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I "Bastardi" di Tarantino: 10 anni fa usciva il capolavoro del "genio"
Era il 2 ottobre 2009, esattamente 10 anni fa. Usciva nelle sale italiane il capolavoro di Quentin Tarantino i “Bastardi senza gloria”. Se un uomo, “armato” di sola penna e intelletto, è stato capace di partorire un soggetto così emblematico e “straordinario” come il Colonnello delle SS Hans Landa e – successivamente – è anche riuscito a farlo diventare “materia” per il grande schermo, non deve dimostrare più nulla a nessuno. Non a caso, l’attore che interpretò lo spietato “cacciatore di ebrei” (Christoph Waltz), fece incetta di premi, Oscar in primis, ma anche Golden Globe e Prix d’Interpretation.
Il noto regista non ha prodotto tantissimo nella sua carriera (11 movies in 27 anni), una scelta per certi aspetti vincente, ma quei pochi e mirati lungometraggi, da lui scritti e diretti, che hanno visto la luce nel corso di cinque lustri, sono pietre miliari nel firmamento della cinematografia mondiale (Le Iene, Pulp Fiction e i “volumi” Kill Bill tanto per citarne alcuni). Tra questi, il migliore, è senza dubbio quello dedicato ai ragazzi guidati dal tenente Aldo Raine (Brad Pitt) verso la vendetta contro i Nazisti, presentato in anteprima assoluta al Festival di Cannes. Eppure non fu per niente facile. Per trovare la “quadra” e giungere a compimento ci vollero ben 166 pagine di sceneggiatura e diversi anni di lavorazione. E’ lo stesso Tarantino a confessarlo al Jerusalem Film Festival: “Stavo sul punto di staccare la spina quando Waltz salvò tutto. E’ Landa la mia creazione perfetta, il personaggio più riuscito di sempre!”. Quentin miracolato in extremis dalla sua stessa “creatura” grazie ad un interprete austriaco poliglotta che seppe cogliere al meglio la maniacale ossessione di un copione assolutamente fuori dagli schemi.
Una storia avvincente, fantasiosa, ucronica, ma in alcuni punti realistica, ambientata nella Francia occupata con un cast di tutto rispetto. Oltre a Pitt un’ineccepibile Mélanie Laurent alias Shoshanna Dreyfus e gli altri “bastardi”, tra i quali il sergente Donnie Donowitz, l’Orso ebreo (Eli Roth) e il poco socievole Hugo Stiglitz (Til Schweiger). Notevole anche Michael Fassbender nel Ten. inglese Archie Hicox e la bravissima Diane Kruger nell’artista Bridget Von Hammersmark.
Statuetta per l’attore non protagonista, ma anche diverse nomination dalla Academy Awards; miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura originale, migliore fotografia, miglior montaggio e miglior sonoro. Tuttavia, senza nulla togliere a nessuno, è pensiero unanime che l’istrionico Landa sia stato il vero successo di un progetto altamente visionario e a dir poco innovativo. Tarantino non ha mai fallito, ma con “Inglourious basterds”, prodotto da Lawrence Bender e distribuito dalla Universal, ha dimostrato di saper maneggiare con caparbietà un dramma assoluto quale la persecuzione ai danni degli ebrei nel secondo e ultimo conflitto. Un campo minato che se non trattato con la giusta dose di “attenzione” può diventare un’arma a doppio taglio e un boomerang per chi tenta di costruirci sopra una storia non in linea con la realtà dei fatti.
Tarantino riesce sempre a tirar fuori il meglio dai suoi collaboratori e ogni scena è curata sin nei minimi dettagli. Egli è il maggiore interprete di uno stile tutto particolare; surreale, violento, efficace, sarcastico e ultrapop, in grado di colpire, con estrema potenza, l’animo dello spettatore. Non a caso è realmente parigina e nata da una famiglia ebraica l’attrice che sarà poi nella finzione la proprietaria del cinema ove verrà mandato in onda “Orgoglio della Nazione”, così come ebreo lo è il vero “Orso”, colui che “indossa” la parte del Sergente Donowitz. Tedeschi sono sia la Von Hammersmark che Stiglitz e doppia cittadinanza invece per Landa/Waltz (Austria e Germania). Scelte assolutamente perfette.
Con 70 milioni di dollari di budget e un botteghino finale di oltre 315, “Bastardi senza gloria” si colloca, di diritto, tra le opere più redditizie della personale cineteca del regista italoamericano. Ispirato anche da Sergio Leone e appassionato di neorealismo italiano, Quentin, ha saputo unire diverse tecniche simultaneamente, dalle inquadrature strettissime del minuscolo particolare fino ai lunghi sfondi ricchi di “sapore” scenico. Un uomo dal talento indiscusso e da una mente eccezionale.
Lo scalpo dei “Bastardi”, la vendetta di Shoshanna, la figura del soldato Zoller, le parodie un po’ “vignettiste” di Hitler e Goebbels, la simpatica e a tratti ironica crudeltà degli statunitensi, gli inconfondibili primi piani della Pipa e dello Strudel del Super-ufficiale delle SS, la svastica incisa sulla fronte dei malcapitati e l’immancabile stallo alla messicana.
Contesto generale, singoli ruoli e storie personali si mescolano alla perfezione in un geniale mix concepito da uno dei più grandi maestri che la settima arte ha sfornato a cavallo tra il XX° e il XXI secolo
Il colonnello Landa in una memorabile scena dice: “Nelle pagine della storia, di tanto in tanto, il fato si ferma a guardarti e ti tende la mano”. Mai parole furono più profetiche, poiché il fato, anche in questo caso, si è fermato a guardare l’audace Tarantino al quale, implacabilmente, come ovvio che sia, gli ha teso nuovamente una fortunata mano. D’altronde ci ricordiamo tutti cosa egli, in chiusura, in maniera molto autobiografica e lungimirante, fece sentenziare al protagonista dopo il “marchio” a vita; “Questo potrebbe essere il mio capolavoro”.
Chapeau!