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Politica
Dietro a Franceschini rispuntano gli ex Dc. E Renzi trema...

Generazioni di cronisti politici hanno citato, molto spesso con distacco e con ironia, giudicandola una prospettiva irrealizzabile, la celebre frase di Luigi Pintor.
E, invece, sembra destinata a concretizzarsi la cupa predizione dell’ex Direttore de “Il Manifesto “: “compagni e amici, moriremo tutti democristiani!”.

Come Matteo Renzi, anche Dario Franceschini si è formato tra i giovani della "Balena bianca" e il padre dell'attuale ministro, Giorgio, fu un deputato, di Ferrara, della destra Dc di Scalfaro fino al 1958. E Dario ha un rapporto molto stretto con Sergio Mattarella-figlio, anche lui, di un notabile dc della Prima Repubblica, il ministro Bernardo- che ha contribuito a far eleggere prima alla Corte costituzionale e poi al Quirinale

Quando Franceschini, deputato da 15 anni, tradì Enrico Letta, alleandosi con il rampante Matteo, qualcuno rispolverò  l’intesa di San Ginesio, nel 1969, tra i “puledri” De Mita e Forlani per far fuori i vecchi cavalli di razza della DC, Aldo Moro e Amintore Fanfani.
Adesso, forse ispirandosi al titolo del suo terzo libro, "Daccapo", Franceschini "il Galleggiatore", sempre in maggioranza, sta manovrando per succedere al premier, nel caso di una sua sconfitta  al referendum di ottobre.

E, dunque, si riaffacciano sulla scena del teatrino politico i figli e i nipoti della “Balena bianca”. E potrebbe persino riemergere, dopo Mastella, neo-Sindaco di Benevento, "Pier Furby" Casini, oggi senatore semplice, dopo aver sognato il Colle.

Angelino Alfano, nella bufera per i presunti traffici nel sottogoverno e nelle aziende pubbliche, è stato un giovane dc, figlio di don Angelo, vicesindaco di Agrigento e fedelissimo di Calogero Mannino, poi travolto da un'inchiestona per concorso esterno alla mafia, da cui uscì assolto, dopo un  calvario durato ben 17 anni.

Come in occasioni di altre vicende delicate, da buon ex dc, con la scorza dura, Alfano resiste e continua a esercitare il suo potere, in un Palazzo, il Viminale che, per 50 anni, è stato il feudo intoccabile dello scudocrociato. Un ministero delicatissimo, che fu guidato da  personaggi- come i corregionali di Alfano, Mario Scelba e Franco Restivo- discussi e molto duri nel comando. Ma, certamente, provvisti di quel "quid" che Silvio Berlusconi non trovò mai nel  suo delfino, nominato dal Cav. primo segretario del PDL.

Anche quanti, come noi, non rimpiangono affatto la vecchia DC ammettono che nulla in comune con la storia, costellata di luci e di ombre, del partito di de Gasperi, Fanfani, Andreotti e Moro hanno da spartire i fratelli calabresi Pizza. Non sappiamo se costoro  abbiano commesso reati ma, certamente, hanno rappresentato, con relazioni negli enti e nei ministeri, agganci autorevoli, veri o vantati, e familismi amorali, la squallida parodia di un partito, che il potere, quello vero, lo fece gestire da personaggi di ben altro livello.

Sarebbe davvero paradossale se, insieme agli ex dc, e dopo aver tanto parlato di rottamazione, rispuntasse l’epoca delle sfrenate lottizzazioni dei carrozzoni pubblici, del vertiginoso aumento del debito pubblico, caricato sulle spalle delle successive generazioni, e della marginalità dei problemi del Sud.

E qualcuno, nel Palazzo, dovrebbe chiedersi se il modello neo-dc sia, nell'anno di grazia 2016, ancora adeguato a una democrazia, moderna ma anomala, come quella del bel Paese…

Pietro Mancini

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