Politica

"La famiglia tradizionale è estinta. Dal welfare alle pensioni: cambia tutto"

di Eleonora Perego

La composizione dei nuclei familiari è cambiata, così come i ruoli e le persone che li compongono. Intervista alla prof. Cecilia Tomassini

Quindi cercare un significato comune di “famiglia” è inutile, se non impossibile

Al contrario. Rimane sempre quell’aspetto fondamentale di cura reciproca – di relazione e di scambio –, che continua ad esserci nonostante i tanti cambiamenti. Anzi, la funzione della famiglia è diventata ancora più forte dove lo Stato è assente.

Parliamo di numeri, di definizioni … non rischia di essere tutto troppo teorico?

No, i numeri servono per pensare e realizzare una nuova organizzazione della società, basata su un’idea diversa di famiglia. L’esistenza di diverse “forme” di famiglia fa capire che quella di riferimento per il welfare non può più essere la coppia monoreddito con due figli. E che le generazioni che si affacciano alla pensione non possono essere contemporaneamente il fulcro della cura dei bambini e dei “grandi anziani”, svolgendo un ruolo di duplice cura.

Cosa significa che bisogna ripensare al welfare familiare?

La diversità familiare non può e non deve diventare una disuguaglianza. Il fatto di nascere in una certa famiglia non deve essere un prezzo da pagare. In questa direzione devono andare le politiche di welfare. Anche se la famiglia può diventare più complessa, dal punto di vista delle forme, l’idea è quella di dare dei servizi che prescindono alla forma familiare. Sarebbe utile una maggiore semplificazione dell’aiuto, con infrastrutture permanenti, con delle pratiche assistenziali più agevoli.

Un esempio chiave è stato l’assegno unico, che ci ha fatto rendere conto che il bambino deve essere tutelato dallo Stato indipendentemente dalla famiglia e dalla situazione socio-economica che ha. Dobbiamo ri-pensare in termini di semplificazione.