Politica
Gelli: il Burattinaio, Belfagor, il Venerabile...
Il Burattinaio, Belfagor, il Venerabile. Ovvero, Licio Gelli. L’ex Gran Maestro della P2, tante volte, è tornato nella storia della prima e della seconda Repubblica, tra rapporti occulti con il potere, vicende giudiziarie, arresti, fughe e guai. La sua carriera, dalla divisa delle Ss al carro della Resistenza, dal rapporto con Andreotti-che lo definiva, con sarcasmo, il "direttore della Permaflex di Frosinone"- alla Loggia dei potenti. Fino al Piano di rinascita democratica, spesso evocato, ancora oggi.
E le stangate, nei tribunali, per la strage di Bologna e il crack Ambrosiano, mentre Il processo alla P2 finì in nulla. Un nome, insomma, che spunta in tutti i misteri d'Italia. Molti, ancora, non chiariti.
Tanti big si iscrissero alla P2. Politici, in primis Silvio Berlusconi. Ma il Cavaliere tentò di minimizzare : "Mi iscrivo sempre a qualcosa. Negli USA, sono diventato persino socio dell'Alce selvatico". Mentre Fabrizio Cicchitto fu salvato da Giacomo Mancini dall'ira di Riccardo Lombardi, il quale aveva chiesto a Craxi di espellerlo dal Psi.
Generaloni dei Carabinieri, come Carlo Alberto dalla Chiesa, non citato ieri dai TG, dei servizi segreti, come Santovito, il prefetto Umberto Federico D'Amato, Capo dell'ufficio Affari Riservati del Viminale, giornalisti come Maurizio Costanzo, che intervistò, in ginocchio, Gelli, Roberto Gervaso, che andò a ossequiarlo, nella sua suite all'Hotel Excelsior di Roma. E, insieme alle risposte alle sue domande, ricevette un invito a pranzo, i moduli di iscrizione alla Loggia e lo sconto per gli abiti alla Lebole di Castiglion Fibocchi, di cui, nel 1977, don Licio era direttore commerciale.
Con Franco Di Bella direttore, il "Corriere della Sera" diventò il giornale della P2, grazie ad Angelo Rizzoli e a Bruno Tassan-Din. Con l'uomo di Arezzo, che non suggeriva ma ordinava ai potenti e si avvicinò ai vertici della DC, facendo iscrivere alla sua loggia l'influente portavoce di Fanfani, Giampaolo Cresci.
A via Solferino, il terremoto gelliano, con la scoperta delle liste a villa Wanda, nel maggio 1981, obbligò Di Bella a lasciare la guida del "Corriere" a un grande inviato, e persona perbene, ma odiato da Craxi, Alberto Cavallari. Cadde anche il governo, benché l'allora premier, Arnaldo Forlani, non risultasse tra i tanti massoni, protagonisti e comparse di un'italica storiaccia, a metà tra commedia e tragedia.
Dopo le dimissioni di Piero Ottone dal vertice del "Corriere", Gelli mise il veto all'arrivo in via Solferino di Alberto Ronchey, ritenuto troppo amico di Gianni Agnelli.
Per il giornalone lombardo, lo scandalo P2 fu un tornado distruttivo, con il discredito, provocato dai rapporti con il capo massone, che contribuì alla perdita di copie e alla fuga verso "La Repubblica", da pochi anni in edicola, di firme illustre : oltre a Ronchey, Pansa e Biagi.
Tra gli iscritti, fu trovato anche il nome di Gustavo Selva, che non sopportava i comunisti, i quali ricambiarono, chiamando il "GR2" "Radio-Belva". Il giornalista negò di appartenere alla Loggia, ma la Rai lo sospese e i giudici accertarono che non ci azzeccava nulla con la P2. Entrato in Parlamento, prima con la DC, poi con AN, Selva sostenne : "don Licio era un agente del KGB, un uomo di Brezhnev. Andava e veniva dall'Est, era un amico intimo del Presidente romeno, Ceausescu...".
Un articolo de "L'Espresso", nel luglio del 1990, fu la causa della rottura, definitiva, dei rapporti tra Eugenio Scalfari e l'allora Capo dello Stato, Francesco Cossiga. Nel pezzo, intitolato "Licino caro, fetentone mio...", si sottolineavano le presunte, strette relazioni tra i due personaggi. Il "Picconatore" montò su tutte le furie anche perché, qualche settimana prima, un ex agente della Cia, tale Richard Brenneke, intervistato dal TG1, diretto dal moroteo Nuccio Fava, aveva parlato di "rapporti" tra il Presidente e Gelli. E aveva aggiunto che la Cia, allora diretta da Bush senior, si sarebbe servita della P2 per vari usi criminali. Qualche mese dopo, Brenneke smentì tutto.
Le varie commissioni di disciplina, amministrativa e politica, istituite da enti e da partiti, per giudicare sulla sorte professionale degli affiliati alla Loggia, emisero verdetti di totale assoluzione per tutti. Gli esponenti politici, compresi negli elenchi, rimasero tutti ai loro posti, alcuni alla testa di un partito, altri alla guida di un gruppo parlamentare, come Cicchitto, passato da Lombardi a Berlusconi e oggi alfaniano.
Bettino Craxi scrisse sull'"Avanti !" un articolo, che fece molto rumore, intitolato "Belfagor e Belzebù". La sua tesi : Gelli è, certamente, un uomo molto pericoloso, una presenza inquinante per la democrazia, ma è pur sempre un esecutore, un diavolo di seconda classe. Dietro di lui, ci deve essere, ancora sconosciuto, il vero Burattinaio, il vero Principe delle tenebre. Insomma, Belzebù. Fino a quando Belzebù non sarà stato identificato, e colpito, avremo fatto poca strada nell'opera di risanamento della democrazia.
L'articolo fu variamente interpretato. Alcuni lo ritennero un messaggio politico. In quel periodo, lo scontro tra Craxi e Andreotti era al suo culmine. La chiamata, come correo, di Belzebù poteva essere un modo per coprire qualche legame, imbarazzante, tra, da una parte, Gelli e Roberto
Calvi-il Presidente del Banco Ambrosiano, rinvenuto impiccato, a Londra, sotto il Ponte dei Frati neri- e, dall'altra, Craxi e Martelli. E spostare i riflettori dell'indagine sull'eterno Padrino della politica del nostro bel Paese.
Bettino non riprese mai la questione, senza chiarire se i suoi sospetti si rivelarono inconsistenti o vennero accantonati all'ombra dell'ultimo patto di governo e di potere della Prima Repubblica, il CAF (dalle iniziali dei contraenti : Craxi, Andreotti, Forlani).
Dopo le scomparse di Craxi e Giulio, ieri ci ha lasciato Licio Gelli che, in questi anni, avrebbe avuto tante cose da raccontare e tanti misteri da svelare.
Se avesse voluto e se avesse potuto...