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“I Cattolici devono partecipare alla ricostruzione del Paese”. La sfida politica di monsignor Paglia

Il presidente dell'Accademia per la vita: “Il nazionalismo è il peccato originale dell'Europa; Ventotene, va vissuto lo spirito”

“I Cattolici devono partecipare alla ricostruzione del Paese”. La sfida politica di monsignor Paglia

Impegno e “responsabilità” dei cattolici in politica, bufera sul Manifesto di Ventotene, Nazionalismi, crisi della Democrazia e, infine, “corvi che volteggiano su Papa Francesco ammalato” e sull'Europa: la svolta del nuovo impegno della Chiesa di Roma viene confermata da monsignor Vincenzo Paglia, “arma pacifica” della Pontificia Accademia per la vita

L'arcivescovo, consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio sceglie Affaritaliani.it per affrontare i temi caldi, mostrando come la Chiesa abbia occhi e pensieri attentissimi sull'attualità.

Monsignor Paglia, lei alla fondazione De Gasperi ha parlato di una nuova forza partitica. Conferma che per uscire dalla guerra e dalla contrapposizione tra Europa e Stati Uniti, occorrerebbe una nuova forza, una nuova energia con un partito di ispirazione cattolica che si possa contrapporre ai nazionalismi e all'assenza di una politica ispirata alla fratellanza e all'amicizia tra i popoli?

“Non ho parlato di una nuova forza politica, bensì di una nuova cultura politica perché ci sia un rinnovamento dei partiti all’altezza dei tempi che stiamo vivendo. Ho auspicato una “nuova Camaldoli europea” richiamando quel che accadde dagli anni 1940-1945 quando di fronte alle tragedie provocate dai totalitarismi era urgente immaginare un nuovo Paese e una nuova Europa da ricostruire. In tale contesto alcuni intellettuali cattolici si ritrovarono appunto per delineare i tratti di un Paese – l’Italia – che doveva essere ricostruito perché fosse per tutti. Credo che i cattolici – ma non solo – debbano sentire la responsabilità di partecipare più attivamente alla ricostruzione di un Paese perché sia a misura di tutti. C’è troppa autoreferenzialità. Va suscitato un movimento largo e plurale di riflessioni sul presente e su futuro del Paese, dell’Europa e del Pianeta. Forse il cattolicesimo italiano è in ritardo e dobbiamo muoverci”.

Secondo lei, quali sono i motivi per cui in Europa, come già accadde nel secolo scorso, sono rifioriti i nazionalismi?

“I nazionalismi non sono mai scomparsi. Qualcuno dice che il Nazionalismo è il “peccato originale” dell’Europa: sta accovacciato alla porta degli stati e non appena dimentichiamo i sogni comuni, eccoli riemergere. Oggi viviamo in una cultura altamente individualista: ed emergono sempre più prepotenti gli “io” mentre sta scomparendo il “noi”. Di qui i conflitti e persino le guerre. Oggi nel mondo ce ne sono 59 aperte! Certo, la globalizzazione solo del mercato e non anche della solidarietà ha fatto emergere squilibri pericolosissimi. Di qui il risorgimento dei nazionalismi. Ma non è questa la risposta. C’è bisogno di un nuovo sogno che includa tutti i paesi. Per questo auspico una “nuova Camaldoli europea”.

Le sue parole suonano come un invito per i cattolici e per chi crede nella pacifica convivenza tra i popoli per un rinnovato impegno nella politica. E' così?

“Certamente. Nel cuore della fede cristiana c’è il NOI, non semplicemente l’io. Per questo noi cattolici, oggi, abbiamo una grande responsabilità di fronte alla società, anzi, alle società e dobbiamo sentire l’urgenza di promuovere una Politica – con la lettera maiuscola – che aiuti tutti a declinare anche nei diversi partiti il sogno di una società che includa tutti e non escluda nessuno”.

Monsignore, secondo lei le Democrazie stanno vivendo un momento difficile? Perché la metà degli italiani diserta le urne?

“Non c’è dubbio che le democrazie si sono indebolite e questo proprio perché le stiamo piegando agli interessi individuali, di parte. Ci sono gli “ego-ismi, ossia gli interessi di parte individuali, ma anche i “noi-smi” ossia gli interessi di singoli gruppi, ma ambedue escludono il NOI che è invece la dimensione di una società che resta plurale, quindi non omogenea e plurale, ma con una dimensione solidale che permette la convivenza pacifica tra diversi”.

Le chiedo del manifesto di Ventotene e dei principi che ispirarono l'Europa. A sorpresa mercoledì sera su Rai 1 Roberto Benigni lo ha difeso ed esaltato: che ne pensa?

“Il Manifesto di Ventotene fa parte di quell’impegno per una nuova Europa, come lo fa anche il Codice di Camaldoli. Quel che conta non è tanto la lettera, quanto lo spirito di questi straordinari testi, tutti nati durante la tragedia della guerra e della caduta dei totalitarismi. E’ lo spirito che deve essere colto e rivissuto. Penso ad esempio al Codice di Camaldoli, che è anch’esso parte integrante di uno spirito di ricostruzione e di ricerca di unità, ed è ispirato da un documento belga chiamato il Codice di Malines. Sono il frutto del pensiero del mondo cattolico-sociale del dopoguerra: dare un contributo per nuove società. Quando ci richiamiamo al contributo dei cattolici dal Codice alla Carta ci imbattiamo quindi in un percorso che davvero, come scritto nella presentazione del Codice, non può essere inteso come un programma nostalgico minoritario per autoghettizzazioni dei cattolici o per uno schiacciamento verso il conservatorismo, ma in quello che è stato davvero, pur con alcuni limiti, un contributo di “grandi linee per la ricostruzione di un mondo più umano e più giusto”.

Per Papa Francesco lei ha affermato che esistono dei corvi che speculano sulla sua salute. Secondo lei i corvi stanno volteggiando anche sull'Europa e sulla pace che ha garantito per oltre 70 anni?

“Ripeto: abbiamo bisogno di un’anima nuova per le istituzioni. Dobbiamo fronteggiare la possibilità di ritorni al passato, come vediamo ogni giorno. Dobbiamo contrastare il ricorso alla forza ed alle armi come modo di affrontare e risolvere i conflitti. Con la forza non si risolve niente. Ci si riesce con l’esercizio del dialogo, della ragione, con la condivisione dei problemi. La Chiesa ha una straordinaria propulsione che si chiama “Fratelli Tutti”, l’Enciclica profetica di Papa Francesco. Profetica nel senso che ci indica la via, non utopica e neppure utopistica. Dobbiamo guardare all’unità necessaria tra tutti, e soprattutto in Europa”.

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