Grazie Minniti, adesso la democrazia italiana è più forte
Migranti, con il governo Gentiloni qualcosa è cambiato. Ma la strada è ancora lunga
Ha ragione il ministro dell’Interno Marco Minniti. Con gli sbarchi incontrollati di migranti, la democrazia italiana era – ma ovvio continua a essere – a rischio. Ciò più che per un ritorno ingiustificato del fascismo come dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando (“Non credo sia in questione la tenuta democratica del Paese per pochi immigrati rispetto al numero dei nostri abitanti”), per il venir meno dello stato di diritto, sia a livello concreto che, a maggior ragione, simbolico. Minniti aveva detto di aver temuto per la tenuta del Paese quando "il 29 giugno arrivarono 12 mila 500 migranti in sole 36 ore su 25 navi diverse", provocando la reazione del Guardasigilli.
Grazie all’azione del Governo presieduto da Paolo Gentiloni e in particolare all’impegno di Minniti (limiti alle Ong, accordo con Libia e Paesi africani, condivisione delle scelte con Germania, Francia e Spagna), l’Italia e la sua democrazia sono più forti. Ovvio è solo l’inizio, la strada lunghissima, ma qualcosa è cambiato, anche nella consapevolezza democratica degli italiani. Che si sentono più forti sia rispetto agli altri Paesi membri dell’Ue e ai loro cittadini (“Tanto se li tiene l’Italia”), che agli africani (si consideri l’importanza del passaparola in Africa) che vorrebbero partire (“L’Italia non è più il Paese di Bengodi”).
Gli italiani non si sentono più umiliati. La democrazia è l’insieme di individui che sono e credono nello Stato. Essi pagano le tasse per avere in cambio servizi (scuole, trasporti, ospedali) ed esseri sicuri: non subire furti e rapine, poter circolare liberamente per le strade di giorno e di notte (infatti se la democrazia italiana non è piena, anche simbolicamente, gran parte della colpa è della mafia). Ovvio, commettere un crimine non è legato alla condizione di migrante… il 65% dei detenuti nelle nostre prigioni è italiano. Ma un vero democratico teme che la libertà, sua e dei suoi connazionali, non è a tutto tondo se nel Paese entrano persone non autorizzate, senza cibo, soldi, una casa e un lavoro. È demoralizzato, deluso dallo Stato. Condizione aggravata da un senso di impotenza, come era prima dell’avvento di Minniti al Viminale. Di più. Per lui, libero cittadino, è inaccettabile, totalmente anti-democratico, che circolino clandestini perché la democrazia si basa sul senso di responsabilità (per questo sono da condannare gli incappucciati della Val di Susa: si può protestare, ma a volto scoperto).
Non è tanto questione di buonismo, ma di pregiudizio. La paura nei confronti delle forze dell’ordine (si pensi ai movimenti studenteschi e operai del 68 e del 77) è nel DNA della sinistra, ma democrazia e libertà – come sostiene Barack Obama – si difendono, e non è un paradosso, con l’esercito e le forze di polizia: infatti chi lede la libertà altrui, viene per legge del contrappasso privato della propria (il carcere). Anche in termini elettorali, l’approccio risoluto all’immigrazione giova. La borghesia italiana, quella anti-comunista nel DNA, può votare a sinistra – come avvenuto a più riprese negli ultimi 50 anni – se lo Stato e la sicurezza vengono garantiti.