Milano
Spacciatore torturato e ucciso nei boschi a Varese: 26 misure cautelari
Vasta operazione antidroga della Polizia tra Lombardia e Piemonte: indagini partite dalla brutale uccisione di uno spacciatore che voleva "mettersi in proprio"
La fuga in Spagna del capo dell'organizzazione criminale
Poco dopo aver iniziato le torture nei confronti del ragazzo, una donna – presuntivamente identificata poi nella compagna del capo del gruppo - aveva chiamato ripetutamente il padre di quest’ultimo, riferendo quello che stava accadendo e chiedendo il pagamento della cifra che il ragazzo aveva rubato. L’uomo, che viveva in Spagna, aveva chiesto di liberare il figlio rendendosi disponibile a recuperare la cifra necessaria, chiedendo, però, del tempo a tale scopo, ma la morte del ragazzo è intervenuta prima che potesse recuperare la somma necessaria.
La notte successiva al ritrovamento del cadavere il capo del gruppo è fuggito in Spagna, grazie al determinante ausilio offerto dalla sua compagna. A dirigere gli affari avrebbe lasciato in Italia il fratello e alcuni fidati uomini che avre proseguito nel fiorente traffico di droga venduta nei boschi lombardi e della provincia di Novara, sempre, comunque, sotto le costanti direttive del capo.
Come funziona il mercato della droga nelle aree boschive lombarde e piemontesi
L’indagine ben ha mostrato l’organizzazione e le modalità del traffico di stupefacenti effettuato ad opera di gruppi composti quasi esclusivamente da cittadini marocchini che hanno eletto a piazze di spaccio aree boschive. Dentro al bosco ci sono normalmente due persone, una – che ha la capacità di parlare e comprendere sufficientemente la lingua italiana - addetta alla ricezione delle chiamate da parte dei clienti che fanno l’ordine annunciando il proprio arrivo, l’altra addetta alla consegna della droga al cliente.
Chi riceve le chiamate normalmente è il “capo posto”, e gestisce la droga, preparando le dosi, e i soldi; droga e soldi che, nei momenti di “riposo”, lo stesso “capo posto” nasconde all’interno del bosco stesso, cercando di non farsi vedere dall’altra persona con cui lavora in quel punto, per non rischiare che questo possa appropriarsi di tali “risorse”, fuggendo. L’addetto alla consegna al cliente, invece, normalmente è un marocchino giovane da poco giunto in Italia. Quasi tutti sono irregolari sul territorio nazionale.
Si è accertato che il gruppo indagato disponeva di appartamenti affittati da prestanome, e di vetture intestate a prestanome o noleggiate per pochi giorni (con documenti ottenuti da terzi, dietro pagamento di somme di denaro) attraverso società che forniscono il servizio a distanza tramite portale internet[1].
I membri dell'organizzazione mostravano fucili, machete e pistole su Facebook
Nella disponibilità del gruppo criminale, poi, vi sarebbero state anche armi, sia bianche (ad esempio machete), sia da fuoco (fucili e pistole), anch’esse occultate nei boschi di spaccio, ostentate sui profili Facebook e utilizzate per rappresaglie e in caso di contrasti con gruppi rivali (ad esempio a seguito della sottrazione dei telefoni dello spaccio oppure per la conquista di un luogo di spaccio conteso). Almeno due sono gli episodi registrati nel corso dell’attività di indagine, per i quali si è proceduto separatamente innanzi all’A.G. competente per territorio: il primo è avvenuto a fine luglio del 2022 in un locale della provincia di Milano ove, a seguito di rissa fra alcuni dei soggetti emersi nell’indagine, sono stati esplosi alcuni colpi di pistola; il secondo è avvenuto a metà settembre in provincia di Varese, quando appartenenti al gruppo indagato e concorrenti rivali si sono scontrati a colpi di arma da fuoco.
La maggior parte degli indagati ha precedenti per stupefacenti
La maggior parte dei soggetti indagati ha precedenti o pregiudizi di polizia in materia di stupefacenti; il capo, inoltre, è stato denunciato in tre occasioni a partire dal 2020 per sequestro di persona e lesioni commesse ai danni di propri sodali nell’ambito dei contrasti legati allo spaccio di stupefacenti.
L’attività d’indagine effettuata dalla Squadra Mobile di Varese è stata coordinata dalla Procura di Busto, il GIP nel disporre i provvedimenti restrittivi su conforme indicazione del PM si è dichiarato territorialmente incompetente, inviando gli atti alle Procure di Novara, Milano, Pavia e Lodi, che si occuperanno delle fasi successive di questa complessa indagine.