Politica
Elezioni Roma, la rivincita di Casaleggio. E ora nel Pd Letta è più debole
Sfida Capitale tra Raggi e Gualtieri. Il dietro le quinte
In realtà, dalle parti della minoranza Pd sono in molti a sostenere, parlando con Affaritaliani, che “Letta ha fatto bene ad aspettare e a sperare fino all’ultimo che Conte alla fine l’avesse vinta. Il segretario non poteva fare altro”. Respingono al mittente pure la tesi di un Partito democratico troppo in scia del Movimento: “Non la pensiamo così. Non è realistico credere che il Pd possa fare tutto da solo. In prospettiva, quindi – racconta una fonte autorevole di minoranza - parlerei non di un’alleanza strategica, ma di un’alleanza necessaria. Ecco perché è giusto che si provi a costruirla sul piano nazionale e pure nelle città”.
Nella minoranza però non tutti la pensano allo stesso modo. Ci sono esponenti, infatti, che non lesinano critiche all’intera gestione del capitolo amministrative e col nostro giornale non nascondono “un certo malumore per il modo in cui è stata condotta l’intera partita. Con la ricerca di un accordo nazionale a tutti i costi che, poi, ha portato al naufragio di tutte le possibili alleanze nelle città che andranno al voto”.
“Parliamoci chiaro – rincara un’altra fonte –, c’è stata una sopravvalutazione delle possibilità di Conte, nonostante fosse sotto gli occhi di tutti che il processo di trasformazione del Movimento era ancora tutto di là da venire”. La stessa fonte, quindi, commentando le parole di Calenda conviene che “di fatto è andata proprio come dice lui”.
C’è da dire, tuttavia, che nel corpaccione dem sono in tanti, invece, a non dare credito alle parole dell’ex ministro dello Sviluppo economico: “Calenda? Non è attendibile – argomentano con Affari -. Parla pro domo sua. Non siamo di fronte a una impostazione politica, ma personale. E poi, è Inconcepibile che ritenga le primarie sbagliate. Non solo sono nel Dna del Pd, ma poi sono uno strumento importante per incoronare e, quindi, rafforzare il candidato che vince”.