Politica

Lega all'opposizione per sempre. Cosa cambia con il proporzionale

Alberto Maggi

Le conseguenze delle riforma elettorale di M5S-Pd. Analisi

Uno dei punti chiave dell'alleanza di governo tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico è la riforma della legge elettorale in senso proporzionale. L'obiettivo è quello di introdurre in Italia il modello tedesco ovvero il sistema proporzionale con lo sbarramento al 5% (o forse al 4). Nonostante le battute di Matteo Salvini, che ha ironizzato in aula al Senato sulla perdita di tempo - a suo dire - di un dibattito sulla legge elettorale, la riforma che hanno in mente pentastellati e dem è fondamentale per i futuri equilibri politici. Con il maggioritario (poi declinato in varie forme) si sono vissute le epocali sfide all'ultimo voto tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi e veniva garantito comunque un premio al partito o alla coalizione arrivato primo alle elezioni.

Alle Politiche del 4 marzo 2018 il sistema misto del Rosatellum (due terzi proporzionale e un terzo maggioritario/uninominale) non è bastato per avere un vincitore uscito dalle urne (sarebbe servito almeno il 40-41%) ora invece si va verso l'eliminazione di quel terzo di eletti con i collegi (riforma che si sposa con la riduzione del numero dei parlamentari) per arrivare al 100% di proporzionale. Facciamo qualche esempio. Alle elezioni regionali quasi in tutta Italia si vota con il maggioritario puro: il candidato governatore che prende almeno un voto in più del secondo classificato diventa presidente.

Questo sistema ovviamente facilita il bipolarismo e la sfida tra due coalizioni nel classico schema Centrodestra contro Centrosinistra. E nelle Regioni potrà ancora essere così, ad esempio il 27 ottobre in Umbria se la Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Cambiamo di Giovanni Toti saranno in grado di formare un'alleanza (con molti punti interrogativi) è probabile, stando ai dati delle Europee e ai sondaggi, che strappino la Regione al Pd. Ma a livello nazionale con il proporzionale che sta alla base dell'accordo di governo cambia tutto. Nessuna coalizione, come alle Europee del 26 maggio, e ognuno alle elezioni corre per sé. Il punto chiave è che le alleanze, come nella Prima Repubblica, si fanno dopo il voto e, salvo improbabili miracoli, la sera dello spoglio non c'è un chiaro vincitore.

E' evidente che con il proporzionale i partiti di centro, anche se piccoli, acquisiscono un ruolo fondamentale. Mentre quelli che si collocano agli estremi, anche se grandi, rischiano seriamente di restare fuori dai giochi. Ipotizzando che la Lega sia sul 30-32% (valore dato dagli ultimi sondaggi) al massimo potrebbe allearsi con un 6-7% di Fratelli d'Italia e, al limite (ma è tutto da vedere), con un altrettanto 6-7% di Forza Italia. Insufficiente per arrivare al 51% e poter governare. Sull'altro fronte un 20-22% del Partito Democratico e un 20-22% del Movimento 5 Stelle potrebbero cercare nelle liste centriste un interlocutore per la formazione del governo.

Ad esempio la stessa Forza Italia, che insiste con l'anti-sovranismo e il saldo ancoraggio al Partito Popolare Europeo (nemico della Lega), oppure un eventuale partito autonomo di Matteo Renzi o perfino una lista del premier Giuseppe Conte. Basterebbe un 5% ciascuno per arrivare insieme ad avere la maggioranza alla Camera e al Senato tagliando così fuori le ali estreme, anche se consistenti numericamente. D'altronde la scissione da parte di Renzi nel Pd viene data quasi per certa (probabilmente avverrà alla Leopolda a ottobre) soprattutto considerando l'intenzione di Nicola Zingaretti di riportare Liberi e Uguali nel Partito Democratico.

E con la svolta del Conte bis anche il Movimento 5 Stelle, che ora guarda in Europa ai Verdi o ai liberali di Macron e non più agli anti-Ue di Farage, sta man mano diventando un partito di centro che supera le vecchie distinzioni destra-sinistra e che quindi rientra pienamente nei giochi. Insomma, con la crisi aperta l'8 agosto Salvini non solo ha rinunciato al governo oggi ma, considerando la riforma elettorale proporzionale che l'attuale maggioranza vuole approvare in tempi rapidi, rischia di restare fuori per sempre dalle stanze dei bottoni. Giocando un ruolo di maggioranza solo negli enti locali ma comunque di opposizione a Roma per il governo del Paese.