal nulla e scompare nel nulla. Anche se da Affori le telecamere lo hanno immortalato.

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